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Ormai sono diversi anni che scrivo pochissimo qui sul blog. Mi dispiace davvero molto e vorrei dire che diventerò più solerte ma... so benis...

giovedì 20 giugno 2013

Omoteleuto

Omoteleuto: una rima ma non solo.

Conoscete l’omoteleuto? Si tratta di una figura retorica spesso poco nota. Io l’ho incontrata per la prima volta due anni fa, tra l’altro in una circostanza particolare. Oggi ve ne parlo un po’.


L’omoteleuto
L’omoteleuto è una figura retorica che si ha quando due o più parole, poste in maniera simmetrica tra loro, terminano alla stessa maniera o similmente.

In poesia in genere si parla di rime o assonanze quando ciò avviene a fine verso. Negli altri casi si parla di omoteleuto.
L’omoteleuto è frequente anche nella prosa (può essere considerato una rima in prosa, dove, non essendoci versi non si hanno rime vere e proprie).

Il termine deriva da parole che significano uguale alla fine

Un esempio davvero illustre
Io ho scoperto questa parola durante un laboratorio il primo anno di università. Mi era stata presentata in modo tale da crederla quasi inventata, al punto che per un bel momento sono stata a ipotizzare una strana creatura dotata di questo nome. E no, non c'entra nulla con la televisione! 

Il termine era saltato fuori grazie al libro Esercizi di stile* di Queneau, che nella traduzione italiana (magistralmente creata da Umberto Eco) conta ben due versioni di omoteleuti, che vi cito perché sono bellissimi e almeno vi chiariscono un po’ il concetto.

Non c’era venticello e sopra un autobello che andava a vol d’uccello incontro un giovincello dal volto furboncello con acne e pedicello ed un cappello, tutto avviluppatello da un buffo funicello. Un altro cialtroncello gli dà uno spintoncello ed uno schiacciatello sull’occhio pernicello e quello   furiosello   gli grida «moscardello!»; quindi iracondello gli fa uno spalloncello, gli mostra il culatello, e va a seder bel bello su un sedello.

Passato un tempicello, proprio allo stazioncello del santo Lazariello, in lui m’imbattoncello che riceve un appello affinché un bottoncello infigga nell’avello del mantello.

* * *


Un giorno d’estate, tra genti pestate come patate su auto non private, vedo un ebète, le gote devastate, le nari dilatate, i denti alla Colgate, e un cappello da abate con le corde intrecciate. Un di razze malnate, con le mani sudate, le ciglia corrugate, gli dà delle mazzate sulle reni inarcate, e il primo, come un vate, con frasi apostrofate, gli grida «ma badate! E andate a prendervi a sassate!» Poi si gira a spallate, e ha già posate le natiche ingrassate.
Due ore son passate e, ci credate? Lo trovo alla staziate San Lazate, che discate con un idiate di cose abbottonate e sbottonate.
Da Esercizi di stile di Raymond Queneau (traduzione di Umberto Eco).

(*) Per chi non lo sapesse il libro Esercizi di stile è composto da una stessa trama raccontata in 99 modi diversi. La vicenda originale è di per sé banale. Il libro è interessante proprio per la singolarità di ciascuna versione. Vi riporto il testo originario perché può essere utile per comprendere le due versioni. 

Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, 
collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino.

Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena 
vede un posto libero, vi si butta. Due ore piú tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare.
È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in piú al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.

Conclusioni
Non c’è molto da dire su cosa sia un omoteleuto, però è qualcosa di poco noto e non complesso, quindi ho pensato di parlarvene un po’.

Voi lo conoscevate? Avete mai scritto testi così?


16 commenti:

  1. Credo, ma non ne sono sicura, di averne parlato alla svelta alle superiori, in una carrellata di figure retoriche. La cosa inquietante, però, è il fatto che mio padre parla così, quando gli salta il grillo. "-_- E' una cosa che non sopporto! Lo fa apposta per dar fastidio e devo ammettere che l'idea mi dà molto fastidio... Si salvano le parti dove le parole sono esistenti. :D

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    1. Se lo fa apposta per dare fastidio e ci riesce, be', complimenti! Ahahah! Scherzi a parte, l'effetto dell'omoteleuto può essere molto cantilenante e noioso, in certi casi.

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    2. Sì... Magari è solo perché è mio padre a farlo. :D

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  2. Sei davvero una fonte inesauribile di proposte interessanti. Ma dove le trovi tutte queste cose?
    PS. ovviamente non ho mai usato l'omo.. ome... ote... quella roba lì insomma. Se l'avessi fatto probabilmente mi avrebbero rinchiuso. ^_^

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    1. Be', grazie mille! Questa parola l'ho incontrata per caso durante il laboratorio di cui ho parlato nel post. Poi l'idea di parlarne sul blog mi è venuta all'improvviso a distanza di anni. Vai tu a capire come funziona la mia testa!

      Non credo ti avrebbero rinchiuso, dopotutto è una figura retorica anche se piuttosto bizzarra!

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  3. Non la conoscevo; ora sì! Il tuo amore per le figure retoriche è quasi infinito... :)

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    1. Lo scopo del post era questo!
      Be', direi di sì!

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  4. Lo conoscevo, ma probabilmente l'ho rimosso. Nella prosa però trovo che sia da evitare, perché risulta fastidioso o addirittura ridicolo. Per esempio, senza cercare esempi astrusi, l'eccesso di avverbi modali in -mente non suona bene (pur essendo del tutto corretto).
    Se me ne accorgo, lo correggo.

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    1. Sì, l'effetto è ridicolo. Può essere carino in brevi fiabe per bambini, ma diventa fastidioso se usato per testi lunghi. Sono d'accordo sull'evitare lunghe catene di avverbi in -mente!

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  5. Personalmente adoro questo genere di assonanze, soprattutto in un elenco o nota o ritornello in prosa. Il bello della cosa è quella di trovare un elemento che sia congruo ma assonante. O assolutamente incongruo e altrettanto assonante. Un metodo eccellente per mettere a confronto la forma con il contenuto.

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    1. Forse il segreto di un buon omoteleuto è sfruttare la sonorità senza però renderlo ridicolo e bizzarro!

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  6. Non lo coscevo, o fors lo conoscevo senza sapere il suo vero nome.
    Sei incredibile. Grazie per le cose che ci fai conoscere.
    Raffaella

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    1. Grazie a voi che ancora siete qui a leggermi!

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  7. Lo conoscevo grazie alla letteratura greca e latina, che sfrutta l'omoteleuto in maniera massiccia, sia in prosa che in poesia :)

    Ah, gli "Esercizi di Stile"! Io li adoro, sono geniali (sia gli originali che la traduzione di Eco).

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    1. Io e te abbiamo dei gusti molto simili, spesso!

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