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lunedì 30 dicembre 2013

Dall'unificazione territoriale a quella linguistica

Dall'unificazione territoriale a quella linguistica.

 Il nostro viaggio alla scoperta delle radici dell'italiano giunge oggi al suo ultimo appuntamento (almeno per quanto riguarda la parte prettamente storica).

Siamo partiti da molto lontano scoprendo che l'italiano deriva dal latino volgare. Poi abbiamo analizzato i primi documenti scritti in italiano e le prime letterature. Ci siamo soffermati sul  periodo dell'Umanesimo per poi affrontare la questione della lingua. Il mese scorso ci siamo occupati della nascita dell'Accademia della Crusca e del lessico scientifico e ora siamo giunti all'ultima fase importante a livello storico.


Manzoni e I Promessi Sposi
Già nei primi decenni dell'Ottocento, Alessandro Manzoni inizia a pensare a un romanzo che diventerà I promessi Sposi, ma si accorge di avere difficoltà nella lingua da usare. Era mancata infatti una stagione romanzesca simile a quella inglese o francese nel secolo precedente.
La lingua madre di Manzoni è il dialetto milanese e conosce più il francese dell'italiano. Il suo desiderio però è trovare una lingua che si accessibile non solo ai letterati ma a un pubblico vasto.

Nella prima versione, nota come Fermo e Lucia, decide di ricorrere spesso al dialetto italianizzando le espressioni lombarde.  Il risultato finale però non lo soddisfa, quindi non pubblica l'opera.
Nel 1927 esce invece la famosa edizione ventisettana de I Promessi Sposi  che Manzoni cerca di scrivere in italiano, ma il risultato è un fiorentino libresco, perché egli non ha conoscenza diretta del toscano e non riesce a trovare molti testi che lo aiutino nella mimesi del parlato.
Per questo decide poi di lavare i panni in Arno partendo per Firenze e apprendendo il fiorentino vivo, la lingua che usa poi almeno in parte nell'edizione quarantana (quella del 1840-1842). Non usa sempre il fiorentino, ma solo quando valuta che l'imitazione del parlato sia comprensibile anche ad altri italiani.

Dall'unità politica a quella linguistica
Nell'Ottocento iniziano molti processi storici che porteranno infine all'unificazione italiana. Nel 1861 l'Italia raggiunge l'unità politica, ma ancora non esiste una lingua unitaria e il problema della lingua affliggerà la penisola ancora per lungo tempo.
Secondo Tullio De Mauro, la percentuale di parlanti  italiano al momento dell'Unità era del 2,5% circa.

Ci vuole circa un secolo per far sì all'unificazione territoriale segua quella linguistica.

Vediamo ora i principali motivi che hanno resto possibile questo processo.
  • Un progressivo processo di deruralizzazione e di urbanizzazione fa sì che le campagne si spopolino e si popolino le città, soprattutto con la migrazione interna del meridione.
  • L'istituzione della leva obbligatoria fa sì che i cittadini maschi maggiorenni debbano fare il militare e quindi nelle caserme si ritrovano soldati provenienti da tutto il territorio italiano (cosa che darà grandissimi problemi durante la prima guerra mondiale, quando i soldati non si capivano tra loro). Questo processo però è stato utile solo per gli uomini, per ovvie ragioni.  
  • La nascita e lo sviluppo di un apparato burocratico che si esprime in lingua nazionale fa sì che il cittadino colto o semicolto che entra in contatto con questo apparato debba conoscere almeno un minimo l’italiano.
  • La svolta decisiva viene poi data dalla scolarizzazione, perché l’obbligo scolastico che esisteva già nel Regno di Sardegna viene poi esteso a tutto il Paese. E proprio a Manzoni a questo punto viene affidato un problema difficile: quale varietà di lingua si deve insegnare a scuola? Il problema, nato con l'Unità, continua a essere attuale. Egli sostiene che a scuola si debba insegnare il fiorentino vivo di quel periodo, ma la scelta è di difficile attuazione. Per prima cosa bisogna preparare molti dizionari di italiano e anche dizionari bilingui dialetto-lingua per consentire ai bambini di acquisire competenza lessicale. Il problema è però trovare insegnanti competenti in fiorentino vivo. Manzoni propone perfino di far insegnare solo insegnanti toscani  o che quantomeno siano stati formati per un periodo in Toscana, ma la proposta è discriminatoria e di difficile attuazione. Graziadio Isaia Ascoli è molto critico nei confronti delle decisioni manzoniane, sostenendo che il problema vero è che manca una società italiana prima ancora che una lingua. La proposta di Manzoni infatti è sicuramente un tentativo di insegnare l'italiano a scuola, ma che non tiene conto delle condizioni sociali e politiche.
  • I mezzi di comunicazione di massa (soprattutto la radio e la TV) sono stati importantissimi, al punto che si ponevano anche espressamente un intento pedagogico, come succedeva per esempio con le trasmissioni di didattica dell'italiano (Non è mai troppo tardi) sulla Rai con il maestro Manzi.  Dagli anni '70-'80 questo processo si è invertito e si assiste a un declino della varietà lessicale usata nella TV, il che ha contribuito a far sì che oggi la varietà di italiano imparata con mezzi di comunicazione di massa sia più povera rispetto a qualche decennio fa. Il vantaggio dei mass media moderni è però che la scrittura è divenuta accessibile a molte persone che prima non scrivevano pur essendo alfabetizzati (per esempio attraverso chat, mail, sms…).


Conclusione
L'intrecciarsi di questi processi porterà all'emergere dell'italiano e così si conclude il processo storico che ha dato i natali alla nostra bellissima lingua. La serie di post previsti è finita, ma penso che ci sarà ancora un post sull'evoluzione dell'italiano negli ultimi anni.
Intanto spero che questo viaggio vi sia piaciuto e vi spinga ad amare un po' di più l'italiano.


Per dovere di cronaca vi segnalo che i contenuti che vi ho proposto sono in quasi totalità tratti dai miei appunti presi all'università durante il corso di Linguistica Italiana.



Hanno parlato di questo articolo:



4 commenti:

  1. Complimenti per la lunga cavalcata attraverso secoli di lingua italiana.
    La questione della lingua s'intreccia con problemi sociali, che ci devono far riflettere sul nostro essere nazione, se mai lo siamo stati. Quel comune sentire, di cui parlavano, non senza retorica, gli scrittori e i poeti dell'Otticento, c'è mai stato in Italia?

    Ma è un discorso che ci porterebbe lontano. Mi fa piacere che tu abbia ricordato il mitico maestro Manzi. Dai maestri e dalle maestre come lui dipende il futuro dell'Italia.

    Buon Anno!

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    1. Grazie, Fabrizio, sono felice che questi post ti siano piaciuti.

      Un comune sentire? Sinceramente credo che non ci sia e non ci sarà mai, ma l'Italia è per sua origine una sorta di puzzle. Alla fine va bene anche essere tanti e diversi, l'importante sarebbe avere un minimo di direzione comune.

      Manzi è stato un mito per l'istruzione italiana. Una delle sue frasi è diventata per me di grande ispirazione per me come insegnante: "Fa quel che può, quel che non può non fa".

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  2. E quindi? Finisce così? Neanche un accenno al l33t? ;)
    Buon anno, Romina!

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    1. In realtà ci sarà ancora almeno un post, ormai è ufficiale, visto che è nel programma che uscirà tra poche ore.

      Uhm, dunque, del l33t non so se parlerò in questa rubrica, ma mai dire mai, dopotutto tu sai che mi piace usarlo!

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