Oggi sono qui per presentarvi un nuovo post di La
biblioteca dimenticata, rubrica fissa sul mio blog curata da
Davide Rigonat, il blogger
che gestisce La casa della
nebbia.
L'elenco dei libri di cui si è occupato nei post precedenti è alla fine
di questo post.
Oggi però ci parlerà di qualcosa di molto particolare e cioè di drammi
sociali nel teatro con Casa di
bambola di Henrik Ibsen.
Lo ringrazio e gli cedo subito la parola!
Casa di bambola di
Henrik Ibsen
Cari amici,
senza quasi accorgermene (se non ho sbagliato i conti)
sono arrivato al dodicesimo appuntamento con La Biblioteca Dimenticata. Per festeggiare degnamente l’anno appena
trascorso, ho deciso di proporvi qualcosa di un po’ diverso dal solito.
Anche in omaggio a Romina, questo mese ho voluto sconfinare nel teatro e parlarvi di uno
dei drammi di Henrik Ibsen: Casa di
Bambola. Certo, molti di voi avranno già sentito il nome
dell’autore (molto famoso e molto importante) e magari avranno anche già
sentito almeno il titolo di questo dramma (ne sono state fatte numerose
trasposizioni cinematografiche, tra cui ben due nel 1973: una con Anthony
Hopkins ed una con Jane Fonda – non vi nascondo però che secondo me le vecchie
versioni in bianco e nero sono molto più riuscite). Quanti di voi, però, hanno letto il dramma? Spero molti,
anche se da una piccola indagine che ho condotto empiricamente tra i giovani ho dovuto constatare che quasi
tutti non sapevano neanche chi fosse Ibsen. Sob!
Ma torniamo a noi. Henrik Ibsen nasce nel 1828 a Skien, nel sud della Norvegia. Figlio di
due ricchi armatori, fu uno scrittore,
drammaturgo, regista norvegese. Pubblicò
il suo primo dramma (Catilina) a
vent’anni, mentre ancora era costretto, a causa del tracollo degli
affari del padre, a lavorare come farmacista. In seguito si trasferì ad Oslo
dove cominciò a fare esperienza, tanto che nel 1851 fu nominato direttore
scenico del teatro di Bergen e, nel 1857, direttore del teatro di Cristiana.
Negli anni successivi Ibsen scrisse vari testi teatrali, ma la vera svolta si
ebbe nel 1864, in seguito a un viaggio in Italia, che, come spesso è accaduto
nella storia, ha ispirato la stagione più prolifica dell’autore. Il soggiorno in Italia (soprattutto a
Roma), a parte una breve parentesi (si sposta a Dresda nel periodo
1868-1874), si protrarrà ininterrotto fino al 1891. Fece poi ritorno in patria
e, colpito da paralisi nel 1900, morirà
a Cristiania (l'odierna Oslo) nel 1906.
Dopo una prima fase
dal sapore più tradizionale e
una successiva fase romantica (1864-1874), Ibsen
esplorò nuovi orizzonti tematici, dando vita a quella che molti definiscono
come la fase sociale del suo teatro. Rivoluzionando gli schemi statici e
stantii ereditati dall’epoca vittoriana, scrive una serie di capolavori (Casa
di Bambola, Spettri, La Signora del Mare, ecc.) nei
quali infrange le convenzioni di facciata della borghesia ottocentesca, portando sulla scena persone normali e vere, con i loro problemi e le loro contraddizioni. In
particolare, egli si batte contro le
convenzioni maschiliste che relegavano la donna al ruolo di figlia, di
madre e di moglie, con l’unico compito di compiacere il marito-padrone.
Intendiamoci, Ibsen non è un femminista, né un precursore dei movimenti
successivi. Egli rivendica il diritto
della donna di essere se stessa, di poter far sentire la propria voce e di
poter scegliere l’uomo da amare, così che possa realizzarsi ed essere
felice. Il tutto però all’interno
della famiglia, che anche per Ibsen è il vero regno della donna. Per
capirsi, il tema dell’indipendenza economica della donna, per esempio, è appena
sfiorato da Ibsen e spesso collegato solo alla necessità di vedove o donne sole
di mantenersi.
Dal punto di vista stilistico, nei suoi testi non c’è spazio per molti fronzoli,
ma solo per il dramma in sé.
Anche i suoi protagonisti sono spesso trattati in maniera volutamente
superficiale e stupiscono tanto il lettore quanto gli altri personaggi, che
spesso non riescono a capire i loro pensieri e le loro azioni. Ibsen lotta per la sconfitta dell’ipocrisia e della
finzione e per la vittoria
della verità, che spesso si manifesta proprio con il compiersi del
dramma. Tornando ai drammi prima citati, ecco che in Spettri i protagonisti
sono i ricordi, fantasmi del passato di una donna che non ha saputo
ribellarsi alle convenzioni della società, colpa
che la porterà all’estrema tragedia; nella
Signora del Mare il tema è la libertà
di scelta che porterà la protagonista a desiderare un marinaio e che la
porterà in contrasto con il marito, salvo accorgersi poi, quando questo la
lascerà andare, di essere in realtà innamorata di lui e non del suo sogno. Le
opere di questo periodo segnano un momento di grande rinnovamento nella drammaturgia del tempo e
assicurano all’autore una schiera di ferventi ammiratori (G. Bernard Shaw e
James Joyce, solo per citarne alcuni) e che spingono tanti giganti del
palcoscenico a misurarsi con la sua opera (si pensi, per esempio, alla Duse).
Veniamo adesso a Casa di Bambola. I
protagonisti di questo dramma in tre atti sono Nora, l’avvocato Torvald Helmer
(suo marito), il dottor Rank, la signora Kristine Linde e l’avvocato Krogstad.
Il primo atto ci porta a casa Helmer e ci presenta Nora che rientra, dopo aver comprato l’albero di Natale e vari
regali per il marito e per i tre figli. Di lì a poco viene a trovarla
la signora Linde, una sua amica
d’infanzia rimasta vedova e che vuole chiederle di mettere una buona parola per
un impiego con il marito, fresco di nomina a direttore di banca. Nora
accetta di buon grado, mostrandosi però leggera
e un po’ sciocca. L’amica sembra risentirsi un po’ dell’atteggiamento
dell’altra rispetto alla sua situazione e della sua necessità di lavorare per
mantenersi. Nora allora, per dimostrarle
di sapere cosa significa sacrificarsi, le confida che qualche anno
prima, per poter portare il marito molto malato in Italia, si era procurata una
forte somma di denaro senza che lui, contrario per principio a contrarre debiti
o prestiti, ne sapesse nulla. L’arrivo
dell’avvocato Krogstad fa però presto precipitare le cose. Nora
confesserà infine alla signora Linde che quei soldi se li era procurati
firmando col nome del padre moribondo una cambiale proprio all’avvocato
Krogstad, il quale tra l’altro aveva un piccolo impiego nella banca che il
marito avrebbe presto cominciato a dirigere. L’avvocato Helmer aveva però
chiaramente manifestato la volontà di licenziarlo, così che lo strozzino aveva
chiesto l’intercessione di Nora dietro minaccia di rivelare tutto al marito. Il
tentativo però fallisce miseramente. Alla fine, nonostante l’intervento della
signora Linde, il marito di Nora
viene a sapere della firma falsa (salto volutamente alcune parti della
trama per non togliervi del tutto la sorpresa). Il marito si rivela prigioniero dei lacci della società
e non riesce che a vedere lo scandalo e la sua impotenza di fronte a Krogstad.
Non passano che pochi minuti prima che una nuova lettera dissipa per sempre
ogni preoccupazione e cancella ogni possibile fallo del passato. Immediatamente
rasserenato, il marito si pente delle parole anzidette e si lancia in rinnovate
dichiarazioni d’amore alla moglie, ma ormai
il dramma è avvenuto. Nora, che si era preparata all’evento, aveva
sperato in un miracolo, un miracolo tragico e stupendo che però non si era
verificato. Essa si guarda allora dentro e si rende conto di aver sempre vissuto prigioniera delle aspettative
altrui, quasi fosse stata una bambola nelle mani di suo padre prima e di suo
marito poi. Nonostante le sincere proteste del marito, capisce che la
cosa più importante per lei è riuscire a conoscere finalmente se stessa e così
matura la decisione di abbandonare la sua casa, suo marito e, addirittura, i
suoi figli. Un dramma abissale,
rischiarato solo dall’ultimo guizzo di speranza che si accende nel marito che
ai miracoli, evidentemente, vuole credere.
Il punto centrale dell’intera storia è ancora una
volta il contrasto tra le convenzioni
sociali e la liberta della donna all’interno della casa e della famiglia.
Ibsen ci propone una figura reale, schiacciata dai pregiudizi
e di una società stantia e pervasa di puritanesimo, che attraverso un percorso
nascosto e sofferto decide di cercare di cambiare le cose e di rivendicare la
propria identità. Queste tematiche e l’approccio che Ibsen sceglie nella
presentazione del dramma sono state una grande novità per l’epoca e si rivelano
ancora oggi attualissimi e ben costruiti.
Per concludere, non posso quindi che consigliarvi di perdere qualche ora per leggervi qualche
dramma di questo importante autore. Sono sicuro che non ne rimarrete delusi.
Una bellissima
incursione nel mondo del dramma teatrale e con tanti contenuti di rilievo!
Concludo
ringraziando ancora una volta Davide per il bellissimo intervento che questa
volta ci ha portato perfino nel mondo del teatro! E lo ringrazio anche per
questo anno passato qui sul blog portando sempre interessanti articoli!
Di seguito i link
a tutti gli altri testi di cui ha parlato Davide:
- "Dafni e Cloe" di Longo Sofista: il più importante romanzo greco
- I libri di Andre Norton: tra fantasy e fantascienza
- "Il Papa" di Giorgio Saviane - Prima parte e Seconda parte
- "Palomar" di Italo Calvino: un viaggio verso la saggezza
- "La vera storia di Ah Q" di Lu Xun: un'ironica ed efficace denuncia sociale
- "Il Conte Lucio" di Giuseppe Marcotti: un romanzo storico tra ipocrisia e corruzione nel 1700
- "Jacques il fatalista" di Denis Diderot - Prima parte e Seconda parte
- "Il grande Meaulnes" di Alain-Fournier: dall'adolescenza all'età adulta
- "Dersu Uzala" di Arsen'ev: l'esploratore e l'uomo della taiga
Hanno parlato di questo articolo:
- "Il paradiso perduto" di John Milton: poema epico con Satana come eroe
- "Centomila gavette di ghiaccio" di Giulio Bedeschi: il dovere del ricordo
- "L'immoralista" di André Gide: un sordo e indistinto bisogno di vivere
- "La figlia del Reverendo" di George Orwell: cambiare se stessi e non cambiare niente
- "Inferno" di Johan August Strindberg: tra narrativa e autobiografia
- "Amore" di Inoue Yasushi: viaggio nel mondo interiore dei personaggi
- "La biblioteca dimenticata - Un anno e mezzo di recensioni sparse" di Davide Rigonat - ebook gratuito
- "La biblioteca dimenticata - Due anni di recensioni sparse" di Davide Rigonat - ebook gratuito
Ho letto "Casa di bambola" un annetto fa, forse anche di più, ero convinto di annoiarmi nel leggere un testo teatrale e invece mi son dovuto ricredere e di tanto. Non mi sono affatto pentito ^^
RispondiEliminaCaro menestrello,
RispondiEliminavisto che ti è piaciuto non posso che consigliarti di leggere anche "Spettri" e gli altri drammi scritti da Ibsen in quel periodo.
Grazie per il suggerimento ^^. Farò in modo di procurarmeli
RispondiEliminaGli unici testi teatrali che ho letto io sono di Pirandello, almeno credo, però questo sembra oggettivamente molto interessante! E i consigli di Davide sono sempre preziosi!
EliminaHo letto "Spettri"... ipnotico. Anche "Casa di bambola" è assai interessante. Un tipo di teatro intimista che prima o poi vorrei affrontare.
RispondiEliminaGià. I suoi drammi, soprattutto da Peer Gynt in poi, sono uno meglio dell'altro.
Elimina@Luz: Benvenuta sul blog!
EliminaRomina, grazie, e piacere di fare la tua conoscenza!
EliminaIdem! Un caro saluto!
EliminaC'ero rimasta un po' male, quando ho visto che questo dramma avrebbe fatti parte di una rubrica chiamata "La biblioteca dimenticata".... Insomma, Ibsen non è un autore dimenticato e Nora è uno dei classici personaggi femminili che vengono suggeriti a chi deve preparare un monologo per un provino. Ma forse io sono più coinvolta in questo ambiente ristretto che è il teatro e normalmente non è così conosciuto come credo...
RispondiEliminaEcco, comunque ti perdono, perché ne hai parlato veramente bene ;)
Ciao Elisa,
Eliminati dirò che l'ho fatto apposta. Negli anni mi sono accorto che, sempre di più, i lettori di narrativa (verso cui, in teoria, si rivolge principalmente la rubrica) disertano i testi teatrali (e non solo). Allo stesso modo, chiedendo un po' in giro, soprattutto ai "giovani", mi sono accorto (con delusione, devo ammetterlo) che, se anche qualcuno conosceva Ibsen di nome, praticamente nessuno aveva letto niente di suo. Ho cercato allora di dare un mio piccolo contributo provando a proporlo in un contesto non indirizzato espressamente agli amanti del teatro.
Sono comunque contento di aver ottenuto il tuo perdono. :)
Mi inserisco nello scambio per aggiungere una cosa, visto che Elisa è teatrante come me. Per mettere in scena drammi come questo occorrono diverse doti, da quelle recitative a quelle registiche. Ma occorre, ahimé, anche una forma di "coraggio" che tocca l'aspetto del gradimento del pubblico. Ragion per cui spesso si preferisce reinterpretare il testo modernizzandolo, o stravolgendone alcuni contenuti.
Elimina@Elisa: Dai, su, almeno abbiamo trovato il modo di parlarne anche su questo blog che non si occupa direttamente di teatro.
Elimina@Luz: Teatrante anche tu, come Elisa? Che bello! Sì, sicuramente non sono testi facili, però bisogna anche avere il coraggio di andare contro corrente, sempre...
Sì sì, nel mio blog trovi un piccolo articolo su cosa significhi per me fare teatro. :-)
EliminaAndrò a curiosare, allora!
EliminaIl testo non l'ho mai letto ma l'ho visto a teatro, forse anche più di una volta. Non c'è niente da fare: Ibsen aveva qualcosa che altri non avevano.
RispondiEliminaConcordo in pieno.
EliminaChe voglia di andare a teatro che mi state facendo venire...
EliminaNon si leggono abbastanza gli autori teatrali, è verissimo!
RispondiEliminaIbsen lo conosco soltanto per Casa di bambola.
Questo testo fu oggetto di polemiche quando fu scritto, proprio perché una donna, per realizzare se stessa, andava contro la morale borghese, il conformismo.
E indubbiamente questo dramma ha una forte valenza ancora oggi, forse non solo in relazione alla questione del femminismo, ma in merito alla realizzazione della "persona", come individuo libero.
Eh, noi donne, quanta strada ancora dobbiamo fare per poter essere davvero libere! Una lotta senza fine, temo. Per fortuna qualcuno dà voce a questa ricerca della propria strada.
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