Oggi sono qui per presentarvi un nuovo post di La
biblioteca dimenticata, rubrica fissa sul mio blog curata da
Davide Rigonat, il blogger
che gestisce La casa della
nebbia e l'autore di La nebbia e altri racconti.
Oggi ci parlerà di Il
Golem di Gustav Meyrink.
Come sempre lo ringrazio di cuore e gli lascio la parola così che vi
possa raccontare tutto ciò che c'è da sapere su questo libro!
Il Golem di Gustav
Meyrink
Cari amici,
quest’oggi voglio portarvi nel mondo del fantastico e dell’esoterico e parlarvi de Il
Golem, l’opera più famosa di
Gustav Meyrink.
L'autore
Gustav Meyrink (al secolo Gustav Meyer) nacque a Vienna il 19 gennaio 1868.
Figlio illegittimo del barone Karl von Varnbüler e dell'attrice Maria Meyer,
trascorse i primi tredici anni a Monaco
prima di trasferirsi con la madre prima ad Amburgo
e poi a Praga (1883). Praga
ebbe un ruolo fondamentale nella vita di Meyrink, tanto che divenne lo sfondo naturale di molte delle sue opere.
Nonostante si fosse impegnato in vari lavori (fu tra l’altro co-titolare di una
piccola banca tra il 1889 e il 1902), Meyrink attraversò una profonda crisi esistenziale che lo portò, nel 1892, a
ritrovarsi seduto ad un tavolo con una pistola
puntata alla tempia. A salvarlo fu, come lui stesso racconta, il rumore
di un opuscolo pubblicitario
provvidenzialmente infilato sotto la sua porta. Quel foglietto, che per
incredibile coincidenza era intitolato Afterlife, gli aprì le porte
di quella che sarà per molti anni la sua nuova passione: l’occultismo.
Nel 1902, fallita la sua banca (vicenda in seno alla
quale Meyrink ebbe a sperimentare per un paio di mesi l’accoglienza delle
galere della sua città), il nostro decise di dedicarsi alla scrittura, a cui affiancò
l’opera di traduttore.
Cominciò a pubblicare numerosi racconti, spesso di tono satirico e volti a ridicolizzare le istituzioni
austro-ungariche, l’esercito e, talvolta, la Chiesa che vennero raccolti in
vari volumi (Wachsifgurenkabinett,
Orchidee, Der heisse Soldat, ecc.). Nel 1911 si trasferì insieme alla
moglie Philomene Bernt e ai suoi tre figli a Starnberg, in Baviera, dove rimase fino alla morte.
Il successo arrivò nel 1915, quando venne raccolto in volume il suo romanzo Il
Golem, precedentemente pubblicato a puntate sulla rivista Die weissen
Blätter tra il 1913 e il 1914. L’opera si rivelò un grande successo commerciale
e garantì a Meyrink fama e denaro. A Il Golem
seguirono Il volto verde (1917), La Notte di Valpurga
(1918), Il Domenicano Bianco (1922) e L’angelo della finestra
d’Occidente (1927). Convertitosi ufficialmente al buddismo nel 1920, Meyrink morì il 4 dicembre 1932, meno di
sei mesi dopo che il figlio ventiquattrenne, Harro Fortunat, ridotto su una
sedia a rotelle a seguito di un incidente sugli sci, decise di suicidarsi: l’ultima tragica coincidenza in una vita
così fortemente legata al mistero.
Come già accennato, Meyrink si dedicò con impegno alla ricerca e allo studio
dell’esoterismo, dell’occulto e del misterioso: il fascino che queste
discipline avevano su di lui lo portarono ad una letteratura immaginifica,
fortemente simbolista e spesso soprannaturale. Il successo, come abbiamo visto,
arrivò sia da parte del pubblico che della critica e non riuscirono a scalfirlo
in maniera significativa nemmenole critiche dei nazionalisti austriaci (Meyrink
si era apertamente schierato contro la Prima Guerra Mondiale) o la messa al bando delle sue opere
imposto durante il periodo nazista.
L'opera
Prima di parlare de Il Golem dobbiamo fare una piccola premessa: come vedremo, uno
degli aspetti più interessanti e intriganti di quest’opera sta proprio nell’originalità della sua trama,
motivo per cui sarò costretto a fare un po’ di spoiler. Cercherò comunque di limitare al massimo le rivelazioni per non togliervi il gusto
di leggere il libro. Anzi, non rispetterò esattamente neppure l’ordine
cronologico degli episodi cui vi accennerò, così che abbiate un quadro generale
ma non i dettagli.
Cominciamo con il dire che il protagonista de Il
Golem non è la mitica creatura d’argilla costruita dal rabbino Loew, ma
bensì uno sconosciuto narratore
che un giorno, non si sa bene né quando né dove, ha preso per errore il cappello di un altro. Da quel momento
egli comincerà a rivivere in prima
persona la vita del proprietario di quel misterioso copricapo: Athanasius Pernath, un intagliatore di
pietre preziose. Il narratore/Pernath appare da subito scombussolato, incerto sulla sua
stessa identità e quasi alieno a ciò che lo circonda. Solo il nome ricamato in
lettere d’oro all’interno della fodera del cappello gli ricorda chi è. Egli
conduce un’esistenza ritirata nella stanza affittata in uno degli edifici di proprietà di Aaron
Wassertrum, una figura che assomma in sé tutto il male possibile (è
malvagio, intrigante, vendicativo, avaro, viscido, addirittura deforme a causa
del suo pronunciato labbro leporino), incarnando di fatto la somma degli
stereotipi negativi sul popolo ebraico. Gli unici svaghi che Pernath si concede
sono le rare uscite o le serate con alcuni amici da Loisitscheck;
l’intagliatore non è però mai
perfettamente inserito nel tessuto sociale che lo circonda e spesso
sembra che il piano mentale su cui vagano i suoi pensieri non coincida con
quello degli altri. C'è anche da dire che neppure i suoi compagni si
preoccupano molto di approfondire la conoscenza: basti pensare che nessuno sa
esattamente da dove Pernath provenga o cosa abbia fatto in passato.
Interessante notare come neppure l’intagliatore riesca a ricordare chiaramente
il proprio passato.
La vita di Pernath comincia a prendere una piega
inaspettata (e inquietante) il giorno in cui un uomo gli portò un libro da restaurare: si
tratta di Ibbur o La concezione dell’anima.
Athanasius si sente come trascinato dal libro in una visione in cui i suoi
dubbi gli si parano davanti ad uno ad uno, lasciandolo come stordito. Solo
allora realizza di non ricordare assolutamente il volto o qualsiasi altro
dettaglio del suo sconosciuto committente. Si ricorda poi che quello è l’anno
in cui il golem avrebbe fatto la sua
ricomparsa nel ghetto: la misteriosa creatura riappare infatti ogni 33 anni esatti e nessuno di
quelli che lo hanno incontrato è stato poi in grado di darne una qualsiasi
descrizione.
Tra i vari personaggi
che incrociano la strada di Pernath, i più importanti sono lo studente
Charousek, Schemajah Hillel e sua figlia Miriam. Charousek è una figura ambigua, consumata da un odio implacabile per il vecchio
Wassertrum e per suo figlio, il dottor Wassory. Egli riuscirà infine a
consumare la sua vendetta proprio grazie all’aiuto involontario di Pernath,
sfruttando l’unica debolezza del
malvagio rigattiere (Wassertrum – NdR): l’amore per il figlio, sua immagine nel
male. Hillel è invece l’archetipo della figura positiva:
severo e in forte odore di santità, riuscirà sempre a calmare e pacificare la
mente dell’intagliatore. La sola sua presenza sembra infatti in grado si
scacciare il male, tanto che persino Wassertrum si ritrae al suo arrivo. Sarà
lui a guidare i primi passi di Pernath nel mondo del misticismo. Miriam,
infine, è una ragazza ingenua, dolce, servizievole e devota rispetto al padre
che sente distante in quanto troppo
perfetto; essa crede tenacemente nei miracoli, che spesso crede di vedere
nei momenti di difficoltà della sua vita, e si aggrappa con fiducia alla sua vita di privazioni e preghiera.
Pernath ne è affascinato e si innamora di lei, nonostante le difficoltà a
rapportarsi con lei.
Un giorno Athanasius viene arrestato con l’accusa di aver ucciso un certo Carl Zottmann:
interrogato più volte in maniera sommaria da una giustizia sommaria,
sbrigativa, pachidermica e, se vogliamo, kafkiana (anche se Il Processo vedrà la luce solo nel 1925
- NdR), viene tenuto in carcere per molti mesi (lo stesso Meyrink aveva avuto
modo di sperimentare l’efficienza della giustizia di Praga quando, nel 1902,
venne incarcerato per circa due mesi e mezzo – NdR). Durante la sua permanenza
in cella, Pernath ha l’occasione di incontrare
Amadeus Laponder, condannato a morte per assassinio e stupro. Laponder
soffre di una specie di sonnambulismo, stato durante il quale il suo spirito
lascia il suo corpo e gli consente di vedere e sentire cose a lui distanti: è
così che Pernath riesce a risentire la voce degli amici e ad avere notizie di
Miriam. Racconta allora la sua storia al suo compagno di cella, che a sua volta
gli rivela il percorso interiore che aveva intrapreso molto tempo prima e che
lo aveva portato ad un livello di consapevolezza quasi completa. Non gli svela
però la verità ultima, da lui
intuita solo dopo l’incontro con l’intagliatore.
Pernath verrà scarcerato
grazie all’intervento di Charousek che, sfruttando suoi contatti, riuscirà a
scoprire il vero colpevole. L’ex studente, che nel frattempo si è suicidato
sulla tomba del suo odiato nemico, gli lascia anche una cospicua somma di denaro.
Libero perciò dalla galera e dai problemi del sostentamento, Pernath si farà
portare nel suo vecchio quartiere,
che però troverà, con sua grande sorpresa, completamente
distrutto. Allo stesso modo, quasi tutti gli abitanti che lui conosceva
erano come spariti; riuscirà comunque a sapere che Hillel e sua figlia Miriam
avevano lasciato il quartiere molto tempo prima. Felice di saperli salvi da
qualche parte, Pernath prende in affitto una soffitta in una vecchia casa del
ghetto. Solo in seguito si rende conto di essere finito proprio nella casa che
la credenza popolare credeva essere la dimora del golem: quell’edificio ha
infatti una stanza, posta proprio sotto la sua soffitta, del tutto priva di
entrate. È là che si diceva si
nascondesse la creatura d’argilla. Improvvisamente Pernath percepisce
una presenza e, voltatosi, si trovò di fronte al suo doppio avvolto in un mantello bianco e con in testa una corona.
Un attimo dopo si accorge che nella stanza è scoppiato un incendio. Per salvarsi, l’intagliatore esce dalla finestra
e, dopo essersi assicurato con una corda trovata sul tetto, si cala fino alla
finestra della stanza di sotto. Con sua grande sorpresa, attraverso la finestra vede… (non ve lo dico).
All’improvviso perde la presa e cade.
Il narratore
si riscuote, di nuovo cosciente di sé stesso. Comprende
ben presto che quel terribile sogno deve essere legato al misterioso cappello, così che decise di andare a cercare il
suo proprietario e di andare a riportarglielo. Recatosi nel quartiere del
ghetto dove ha rivissuto le avventure dell’intagliatore, scopre che quelle
vicende si sono svolte esattamente 33
anni prima. Quando riesce a trovare la casa di Pernath, gli si fa
incontro un giardiniere a cui consegna il cappello. Questo si dirige verso la
casa e, entrando, lascia la porta socchiuse. È allora che il narratore intravide Miriam, giovane e
bella come l’aveva vista nelle sue visioni, e Athanasius, identico a lui
nell’aspetto. Quando il vecchio servitore torna si richiude la porta alle
spalle; riconsegnato il cappello giusto al narratore, gli riporta i
ringraziamenti del suo padrone e l’augurio che il suo cappello non gli abbia
fatto venire l’emicrania.
Il Golem è un
romanzo complesso, stratificato,
articolato su diversi piani temporali e spaziali, denso di simbolismi e metafore, in cui l’autore ha
mescolato sapientemente elementi
fantastici, soprannaturali, mistici e orrorifici. Il risultato è una
storia affascinante e molto moderna
nel taglio e nelle soluzioni. Il romanzo procede per quadri spesso sfocati, fuori centro rispetto al
sentire del protagonista, in alcuni casi apparentemente slegati e quasi
casuali, ma comunque quasi sempre allucinati e indefinibilmente distorti. Il
tutto però trova piena motivazione nel disegno generale dell’opera e nel suo
messaggio complessivo. Il testo è, come ho già detto, intriso di simboli che
condizionano guidano e condizionano lo svolgersi della trama. Se è vero che frequenti sono i riferimenti alla
mitologia e ai tarocchi (Iside, l’Ermafrodito, l’Impiccato – figura in
cui si trasforma lo stesso Pernath dopo essere caduto dal tetto della
soffitta), è alla cabala che
spetta il ruolo del leone. Anche se non è questa la sede per un approfondimento
sulla Kaballah (che, tradotto, significa tradizione
– NdR), è opportuno ricordarne almeno alcuni aspetti. In particolare, oltre ai
concetti del potere della Parola
e dei percorsi mistici, vale
la pena ricordare che il golem,
secondo la cabala profetica, non era tanto una creatura fisica, quanto una proiezione immateriale dell’animo.
Ecco allora che Meyrink ci dà una rappresentazione del golem aderente con
questa visione: esso è uno specchio, un
nostro doppio che ci mette di fronte alla nostra anima e che dobbiamo
riuscire a superare per raggiungere l’illuminazione e la pace. Ecco allora che Il Golem altro non è che un romanzo
incentrato sul percorso salvifico che porta l’uomo al superamento di sé stesso. Il percorso di Athanasius lo
porta perciò a confrontarsi con sé stesso e con i propri dubbi, fino al raggiungimento
della serenità e della pace. E allo steso modo, in maniera ciclica e circolare,
lo stesso narratore si trova faccia a faccia con Pernath, il suo personale
golem che lo sollecita a porsi le stesse domande e a seguire lo stesso percorso
di salvezza.
Anche senza contare che Meyrink scrive bene e in
maniera originale, mi sento di consigliarvi
caldamente la lettura di questo testo atipico e interessante, in grado
di catapultare il lettore in un mondo dalle geometrie distorte ma affascinanti
e di tenerlo legato fino alla fine. Io, ad esempio, l’ho letto in meno di due
giorni.
Alla prossima!
Come al solito ringrazio moltissimo Davide per averci portati a
(ri)scoprire un libro dai temi interessanti e molto innovativo.
Vi ricordo che quasi tutti post precedenti di questa rubrica sono
finiti in un bellissimo ebook che potete scaricare
gratuitamente da varie piattaforme (al link maggiori informazioni).
Oppure li potete trovare sul blog, cliccando sulla rubrica La
biblioteca dimenticata - rubrica di Davide Rigonat, dove trovate anche quelli non incluso nell'ebook (perché usciti successivamente):
Ancora un grande grazie a Davide per i suoi bellissimi contributi! Vi
aspettiamo per il prossimo appuntamento con questa rubrica tra un mese esatto!
Note: La foto
usata come sfondo del banner è da attribuire a Luciano Caputo
(vedi CC nel link).
Hanno parlato di questo articolo:
- "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana" di Carlo Emilio Gadda: un romanzo corale in lingua gaddiana
- "Ernesto" di Umberto Saba: la storia di Ernesto o di Umberto Saba?
- "Middlemarch" di George Eliot: storie di aspirazioni e frustrazioni
- "La biblioteca dimenticata - Due anni di recensioni sparse" di Davide Rigonat - ebook gratuito
Grazie per il gentile e articolatissimo commento. Ritornerò alla lettura del Golem, conscio che, comunque, non è facile afferrarne tutti i riferimenti. Ho letto qualcosa di mistica ebraica ma non è purtroppo sufficiente a collocarvi la vicenda del golem e cogliere appieno il senso ebraico della parola. Ma ci si può provare...
RispondiEliminaGrazie per i complimenti e... buona lettura!
EliminaNon sembra proprio un testo facile, in effetti!
EliminaSegnalo la recente pubblicazione di una nuova traduzione de 'Il Golem' in un'edizione curatissima per la prima volta annotata e arricchita dalle illustrazioni originali di Steiner-Prag. E' pubblicato da Tre Editori (www.treditori.com)
RispondiEliminaGrazie mille per la segnalazione!
EliminaE benvenuto sul mio blog!
Letto anni fa (http://www.fantascienza.com/catalogo/volumi/NILF125210/il-golem/ ho questa edizione comprata ad 1 euro in una bancarella), lettura impegnativa ma molto bella.
RispondiEliminaUn euro decisamente ben speso!
EliminaNel 2007 presentai la mia Tesi di laurea intitolata "Il tema della vista nel "Der GOlem" di G. MEYRINK". Si tratta di un romanzo complesso ma affascinanteche racchiude in sé tutta la magia di Praga e i rimandi simbolici alla figura del Golem. È necessario tuttavia conoscere la storia di questa figura nel contesto ebraico e poi farsi travolgere da tutti i simboli e i doppi significati.
RispondiEliminaConsiglio vivamente.
Che bell'argomento per una tesi! Complimenti e benvenuta sul mio blog!
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