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venerdì 20 dicembre 2013

Enjambement

Enjambement: versi spezzati


In questo post voglio parlare brevemente dell'enjambement e, in particolare, di due possibili modalità di lettura.  


L'enjambement
L'enjambement è l'alterazione tra l'unità del verso e  l'unità sintattica.
Si tratta quindi di una frattura della sintassi o di un sintagma creata dall'andare a capo tra un verso e l'altro. Due parole che dovrebbero stare assieme si trovano una a fine di un verso e una all'inizio del successivo. L'unità metrica pertanto non coincide con l'unità sintattica o di senso.

Il termine significa letteralmente qualcosa di simile ad accavallamento, spezzatura, frattura.

Esempi
Vediamo un paio d'esempi di enjambement.

Per esempio, nella poesia Il cinque maggio di Alessandro Manzoni:
[…] Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà. […]

E nella mia adorata poesia di Giacomo Leopardi L'infinito  (che ho anche letto in un video):
[…] Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete […]

Leggere gli enjambement
Quando si legge ad alta voce una poesia, spesso ci si trova davanti a due possibilità in merito agli enjambement:
 Se si sceglie di enfatizzare gli enjambement  anche nella lettura ad alta voce, è opportuno fare una breve pausa a fine di ogni verso che, in presenza di enjambement, frammenta il sintagma, riproducendo così oralmente la frattura che a livello grafico è data dall'andare a capo tra un verso e l'altro. In questo modo si fa però venir meno una delle regole base della lettura ad alta voce della narrativa, che è quella di non separare parti di un sintagma con delle pause. Ma la poesia è ovviamente tutta un'altra storia.
Un'altra alternativa prevede invece di leggere i versi pronunciando senza pause le parti di uno stesso sintagma sia all'interno dei versi, sia tra versi (e quindi quando ci sono degli enjambement).

La scelta è soggettiva e, a mio avviso, sono entrambe varianti accettabili. La prima mira a mantenersi più aderente alle scelte stilistiche del poeta, mentre la seconda punta di più sul rendere più naturale il suono del testo (sentir leggere i sintagmi in modo spezzato in prosa è fastidiosissimo, quindi, se non si è abituati, anche in poesia sembra quasi che il lettore sbagli, mentre sta solo rispettando gli enjambement).

Io, in genere, opto più per la seconda possibilità, anche se dipende da casi e contesti.

Conclusione
Quasi tutti sanno che cos'è un enjambement, ma oggi volevo principalmente parlarvi di queste due opzioni di lettura che non ho mai trovato su nessun testo, però mi è capitato di incontrare in serate di poesie. Io mi trovo sempre un po' combattuta quando devo scegliere come comportarmi nei confronti degli enjambement leggendo in pubblico, dunque vi chiedo voi quale delle due modalità preferite?



P.S. Il post di oggi arriva sul finire della giornata. Spero che questa attesa abbia vellicato la vostra curiosità e che poi sia stata appagata, anche se l'uscita a quest'ora del post non è dovuta a strategie particolari, bensì a qualche giorno un po' più denso del previsto.



Questo post partecipa all’iniziativa Una parola al mese. La parola di dicembre 2013 è vellicare (al link maggiori informazioni).









Hanno parlato di questo articolo:

8 commenti:

  1. Che ne pensi dei casi di frattura in cui il secondo dei due versi inizia graficamente con la maiuscola? Mi sembra che in questo modo si crei un obbligo alla pausa nella lettura, no?

    Per esempio:

    Quando come falco spiccai il volo dal mio mondo
    Di mistero, volando sempre più in alto,
    Nessun saggio era ad accogliermi con la verità;
    Così mi rilanciai per la stessa angusta porta.

    (Rubaiyyat di Omar Khayyam, 29)

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    1. Non saprei... a volte bisognerebbe controllare la versione originale. Spesso chi trascrive le poesie in rete mette le maiuscole solo perché le corregge il correttore automatico. Io personalmente preferisco evitare di cominciare tutti i versi con la maiuscola.

      Se però le maiuscole ci sono nella versione originale, la tua ipotesi mi sembra molto interessante.

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  2. Stavolta regalo doppio: enjambement + parola del mese!

    "Tacqui. Scorgevo un atropo soletto
    e prigioniero. Stava in riposo
    chiuso tra l'ali ripiegato a tetto.
    Come lo vellicai sul corsaletto
    si librò con un ronzo lamentoso."

    Stamattina stavo rileggendo "La signorina Felicita ovvero la felicità" di Guido Gozzano e l'ho scovato.

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    1. Caspiterina! Grazie per la segnalazione della citazione.

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  3. Interessanti le due varianti di lettura. Io scelgo la seconda, per dare più fluidità alle frasi: mi piace quando un verso si "spegne" nel successivo.

    ... e intanto fugge
    questo reo tempo, e van con lui le torme
    delle cure, onde meco egli si strugge;

    Il Foscolo era un maestro degli enjambement.

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    1. Anch'io preferisco la seconda, mi sembra più naturale all'ascolto.

      Bello anche l'esempio foscoliano. Grazie.

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  4. Il controverso enjambenent, dunque! Che dire... delle due, la seconda. Anche se finiva sempre che ne contavamo tutti un numero diverso, a scuola.

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    1. Sì, decisamente "controverso"!
      Il conteggio è complesso, perché ci sono molto tipi di enjambement, per esempio tra soggetto e verbo, ma anche tra verbo e complementi che ne completano la valenza...

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