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domenica 15 dicembre 2013

Ormai è nell'uso comune


Quinto appuntamento con  Gli sfoghi di Luciferina. Luciferina si è già indignata per accenti messi a caso, abbreviazioni non gradite, grammatiche ignorate e grida di chi vuol sempre aver ragione.
Oggi un nuovo sfogo con il consueto dialogo e relativa vignetta.

Luciferina oggi se la prende con chi ha trovato un metodo per giustificare la sua ignoranza di ogni regola…


Luciferina - Ehm… qui c'è un errore…

Volpacchiotto - Errore?! Ma su, dai!
Luciferina - Sì, vedi, c'è una regola che…
Volpacchiotto - Ah, le regole! Non perdiamoci nelle regole. Ormai è nell'uso comune scrivere anche così!
Luciferina - Sì, lo fanno in tanti, lo so, però la regola dice che…
Volpacchiotto - Ma non mi interessa! Che cosa cambia? Lo fanno tutti!
Luciferina - Ok, ho capito, non insisto. Evidentemente l'ignoranza* collettiva è diventata una giustificazione sufficiente.



Luciferina ha ragione: troppo spesso il fatto che le regole vengano ignorante dai più diventa una scusante per non impegnarsi a correggersi. Discorsi simili a questo tra Luciferina e Volpacchiotto io li ho vissuti spesso e in merito ad argomenti molto diversi, soprattutto grammaticali. È vero che le lingue cambiano e si evolvono e ciò che diviene d'uso comune porta prima o poi all'evoluzione della lingua (altrimenti non sarebbe stato necessario studiare l'italiano neostandard di cui ho parlato nel post sul che polivalente), ma finché qualcosa non entra a far parte delle regole di una lingua può essere ragionevolmente considerato un errore o quanto meno un'imprecisione. Se poi con il tempo diventerà regola, allora così sia: non saremo certo io e Luciferina a fermare l'evoluzione linguistica dell'italiano.

E voi cosa ne pensate? 


(*) Per ignoranza qui intendo ovviamente l'ignorare qualcosa, il non conoscere… non vuole assolutamente essere un insulto.



Hanno parlato di questo articolo:




16 commenti:

  1. Secondo me è tutt'altro che un tema di facile soluzione. Penso a certi scrittori ribelli nei confronti delle regole grammaticali, come la Cvetaeva e anche a suo modo Proust. O a Henry Miller che dopo aver scritto un capitolo di un suo libro si divertiva con gli amici a vedere se le parole esistevano veramente o no sul vocabolario...

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    1. Io ho avuto un'insegnante davvero brava alle medie che diceva sempre: "Quando saprai perfettamente le regole, potrai decidere se e quando non usarle". Io lo penso tuttora. I grandi autori che hanno sconvolto le regole non l'hanno fatto ignorandole bensì conoscendole al punto da poterle aggirare.

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    2. E' molto vero ma anche no. Come tutti gli assunti ha le sue eccezioni. Ti cito un esempio dettagliato, quello di Carlo Michelstaedter che ha scritto uno dei più grandi libri della letteratura italiana (ma non solo): La persuasione e la rettorica. Il primo editore che lo respinse motivò il rifiuto dicendo che andava prima tradotto in italiano. Il punto è che l'autore pensava di averlo scritto in italiano! Cioè, in estrema sintesi, il senso del discorso è questo: quando il contenuto è eccelso non c'è assenza di regole che possa inficiarlo. Altrimenti una buona metà della letteratura mondiale sarebbe destinata al bando. Ma questa non è in alcun modo una giustificazione, è solo una riprova del fatto che non ci sono assoluti.

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    3. Sì, hai ragione, però, come hai detto tu, quello è un capolavoro. Gli autori di capolavori possono permettersi più licenze degli scrittori esordienti e anche degli scrittori di bestseller destinati comunque a non lasciare segni nella storia. I capolavori seguono vie diverse, insomma. Comunque capisco il tuo punto di vista!

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    4. Ed io ovviamente capisco il tuo, che coincide poi con il mio se solo mi sposto di un capello :)

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    5. Alla fine le eccezioni e le regole hanno entrambe ragioni di esistere.

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  2. P.S. Pensavo che "ignorante" avesse un doppio significato solo in Toscana, invece, a quanto traspare dal tuo post, anche dalle tue parti?!

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    1. Uhm... non saprei. Io mi riferivo al fatto che se dici a qualcuno: "Se un ignorante" in genere lo vede come un insulto, io invece intendo il termine come "colui che ignora/non sa qualcosa" il che significa che siamo tutti ignoranti rispetto a certi argomenti.

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    2. No, in Toscana è diverso. Esiste un vero e proprio significato alternativo. Da noi ignorante non è soltanto qualcuno che non sa, ma anche chi si comporta male, chi ti manca di rispetto o ti fa un torto.

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    3. Dunque, dunque... be', in un certo senso, chi si comporta male ignora le regole del buon comportamento, quindi anche da me si potrebbe definire per estensione "ignorante". Credo non sia così comune come in Toscana, però.

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    4. Infatti a me risultava che la cosa valesse solo per la mia regione.

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  3. Io penso che una certa evoluzione della lingua sia inevitabile. L'italiano è nato da variazioni della lingua latina che all'inizio venivano viste proprie come errori e poi hanno generato il volgare.
    Dall'altra parte, però, se penso alla direzione in cui ci stiamo evolvendo (estinzione del congiuntivo e "k" selvagge) mi metto le mani nei capelli!

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  4. L'evoluzione è inevitabile e non voglio certo ostacolarla, però questa non può, a mio avviso, divenire la scusa per giustificare ogni tipo di errore.

    "Io kredo ke e' dà cui ke si kade nel kaos".
    Io a cose così non mi voglio abituare almeno finché non saranno accettate in italiano e a quel punto credo sarò parecchio infelice.

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  5. Sono perfettamente d'accordo con te, Luciferina e DramaQueen! Poi io sono conservatrice con le regole italiane, faccio fatica a mandare giù le ultime piccole evoluzioni di questo decennio... In ogni caso, è impossibile parlare con quelle persone. Non riesci nemmeno a spiegare loro l'importanza dell'italiano.
    Cavolo, come minimo è la TUA lingua, portale un briciolo di rispetto! :(

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    1. Eh, sì, non è semplice! In genere molte persone tendono ad accettare un po' troppe varianti, ultimamente... io, fino a che non me lo dice la Crusca, certe cose continuerò a considerarle errori.

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