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lunedì 22 marzo 2021

Non rimandare a domani

 


Nove anni. Nove lunghi anni.

Una storia infinita, praticamente. Anzi, no, visto che è finita... 

Dal 2012 a oggi sono stata Direttrice di Redazione di una piccola rivista parrocchiale, Insieme. Un'attività impegnativa, di volontariato, che ho sempre svolto con tanta passione e amore. Nove anni in cui la mia vita è cambiata infinite volte, eppure questo mio ruolo è restato una costante, una costante preziosa. 

Quello appena uscito, per questa Pasqua imminente, è stato il mio ultimo numero. Volevo parlarne anche qui, ma, ormai mi mancano le parole, in merito, dopo tante telefonate con lo staff, dopo il peso della scelta, e quindi ho deciso di aspettare l'uscita della rivista e poi ripubblicare qui il mio articolo apparso lì. Ho pensato fosse giusto parlarne anche a voi, miei lettori. Alla fin fine, spiega anche perché questo blog è diventato un po' deserto... e anche perché nel post precedente, vi avevo detto che vi avrei raccontato di una decisione molto difficile che avevo appena preso.

Vi mando un abbraccio e vi lascio all'articolo!


Non rimandare a domani

 

Sono diventata Direttrice di Redazione di Insieme (che all’epoca non si chiamava nemmeno Insieme ma Berbenno Insieme) in un momento non ben precisato del 2012. Dire che è stata una scelta non sarebbe proprio il termine corretto: semplicemente è capitato. Don Giovanni era arrivato da poco e la redazione (alla quale non avevo mai partecipato prima) era rimasta particolarmente dilaniata dopo la partenza di Don Roberto. Don Giovanni mi ha chiesto di dargli una mano a rimettere in sesto la situazione. Ancora mi chiedo: «Perché a me?». Dopotutto non mi conosceva nemmeno, ma forse solo così doveva essere. Ho iniziato così la mia avventura, che pensavo sarebbe durata qualche mese, giusto il tempo di imbastire una redazione nuova, al più qualche numero… sono passati nove anni, poco meno di un terzo della mia vita, svariati numeri e ben tre preti (Don Giovanni, Don Luca e Don Michele)!

Il mio iniziale, decisamente poco convinto e assolutamente inconsapevole e impreparato, è diventato nel tempo un molto più deciso. Mi sono sempre spesa moltissimo per questa rivista e non l’ho abbandonata nemmeno quando ho lasciato Berbenno per trasferirmi a Cinisello Balsamo, poi a Milano e infine ad Almenno San Bartolomeo (tornando finalmente nella mia amatissima Valle).

Se vi state chiedendo il perché di tutta questa storia personale (della quale forse si poteva fare a meno) è perché affronto con difficoltà le parole che stanno per venire, ma forse è meglio dirlo e basta: questo sarà il mio ultimo numero come Direttrice di Redazione. La scelta è stata difficile, sofferta e a lungo (ma veramente a lungo!) meditata. Mentre scrivo queste parole, ho da poco parlato al telefono con Don Michele per confermare la mia scelta, espressa solo ieri (il 5 marzo) nel gruppo WhatsApp della redazione. È stato lui a consigliarmi di scrivere queste parole, in realtà non tanto per prendere congedo, ma per altre ragioni ma… oh, già che c’ero, come potevo non salutare?

Se ci ho messo così tanto a prendere questa decisione è perché amo moltissimo il lavoro che ho svolto in questi anni (il corsivo lo uso solo perché non è un lavoro retribuito in denaro, ovviamente, ma in sorrisi, soddisfazioni e incontri con bellissime persone è stato ampiamente ripagato!). E infatti non è affatto facile lasciare questa redazione, fatta di persone straordinarie.

A volte a trattenermi, lo ammetto, è stata la presunzione che andandomene tutto sarebbe crollato come un castello di carte. Presunzione sbagliata e anche troppo superba per i miei gusti, decisamente non da me. Infatti a chi mi ha detto che sono la roccia di questo notiziario, ho risposto che sono arrivata come un sassolino e al più sono ingrassata parecchio. Non mi sento indispensabile e sono certa che, anche se forse in redazione non pensano sia così, verrò sostituita senza nessun problema e chi mi succederà, proprio come ho fatto io, imparerà dal niente, sentendosi inizialmente totalmente impreparato e inadatto al compito. E sarà un'avventura bellissima e anche ricchissima di soddisfazione, come lo è stato per me (dal 2012 a oggi). Anzi, il nuovo Direttore di Redazione avrà un vantaggio: non lo lascerà partire proprio da zero, ma cercherò di dargli gli strumenti per affrontar questa nuova sfida al meglio, se mi sarà possibile. Quindi… ci sono candidati? Forza e coraggio! Don Michele ha già detto che ci penserà a tempo debito, ma… essendo un procrastinatore seriale (non te la prendere, don, ma sai che è vero!), meglio iniziare i casting!

 

Ma veniamo al motivo per cui il don mi ha chiesto di scrivere questo articolo e al motivo per cui ho preso questa decisione. Così, giusto dopo una paginetta di introduzione.

Non vivo più a Berbenno in pianta stabile dal 2013, ma Ca’ Previtali resterà per sempre casa mia, le mie radici e la mia Terra. Non che non si stia bene ad Almenno San Bartolomeo, eh, intendiamoci (altrimenti poi chi lo dice a Don Giulivo?), ma… si potranno pur avere due posti da chiamare casa nel mondo, no? Tenere le redini di questo notiziario a distanza è stato molto difficile in questi anni, perché mi sono sempre sentita poco dentro le cose, ma l’ho continuato a fare, proprio in nome dell’affetto che provo per la mia terra e anche per i membri della mia straordinaria redazione, dalle vecchie leve, che sono lì da sempre, ai nuovi acquisti che di tanto in tanto per fortuna si aggiungono.

Le motivazioni sono da cercare altrove, quelle vere, quelle che magari pensavo di non dire nemmeno, di tenere per me. E che ora non solo ho rivelato al don, ma scrivo qui, a tutti voi (la coerenza, questa sconosciuta!).

Ancora un anno e sarò malata esattamente da metà della mia vita, dal 2006. Al momento, una delle mie diagnosi è di sospetta fibromialgia. Che già una diagnosi che è sospetta fa ridere: come si può essere malati da quasi 14 anni e avere solo diagnosi sospette? Be’, la fibromialgia si diagnostica così (finché non finiranno la ricerca sul biomarcatore): se hai dolore cronico, stanchezza e altri sintomi e non trovano cosa hai, hai la fibromialgia. Poi puoi continuare a cercare altre diagnosi (se ti va, se te lo puoi permettere, se ne hai le forze). E io sto facendo così, anche perché ho anche problemi respiratori da circa 5 anni che non c’entrano nulla con la fibromialgia e sintomi davvero severi che fanno pensare a qualcosa di diverso… Praticamente sono sempre in attesa di qualche esame, referto, luminare, colpo di fortuna per capirci qualcosa, ma in realtà poco conta il nome di cosa ho, tanto sono un’orfana di diagnosi e in più di malattia invisibile (nel senso che a vedermi sembro star bene) quindi… l’etichetta servirebbe solo a capire come curarmi (piccolo dettagli, trascurabili, vero?).

La malattia è progressivamente peggiorata e mi ha portato negli anni a dover rinunciare a molte cose. All’inizio ho tolto il superfluo: uscivo poco con gli amici, non facevo attività fisica, non andavo in posti con scale o in cui stare molto in piedi. Poi le rinunce sono diventate sempre di più e più pesanti. Ancor prima di finire l’università sapevo che non avrei potuto fare il lavoro che amavo e per il quale avevo studiato: l’insegnante di scuola primaria. Lavoro troppo faticoso fisicamente, che il mio corpo già allora non poteva tollerare. Ho voluto comunque completare il percorso, praticamente per pura soddisfazione personale e perché, be’, odio lasciare le cose a metà. Ma la mia laurea con lode non l’ho nemmeno voluta vedere quando è arrivata per posta… ho aperto una partita iva e ho iniziato a lavorare prevalentemente nel settore delle ripetizioni private agli adulti: prima in università, poi da casa, poi solo online, man mano che peggioravo, così potevo lavorare dal letto. Ho fatto e faccio ancora lavori in tantissimi settori, perché man mano che peggioro devo sempre di più diversificare, per poter continuare a lavorare online (eh, sì, c’è chi lo faceva anche prima del covid).

Ogni pochi mesi mi trovo costretta a rinunciare a qualcosa in più, che sia sul lavoro o altro, ma questo mi ha insegnato molto su ciò che desidero davvero e su come affrontare la vita. Per esempio, la mia regola del cuore è non rimandare a domani. Se una cosa si può fare oggi, allora va fatta oggi, forse sarebbe stato meglio addirittura farla il giorno prima. Perché domani, domani potrebbe andare peggio, potrebbe non essere più fattibile o possibile e i rimpianti non sono cose che fanno per me. Ho imparato che oggi è l’unico giorno che possediamo davvero: che ieri è andato e che domani non sappiamo cosa ci riserverà, ma oggi, oggi racchiude un potenziale immenso. E se vi sembro troppo melodrammatica a vedere così poca luce nel futuro, be’, peggioro costantemente dal 2006, più che pessimismo, direi che si tratta semplicemente di una logica supposizione.

E così, ogni volta che posso fare qualcosa, la faccio. Non importa quanto dolore mi costerà. Se è fattibile, se posso sopportarla, allora la farò e la farò quel giorno, senza aspettare domani, senza lamentarmi troppo. E anche senza pensare troppo al domani. Spesso aspetto esiti di esami o visite mediche con nuovi medici e credo ancora che un giorno qualcuno mi darà le risposte che cerco. La scienza un domani troverà cure o quantomeno farmaci per lenire il mio dolore costante che al momento posso solo sopportare stoicamente, visto che nessun farmaco funziona. Credo fermamente che ci siano ancora tante speranze e, sì, mi ritengo anche dannatamente fortunata, nonostante tutto. Non sono in fin di vita e ho una vita piena di cose meravigliose. Lamentarsi solo per un dolore cronico che non mi lascia nemmeno dormire e decine e decine di altri sintomi sarebbe proprio fare un torto a chi è davvero sfortunato nella vita.

Però, se posso fare qualcosa, voglio farla appena possibile e io che, lo confesso, ero già fissata con le scadenze, ora lo sono ancora di più, perché devo contare energie che sono sempre troppo poche e sono tanti i giorni in cui già alle 10 di mattina mi nascondo a piangere, rendendomi conto che ho finito le energie della giornata, anche se sono in piedi da poche ore e che in qualche modo devo tirare sera. Questa passione per le scadenze mi è tornata sempre molto utile nell’organizzazione di questo notiziario, anche se mi ha resa forse poco sopportabile dal mio staff, ma… sono fermamente convinta che sia necessario darsi dei paletti e, soprattutto, non rimandare mai.

Insomma, la procrastinazione per me è bandita, perché molti anni fa credevo di avere tutta la vita per fare le mie scelte, per vedere posti e decidere cosa fare del mio futuro e poi mi sono trovata a scoprire che non era così, che le mie possibilità si sarebbero ridotte via via, drasticamente e velocemente, che se voglio portare mia figlia al parco, quella probabilmente sarà una delle poche cose che riuscirò a fare quel giorno, spingendo l’altalena seduta per terra o portandomi uno sgabello.

Ora, quando qualcuno mi dice: «Se sei stanca, fallo domani», io so che domani sarò stanca uguale e non rimando niente. Al più ho imparato a dosare il carico e so che se voglio fare una passeggiata, quel giorno non posso pensare di fare altre follie come pulire i pavimenti di casa, ecco. Ho capito che non sono un supereroe, che non sono nemmeno una persona normale e che pretendere troppo da me non fa altro che stremarmi, condannarmi alle notti insonni per il dolore e aumentare il mio senso di impotenza. Ma rimandare no, rimandare mai, che sia una passeggiata o una decisione importante (come traslocare o avere un figlio). 

Vivo dunque così, un giorno alla volta, come dico sempre io. Facendo di un versetto della Bibbia il mio mantra: «A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt. 6, 34).

E imparando molto umilmente a capire quali sono i miei limiti (e a non valicarli troppo spesso, ma questo è ancora un lavoro in corso, perché tendo sempre a provarci…).

Come dice un verso della preghiera della serenità (che molti conoscono come il motto degli alcolisti anonimi), che mi ripeto nei momenti più cupi (nonostante io sia praticamente astemia): «Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio e la forza di cambiare le cose che posso cambiare, e la saggezza per conoscere la differenza».

Ecco, forse ora avete un po’ un’idea del perché alla fine ho dovuto arrivare a un punto fermo e dire: «Questo è l’ultimo numero». Con una grande tristezza nel cuore e anche un forte dispiacere, ma anche con la consapevolezza che devo continuamente rinunciare a qualcosa e questo notiziario è la prossima rinuncia sulla lista. Dopo un anno di pandemia, praticamente rinchiusa in casa in quanto categoria a rischio, senza gran parte dello straordinario aiuto che avevo prima dalla mia famiglia (che ora non entra in casa perché non si può per legge o che, quando si può, non lo fa, per evitare di espormi a rischi) mi sento veramente provata e so che sto facendo molto più di quello che il mio corpo può sopportare. Ho rimandato anche troppo questa decisione.

«Ma come?» vi direte «Ma non hai detto che non rimandi mai niente a domani?».

Vero, tranne una cosa: le rinunce. Prima di mollare devo aver esaurito ogni possibile possibilità, devo aver raggiunto la fine delle mie forze e averne trovate altre in un abisso così profondo da non vederne il fondo. Solo allora, soltanto allora, prendo un respiro profondo (per quanto possibile, respirando come un fumatore ottantenne, senza aver mai toccato una sigaretta in vita mia) e accetto che è tempo di rinunciare.

Lo faccio con la rabbia di chi non vorrebbe, con la consapevolezza di chi deve e anche un po’ con la speranza che non sia per sempre.

È stato un viaggio meraviglioso, ma sono stanca: è tempo di fermarmi a riposare e dedicare le energie in continua diminuzione a qualcosa a cui non sono ancora pronta a rinunciare. In attesa dei prossimi peggioramenti o, speriamo, delle prossime risposte dei medici, magari con qualche buona notizia!

Un giorno alla volta, come sempre. In attesa che un domani cambi le cose, ma consapevole che solo sull’oggi ho potere. Ringraziando ogni singolo giorno Dio per i doni che mi ha fatto e per il fatto che ogni giorno vissuto ha dato il suo giusto frutto, senza rimandare a domani.

Romina Tamerici

 

 

Per approfondire…


14 commenti:

  1. Romina mi hai fatto piangere ma anche rafforzato quella che, anche per me è un'esigenza necessaria, fai ogni giorno quello che puoi e che riesci a fare, domani si vedrà. Con immensa gratitudine ti abbraccio con affetto. Lucia Lovecchio CFU Lombardia

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    1. Ho fatto piangere molta gente con queste parole... mi dispiace di questo. Io volevo che la gente capisse il perché di una scelta che all'inizio era sembrata a molti "un colpo di testa". Alla fine chi si è commosso a questo articolo era già ben consapevole della situazione... io spero che oltre alle lacrime "dei buoni", il messaggio arrivi anche ad altri, che ancora troppo spesso minimizzano la nostra situazione. Un abbraccio forte, Lucia, a presto!

      P.s. Benvenuta sul mio blog!

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  2. Cara Romina, fare del bene è sempre difficile, posso solo farti i miei complimenti.
    Ciao con un forte abbraccio.
    Tomaso

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    1. Per come sono fatta io, è più difficile smettere di fare del bene, ma... spero che almeno servirà ad alleggerirmi un po'. Un abbraccio!

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  3. Che sei una roccia è vero, altro che sassolino.
    E non parlo della redazione, ma della tua attitudine in generale, nella vita.
    Le tue disavventure ti hanno portata a fare dei ragionamenti concreti e veri, profondi, senza rimandare e senza quindi rimpianti.
    Per il giornalino: sicuramente lo hai fatto crescere, lo so, e sicuramente mancherai. Ma secondo me ci sarai sempre, con lo spirito e anche con la presenza :)

    Moz-

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    1. Come sono una roccia?! Stai dicendo che sono grassa? Ahah.
      Qualche rimpianto ce l'ho, ma cerco di averne il meno possibile, ecco... poi se potessi essere sana e meno saggia, di sicuro accetterei "l'incantesimo".
      Sono sicura che ce la faranno anche senza di me... mi mancheranno parecchio, ma è giusto così...
      Grazie, Miki, per le tue parole. Speriamo che a breve si possa ricominciare a viaggiare, perché una cosa che abbiamo rimandato (ma non per mia volontà) è tornare nella tua bellissima terra.

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  4. Cara Romina ,mi dispiace molto di questa tua sofferenza e ancor di più non essere io in grado di poterti aiutare .Spero vivamente che possa essere trovata presto una cura che possa farti guarire o ridurre gli effetti debilitanti .Un forte abbraccio.Arcangelo

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    1. Benvenuto sul mio blog, Arcangelo! La medicina fa passi da gigante ogni giorno, purtroppo nel campo della malattie orfane di diagnosi o rare ci sono pochi interessi commerciali, quindi tutto va a rilento... ma mai disperare.
      La fibromialgia è una sindrome ancora oggi troppo spesso minimizzata, per questo cerco sempre di parlarne e sensibilizzare la gente sul tema.
      Un abbraccio!

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  5. "Un giorno alla volta, come sempre" prosegui la tua lotta e trovi la forza di affrontare le difficoltà, nascondendole dietro un sorriso. Cara Romina, tu sei davvero una guerriera, non ti arrendi mai e sai quanto ti ammiro. Un grandissimo abbraccio!

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    1. Grazie, Fabrizia, le tue parole mi commuovono perché sai gran parte della storia e quindi hai un quadro d'insieme molto più dettagliato... cerco di essere sempre forte, ogni tanto è più difficile ma... non mollo!
      Un abbraccio forte!

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  6. Dopo aver toccato con mano la tua forza, non posso che sentirmi piccola piccola. Grazie per ricordarci ciò che vale nella vita. Un abbraccio grande.
    sinforosa

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    1. Non sono minimamente forte come sembro... anzi, adesso tutto mi sembro tranne che forte, ma... diciamo che sono testarda, questo sì. Un abbraccio forte!

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  7. Sono onorato di potermi definire un tuo amico. Non aggiungo altro, un grande abbraccio.
    P.s
    Ti scrivo in prvt nel fine settimana.
    Nick

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    1. Ti mando un forte abbraccio anche io, sperando di poterci rivedere presto.

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