Oggi sono qui per presentarvi un nuovo post di La
biblioteca dimenticata, rubrica fissa sul mio blog curata da
Davide Rigonat, il blogger
che gestisce La casa della
nebbia.
L'elenco dei libri di cui si è occupato nei post precedenti è alla fine
di questo post.
Oggi ci parlerà de Il
paradiso perduto di John Milton
e dell'importanza del poema epico.
Lo ringrazio e gli cedo subito la parola!
Il paradiso perduto di John Milton
Cari
amici,
dopo l’avventura
nel mondo del teatro della scorsa puntata, questa volta voglio parlarvi di un genere che non viene
molto considerato dai lettori moderni (e, a quel che mi risulta,
in particolare dagli under 30): il poema
epico. Come dice la stessa definizione, questo genere consiste in una narrazione in versi (spesso resi
in italiano antico o aulico) che abbia per oggetto le gesta di un eroe che, generalmente, è il
protagonista.
In
Italia, quando si parla di poema, la prima cosa che viene in mente è
quasi sempre La Divina
Commedia.
Se poi ci si aggiunge la parolina epico, ecco che quasi tutti citano
rispondono con prontezza Iliade (di cui tra l’altro vi consiglio la traduzione del Monti
del 1825, magari non perfettamente aderente al testo originale e in certa
misura criticata per le scelte operate, ma assolutamente bellissima ed
evocativa - NdR), Odissea o Eneide. Ciò è ovviamente
frutto in gran parte dei ricordi
scolastici (dove, per fortuna, almeno qualche estratto viene ancora
letto) o, in alcuni casi, della visione di programmi televisivi. Ovviamente di
poemi epici ce ne sono moltissimi altri (Le Guerre
Puniche di Nevio, Orlando furioso di
Ariosto, la Gerusalemme Liberata del Tasso, i poemi della saga di re Artù, la saga di
Gilgamesh, il Canto dei Nibelunghi, ecc. ecc.), e di più di qualcuno,
ripensandoci, quasi tutti abbiamo già sentito parlare. Dal punto di vista di
questa rubrica, però, il punto è un altro: quanti hanno effettivamente letto questi testi? Mmm…
Per
cercare di incuriosirvi e stimolarvi a prendere in considerazione questo genere,
ho scelto di parlarvi de Il Paradiso Perduto di John
Milton,
poema inglese famosissimo soprattutto in patria.
Come
sempre, due parole sull’autore (vi invito comunque a fare una capatina sulla
solita Wikipedia o,
meglio, sul sito
dell’Enciclopedia Treccani): John Milton (Londra, 9 dicembre 1608 – 8
novembre 1674) è stato uno scrittore,
poeta, filosofo, saggista, statista e teologo inglese. Milton
rappresenta uno di quei casi in cui il letterato riesce a partecipare attivamente alla vita del suo tempo, ricoprendo
anche importanti posizioni in campo politico e diplomatico (fu infatti
sostenitore di Cromwell) e spesso intervenendo nel dibattito morale e
religioso.
La
sua opera può essere divisa in due
filoni: nel primo possiamo comprendere le opere letterarie,
nel secondo le opere a carattere
dottrinale e teologico. Nell’ambito di questo filone, cui si dedicò
fino alla morte, basandosi sulle Sacre Scritture arrivò a formulare tesi particolari e per molti versi interessanti, nonché
fortemente critiche rispetto alla tradizione consolidata e in chiaro
odore di arianesimo e di eresia (disconosce per esempio la Trinità,
subordinando il Figlio al Padre, disconosce l’immortalità dell’anima...).
Nell’ambito
delle sue opere letterarie rientra il Paradiso Perduto: pubblicato inizialmente
in 10 volumi nel 1667, venne
poi edito in una seconda edizione di 12 volumi nel 1674. La versione che ho
letto io è quella tradotta da Lazzaro Papi nel 1811, corredata dalle bellissime
incisioni di Gustave Doré (uno dei miei illustratori preferiti, nelle immagini qui sotto).
L'opera,
scritta in versi sciolti, narra la
caduta dell’Uomo dal paradiso terrestre a seguito del peccato originale
commesso da Adamo ed Eva. Il vero protagonista del poema, l’eroe, è
però Satana, l’Angelo
tentatore. La narrazione si apre con Satana e gli altri Angeli ribelli che,
dopo la cacciata dal Paradiso, giacciono soli e storditi all’Inferno,
sprofondati in un lago di fuoco. Satana si riprende e, dopo essersi consultato
con Belzebu, il secondo in potenza dopo di lui, risveglia le sue legioni.
Subito però la situazione si fa confusa e il capo delle schiere infernali deve
usare tutta la sua eloquenza per riportare l’ordine. In particolare, ricorda
loro una profezia che circolava in cielo secondo la quale proprio in quel tempo
avrebbe dovuto essere stato creato un
nuovo mondo abitato da creature inferiori agli angeli. Deciso a
valutare se tramite questa occasione fosse possibile riacquistare il cielo, Satana tiene consiglio con gli altri
demoni all’interno del Pandemonio (il meraviglioso palazzo infernale
realizzato da Mammone – un’invenzione originale di Milton - NdR). Viene decisa
quindi la rovina dell’uomo. Satana in persona si offre volontario per la
missione e, solo, parte verso la
Terra. Comincia a questo punto un viaggio irto di pericoli e di
difficoltà: giunto alle porte dell’Inferno le trova custodite da due mostri, Colpa e Morte, che
solo dopo lunga discussione acconsentono a lasciarlo passare, né meno
difficoltoso è l’attraversamento del Caos che circonda gli inferi. Giunto
infine nel paradiso terrestre e scovati Adamo ed Eva, Satana deve affrontare
una nuova battaglia. Interiore, però. Alla vista di quel paradiso e delle
creature che lo abitano egli è roso dai dubbi e dal rimpianto, alimentato dalla
coscienza della propria caduta. Alla fine però si conferma nelle sue intenzioni
e decide di tentare Eva, la più debole della coppia.
La sua
opera viene però interrotta da Gabriele
che lo scaccia dall’Eden. Dio manda allora un altro arcangelo, Raffaele, a parlare con Adamo.
Questi lo ammonisce sul pericolo che stanno correndo e gli narra la storia
della rivolta di Lucifero e degli altri Angeli ribelli e della loro sconfitta e
cacciata dal cielo ad opera del Figlio di Dio. Così istruito, Adamo torna da
Eva e le raccomanda prudenza. Ella
però resta presto vittima della tentazione di Satana, tornato di
nascosto sulla terra e mutatosi in serpente.
Mangiato il frutto proibito, ne informa Adamo che, per non perderla, sceglie
coscientemente unirsi a lei nel peccato. Saputo della colpa dell’Uomo, Colpa e
Morte decidono di lasciare le porte infernali e, attraversato il caos, giungono
sulla terra e ne contaminano la natura. Satana ritorna trionfante al
Pandemonio, ma la sua gloria ha breve durata, tanto che lui e tutti i suoi seguaci
si ritrovano mutati in serpenti per volere divino. La pena dell’Uomo viene
intanto mitigata dal Figlio che si
offre come sacrificio per la loro salvezza, così che vengono solamente
scacciati dall’Eden, non prima però che Michele abbia mostrato ad Adamo il
futuro della sua razza, dal Diluvio a Mosè, dalla prima alla seconda venuta del
Cristo fino alla redenzione dell’uomo. Così confortati, scortati dai cherubini
guidati da Michele i nostri progenitori si dirigono verso la terra mentre, con
le lacrime agli occhi, a incerti e lenti
passi, dell’Eden pei solinghi campi, tenendosi per man, preser la via.
Dal
punto di vista compositivo, Milton si
richiama spesso ai modelli classici da lui tanto studiati,
riprendendone in vari punti tematiche e struttura. Il poema si apre con l’esposizione del tema e l’invocazione
alla musa, tipica delle opere classiche, e prosegue in un’articolazione
per libri tipica del genere. Milton tenta poi una fusione di tradizioni
classiche, bibliche ed ebraiche: se da una parte procede all’assimilazione
degli dei pagani con i vari seguaci di Satana (Mammona, ad esempio, architetto
celeste e costruttore del pandemonio – nonché demone del profitto –, viene
identificato con Vulcano..), dall’altra utilizza molti dei miti classici inserendoli
in una cornice nuova (il mito di Narciso riferito alla vanità di Eva che si
innamora della sua stessa immagine, i miti relativi ai guardiani delle porte
dell’Ade, ecc. ecc.). Satana poi è un
autentico antesignano dell’eroe romantico ancor oggi molto caro al
nostro immaginario: eroico, combattuto ma determinato al raggiungimento del suo
scopo nonostante le difficoltà. Ai nostri occhi egli appare senz’altro come un
personaggio moderno ed attuale in grado di calamitare la simpatia del lettore. Come hanno rilevato molti critici, anche
Milton, puritano, sembra strizzare l’occhio al suo malvagio personaggio, magari
inconsciamente (e qui potremmo tirare in ballo sia la modificazione del gusto e
del sentire che spesso hanno portato a un’inversione di ruolo tra i personaggi
– si pensi per esempio all’Iliade,
nella quale spicca ai nostri occhi la figura tragica e romantica di Ettore,
uomo che per scelta e per dovere non si tira indietro neppure davanti a morte
certa, ma che agli occhi di Omero era assolutamente secondaria rispetto a
quella di Achille, che incarnava invece l’idea dell’eroe greco e che si
dimostra spesso crudele ed egoista –, sia il fascino del maligno e del
misterioso – che fanno generalmente ritenere ad esempio l’Inferno di Dante
molto più interessante del Paradiso e che, nel Paradiso Perduto, rendono gli ultimi due libri a mio avviso meno
avvincenti degli altri, anche se sempre di grande levatura – NdR). Ricordiamo
infatti che ai suoi occhi lo scopo
del poema non era certo la narrazione delle avventure
di Satana, quanto quella di presentare all’uomo l’enormità della sua caduta e
la grandezza della Provvidenza in cui deve confidare. Gli altri
personaggi, seppur caratterizzati in maniera originale e anticonformista, non
riescono ad eguagliare la grandezza di Satana. Interessante è la sua visione
del rapporto Padre-Figlio: il primo, onnipotente e onnisciente, è rappresentato
come una sorta di entità razionale immateriale capace anche di collera, mentre
il secondo rappresenta il suo braccio, colui che mette in pratica i suoi voleri
ma che ne rappresenta anche la versione buona.
Per
concludere, questo è un libro che vi consiglio sia che siate amanti del genere
o meno. Devo però dire che, almeno per le traduzioni classiche tipo quella che ho io, avere un’infarinatura di cultura classica aiuta moltissimo a
capire certi riferimenti senza dover andare ogni momento a leggersi le note
(quando ci sono… nella mia edizione non ce n’è traccia). Per il resto, si
tratta solo di prendere il ritmo.
Alla
prossima!
Bene.
A questo punto possiamo aprire l’angolo
polemico finale! Abbiamo parlato di poemi epici, scritti cioè dove sono
presenti eroi, esseri leggendari, eventi sovrannaturali, viaggi, storie di
crescita… vi ricorda niente? Non è forse questa l’origine prima di quel filone che, sviluppatosi nel corso
dei secoli, viene oggi catalogato come fantasy?
Ecco che qui l’autore prende in mano una materia ampiamente nota e con il suo
genio riesce a presentarla in un modo nuovo, fresco e potente, senza mai
annoiare il lettore con una sensazione di già sentito o di banale, senza
lasciare in sospeso alcun filo narrativo e senza cadere in alcun cliché. Un po’
tutto il contrario di ciò che accade oggi sempre più spesso con i nuovi autori
italiani e non, e in particolari con quei nuovi
talenti pseudo-fantasy che con ogni
loro libro-clone-del-precedente ridefiniscono
il genere o rivoluzionano il
panorama letterario di settore. Non posso quindi esimermi dal consigliare vivamente a tali
autori la lettura di testi come questo che, oltre a rappresentare la storia del
genere, sono una grande scuola
narrativa. (Dovete sapere che io, che pur sono stato un grande amante
del fantasy, quando leggo un testo pieno di lacune linguistiche, stilistiche,
logiche e di trama mi sento preso per i fondelli, cosa che mi manda in bestia e
mi costringe al sarcasmo. Se sei un autore e ti senti piccato da questa piccola
invettiva – cosa che in realtà già dovrebbe farti capire che probabilmente ci
ho preso –, cerca di passarci sopra e prendilo come un consiglio spassionato.
Seguirlo male non potrà farti di certo - NdR)
Questo testo sembra davvero interessantissimo ed è sfortunatamente molto meno noto di altri poemi epici; per fortuna che c'è Davide! E condivido tutte le sue considerazioni finali sugli autori moderni.
Questo testo sembra davvero interessantissimo ed è sfortunatamente molto meno noto di altri poemi epici; per fortuna che c'è Davide! E condivido tutte le sue considerazioni finali sugli autori moderni.
Lo ringrazio ancora una volta per questo bellissimo articolo.
Di seguito i link a tutti gli altri testi di cui ha parlato Davide:
- "Dafni e Cloe" di Longo Sofista: il più importante romanzo greco
- I libri di Andre Norton: tra fantasy e fantascienza
- "Il Papa" di Giorgio Saviane - Prima parte e Seconda parte
- "Palomar" di Italo Calvino: un viaggio verso la saggezza
- "La vera storia di Ah Q" di Lu Xun: un'ironica ed efficace denuncia sociale
- "Il Conte Lucio" di Giuseppe Marcotti: un romanzo storico tra ipocrisia e corruzione nel 1700
- "Jacques il fatalista" di Denis Diderot - Prima parte e Seconda parte
- "Il grande Meaulnes" di Alain-Fournier: dall'adolescenza all'età adulta
- "Dersu Uzala" di Arsen'ev: l'esploratore e l'uomo della taiga
- "Casa di bambola" di Henrik Ibsen: drammi sociali nel teatro
Hanno parlato di questo articolo:
- "Centomila gavette di ghiaccio" di Giulio Bedeschi: il dovere del ricordo
- "L'immoralista" di André Gide: un sordo e indistinto bisogno di vivere
- "La figlia del Reverendo" di George Orwell: cambiare se stessi e non cambiare niente
- "Inferno" di Johan August Strindberg: tra narrativa e autobiografia
- "Amore" di Inoue Yasushi: viaggio nel mondo interiore dei personaggi
- "La biblioteca dimenticata - Un anno e mezzo di recensioni sparse" di Davide Rigonat - ebook gratuito
- "La biblioteca dimenticata - Due anni di recensioni sparse" di Davide Rigonat - ebook gratuito
L'ho dovuto studiare benne all'università, anche se, incredibilmente, in quattro anni non è mai capitato un solo corso che lo avesse come lettura obbligatoria. Ho sempre avuto il sospetto che i professori stessi volessero evitarlo...
RispondiEliminaChe mistero fitto fitto! Bisognerebbe indagare...
EliminaHa ha ha! Il buon Satàno ci avrà messo lo zampino!
EliminaAvevo sempre sentito parlare di quest'opera, ma in realtà non avevo che una vaga idea della trama... Ti ringrazio per avermela chiarita!
RispondiEliminaOra non ho proprio tempo di leggere, ma più avanti magari potrei provare ad approfondire questa conoscenza.
In futuro... si vedrà!
EliminaNe ho parlato con piacere. Se lo leggerai, facci saperecosa ne pensi!
EliminaLo lessi - in traduzione - a diciotto anni e mi piacque assai: è parecchio che non gli do uno sguardo, forse sarebbe il caso... :)
RispondiEliminaCi sono libri che cambiano in base all'età in cui li leggiamo... chissà se questo è uno di quelli...
EliminaL'ho letto anch'io più o meno a quell'età. Si vede che è l'età più propizia... chissà!
EliminaAnch'io l'ho letta questa magnifica opera e ricordo anche quando: era il 1991. Certo rileggerla adesso, magari in Inglese stavolta, non sarebbe una cattiva idea, ma non so se succederà.
RispondiEliminaTi dirò che il passo che più mi colpì a suo tempo è quello dove Milton cita Urania e Sofia. Lo trovai davvero vertiginoso!
Se la rileggi in inglese, sono curiosa di sapere che cosa ne penserai!
EliminaChe ti devo dire... Milton è stato un grande e il traduttore (almeno quello che ho letto io) è riuscito a non essergli da meno. Punto.
EliminaNon l'ho mai letto, ricordo solo un paio di stralci in inglese (fra cui il discorso di Satana appena precipitato sottoterra). Mi sono più volte ripromesso di leggerlo, ma poi mi sono spostato sulla tradizione classica.
RispondiEliminaNon sono sicuro però di capire il senso della polemica finale. Il fantasy contemporaneo è per lo più plasmato su elementi strutturali derivanti da miti e leggende. Non c'è molto di nuovo e non vuole esserlo, almeno non così nel profondo, perché il mito, essenzialmente, funziona. Le targhette e citazioni su quanto un libro è eccezionale sono decise dall'ufficio marketing, dove lavorano persone che magari l'Epica non la conoscono nemmeno. Però non credo che un autore oggi debba per forza ricominciare da Gilgamesh, a meno che non gli interessi (a me interessa), perché ci sono dei punti di partenza intermedi, che funzionano. Quello che forse tu critichi è lo spirito di emulazione che pervade alcuni esordienti, ma qui, probabilmente, prevale la legge di Sturgeon e non mi preoccuperei troppo.
Io penso che Davide si riferisca soprattutto a chi vuole scrivere fantasy senza averne mai letto uno, ma magari mi sbaglio... ce lo dirà lui.
EliminaCaro Xeno,
Eliminanell'angolino polemico finale ho voluto punzecchiare i "nuovi" orizzonti del fantasy che ci vengono propinati ultimamente, senza peraltro aver alcuna pretesa di venir ascoltato (figuriamoci). Il senso del mo discorso non era tanto che i nuovi autori dovessero per forza rileggersi Gilgamesh e compagnia (cosa che comunque non gli farebbe per nulla male), ma evidenziare come un autore "serio" come Milton, anche quando prende in mano un tema già ampiamente usato e noto (ricordiamoci che ai suoi tempi, ed in particolare nell'ambiente puritano da dove veniva, la storia della caduta di Satana e di quella dell'uomo era arcinota anche a livello di conoscenza della presunta organizzazione celeste e elle schiere infernali, ecc.), riesce a rielaborarla introducendovi elementi di novità spesso "rivoluzionari" che hanno reso la sua opera immortale. Al contrario, molti nuovi autori (spesso senza neppure accorgersene coscientemente!!!) non fanno che riproporre degli schemi e dei personaggi già ampiamente abusati senza alcuno sforzo rinnovatore. Ecco allora che sugli scaffali si moltiplicano cloni dei cloni, sui quali peraltro vengono apposte le famose fascette a prendere per il c*** il lettore.
La lettura di un testo tipo questo, meglio se in una traduzione non attualissima, può far riflettere l'autore sulla reale conoscenza che ha della nostra lingua e del suo corretto utilizzo, ragionando anche sull'etimologia e sul reale significato delle parole (ricordo, molto tempo fa, che un conoscente, saputo che nell'Iliade "sopraggiunge crollando l'elmo Ettorre", l'aveva interpretato nel senso che a Ettore era caduto l'elmo mentre camminava). Nel senso che la stragrande maggioranza dei nuovi fantasy NON sono scritti in italiano, i verbi sono un'opinione superata in vaghezza solo dalla costruzione logica delle frasi. Per non parlare dei frequentissimi fili narrativi buttati lì e poi non chiusi, ecc. ecc.
Insomma, ripeto: a me il fantasy è sempre piaciuto, ma mi rendo anche conto che, nelle declinazioni che ha avuto negli ultimi decenni, possa sembrare un genere "facile" ed abbordabile da chiunque. Basta metterci qualche elfo, un paio di angeli o di vampiri, dividere in raccontino in tre romanzi almeno e il gioco è fatto. E invece non è così.
E con questo chiudo la risposta più lunga e più polemica che abbia mai scritto su un blog.
Bye! :)
Questo è un commento articolato quanto un post! Anzi, sarebbe proprio un bell'argomento per un post... se ti va! E non sei affatto polemico: stai dicendo cose estremamente condivisibili e con grandissima educazione!
EliminaOpera bellissima, scritta in un inglese modellato su modelli latini e italiani, che ne esaltano la musicalità. Per Paradise Lost si può scomodare l'espressione capolavoro assoluto, considerando che lo scrisse completamente cieco, dettandolo.
RispondiEliminaL'ho letto diversi anni fa, e capita che ne rilegga dei brani per gustarne l'epicità. Così come ho letto l'Orlando Furioso, e lo sto rileggendo, tra una cosa e l'altra, perché è un'opera sterminata. Mi manca, purtroppo, la Gerusalemme Liberata del Tasso, per poter fare un confronto, ma rimedierò, e m'incuriosisce Gilgamesh.
Visto che siamo in tema, a chi piace la musica progressive, consiglio l'ascolto di un paio di album dei Symphony X: The Divine Wings of Tragedy, con l'omonima canzone ispirata al Paradiso Perduto, e l'album Paradise Lost, album a tema di ispirazione miltoniana. A basso volume, possibilmente... :D
Ah, il buon Romeo... avevo evitato, però a questo punto, per il piacere di metallari e dintorni non vedo perchè non ricordarci anche dei cari vecchi Paradise Lost (qualcuno si ricorda di album come "Icon"?) che hanno ispirato il loro nome a quello del poema. :)
Elimina@FM: Grazie per i collegamenti musicali!
Elimina@Davide: Vedo che hai colto subito l'aggancio di Fabrizio per rilanciare, eh? Be', un po' di buona musica non ci farà certo male!