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Ormai sono diversi anni che scrivo pochissimo qui sul blog. Mi dispiace davvero molto e vorrei dire che diventerò più solerte ma... so benis...

mercoledì 5 ottobre 2011

"Compromessi"

“Compromessi”: tutti li facciamo, molti lo negano, alcuni ne vanno fieri, ma quando un compromesso finisce di essere una saggia scelta per mediare interessi diversi e diventa qualcos’altro?

È innegabile: la vita è fatta di compromessi. Chi cerca di ottenere tutto quello che vuole senza sentire ragioni finisce presto con lo scontrarsi con la realtà, purtroppo o per fortuna.
Spesso, è proprio dalla mediazione e dal dialogo che escono le idee migliori e, se si è davvero saggi, si finisce per capire che quello che volevamo poteva anche non essere il meglio per noi. A volte, però, un compromesso ci può sembrare una sconfitta o può farci davvero male. Parliamone un po’ partendo dall’aforisma di questo mese.


Il confine tra un compromesso e il vendersi l’anima è troppo nitido per fingere di averlo superato per caso o per errore, ma è troppo confuso per dichiararsi immuni per sempre dal rischio costante di oltrepassarlo.

Come ho già detto, i compromessi sono sicuramente importanti nella vita perché senza non si va proprio da nessuna parte. La diplomazia e la capacità di mediazione sono grandi virtù. Certo, preferiremmo fare di testa nostra, senza limiti e senza censure, ma non dobbiamo comportarci come se il mondo volesse sempre e a ogni costo tarparci le ali. Occorre ragionare e sapere quando è giusto cedere e mediare e quando invece vale la pena di impuntarsi e lottare per far valere le proprie idee. Non tutti i compromessi della vita, infatti, devono essere accettati. Lo so, è una cosa ovvia, ma mi sembra un bel tema su cui riflettere insieme.

Partiamo da alcuni esempi, nel campo dei libri:
  • Seguire le direttive di un editor e cambiare un passo di un nostro libro che a noi sembrava perfetto e che invece risulta contorto è un compromesso (anche se un moto d’orgoglio e l’affetto nei confronti della nostra creatura potrebbero renderlo davvero difficile). 
  • Trasformare un libro impegnato in un romanzetto da spiaggia perché il mercato vuole così è vendersi l’anima e neanche per tanti soldi.

  • Partire dal basso, accettare pubblicazioni minori, seguire progetti praticamente senza avere un contraccambio è un compromesso per farsi conoscere e crescere.
  • Pagare somme stratosferiche, accettare ogni condizione pur di vedere pubblicato il proprio libro, dimenticare il piacere di scrivere è vendersi l’anima e pagare chi ce la compra.

Io ho sempre mal considerato quegli autori che seguono il mercato o vie più o meno illegali per perseguire i loro obiettivi. Io mi sto ancora chiedendo perché la Rowling, che aveva deciso di far morire Harry Potter, ha cambiato idea solo perché i suoi lettori non volevano. Me lo chiederò a vita, anche se capisco le persone affette dalla sindrome “Miseri non deve morire”, attaccati al loro personaggio preferito con le unghie e con i denti. A tutti loro voglio dire: i personaggi sono vivi e, in quanto tali, viene il giorno in cui devono morire, capita, come nella vita, non è mai bello, ma non ci si può fare niente.

Torniamo al nostro discorso principale.
Io nella vita ho fatto tanti compromessi, ho lavorato gratuitamente se necessario, ho accettato consigli e critiche, ho pianto e mi sono disperata per i rifiuti delle case editrici, ma non ho mai escluso nulla priori.
Ho pubblicato due libri con un print on demand (e se non è un compromesso questo!) e all’inizio mi sentivo solo una fallita che ripiegava su strade più semplici. Invece è stato faticoso, ho dovuto lavorare molto ai miei testi ed essere scrittrice, correttrice di bozze, editor, promoter, venditrice ambulante, … e senza tante glorie. I miei libri, però, sono stati letti e apprezzati da molti e io ho diffuso le mie idee e le mie parole. Questo, per me, è un compromesso che ha dato i suoi buoni frutti.   

Non mi sono ancora venduta l’anima e sono abbastanza sicura che non lo farò, ma posso esserne davvero certa? Se si presentasse un’opportunità, riuscirei a rimandarla indietro con un “no, grazie”? Spero di sì, l’ho fatto altre volte e continuerò a farlo con tutta la mia forza, ma non sarà sempre facile, perché del doman non v’è certezza (ci tenevo a fare una citazione dotta dopo un mare di luoghi comuni).

E voi? Avete mai fatto dei compromessi che vi sono costati fatica, ma vi hanno dato delle grandi soddisfazioni? Vi vendereste l’anima a certe condizioni?


Hanno parlato di questo articolo:

5 commenti:

  1. Ho sempre odiato i compromessi e non sono un tipo diplomatico :)

    Riguardo all'editing, non si tratta di compromesso, ma di accettare che un testo può migliorare coi consigli di un editor.
    Anche sul farsi conoscere con autopubblicazioni, ecc.: significa solo diffondere in modo veloce e gratuito il proprio nome.

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  2. Non credo che accettare un editing sia un compromesso, sono ben altri i fallimenti. Poi se ci fai caso lo stesso Conan Doyle fu costretto a far tornare Sherlock Holmes in vita costretto dai lettori.

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  3. @ Daniele: Secondo me l'editing è importantissimo. Ho scritto che è un compromesso, ma non certo in chiave negativa. Ritengo sia necessario ascoltare i consigli di chi può aiutarci a migliorare il nostro lavoro. L'ho considerato un compromesso, perché occorre riconoscere i limiti del proprio scritto e accettare nuovi punti di vista.
    Per quanto riguarda l'autopubblicazione vale lo stesso discorso... la considero un compromesso ma in chiave positiva, una possibilità, e tra l'altro ci sto pensando seriamente per il mio prossimo libro.

    @ Nick: Da quando un compromesso è un fallimento? Questo non era proprio l'intento del post, ma forse non mi sono spiegata bene, visti i vostri commenti... per quanto riguarda Doyle, non lo sapevo, ma si sà: le scelte sono scelte.

    Grazie a entrambi per i vostri interessanti contributi! A presto!

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  4. Una persona intelligente mi ha insegnato che il segnale per capire quanod un compromesso è troppo forte è la rabbia. In effetti è un'idea valida. Quanto a vendersi l'anima, il mio problema è che nessuno se la compera...
    Scherzi a parte, ho già avuto modo di riflettere sull'argomento. Nel mio caso, a me piace scrivere, ma non sono una scrittrice: come dici tu, scriverei per vivere se potessi ma non vivo per scrivere, decisamente. Non mi pronuncio quindi, perché nel mio caso specifico per dieci euro in più potrebbero farne quel che gli pare della roba che scrivo.
    Però sai una cosa? Sto lavorando perché non sia più così. Bel post ;)

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  5. @ Michela: Credo che la rabbia sia un ottimo metodo, hai ragione... Sono sicura che qualcuno la tua anima la comprerebbe, non buttarti giù così! Forse non sei una scrittrice nel mio senso del termine (e io chi sono dopotutto per dettare regole e definizioni?), ma, secondo me, dimostri comunque passione in quello che fai ed è già una cosa davvero importante! Molto dipende da quello che scrivi, come lo scrivi e perché lo scrivi... forse tu riesci a mantenere un distacco dalle tue parole e un po' ti invidio... io, a volte, mi sento quasi "perseguitata" dai miei personaggi, soprattutto quando non ho tempo per scrivere e restano senza un finale. Poi, soffro nel vederli criticati o rifiutati, anche se stimo molto le critiche. Allo stesso tempo, però, è una gioia grandissima vederli vivere e agire, quindi se lavorerai in questo senso, credo che non te ne pentirai! Grazie per il commento!

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