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Ormai sono diversi anni che scrivo pochissimo qui sul blog. Mi dispiace davvero molto e vorrei dire che diventerò più solerte ma... so benis...

domenica 8 luglio 2012

"Note sbagliate": esercizio di scrittura - 10 parole nuove da usare - giugno 2012


Di solito l’appuntamento con il Decanomio fantastico è in un giorno non ben precisato a fine mese, ma in questo afoso luglio ho voluto anticiparlo, perché tra poco ci saranno le iniziative per il compleanno del blog e non volevo troppe sovrapposizioni. Dunque, come ogni mese, vi propongo il mio piccolo esercizio fatto con le dieci parole nuove da usare comparse su “Penna blu” e riferite al mese scorso. 
Come di consueto le dieci parole sono sottolineate e scritte in blu.


Note sbagliate

Il contadino, stanco per il lungo lavoro nei campi, si era ritirato in casa ed era intento nei suoi frastagli: ricavava gambe per un tavolo e le stava decorando negli aspetti più minuti con piccole incisioni floreali, inutili a fini pratici, perché era sempre stato un po’ un artista. Intanto gettava senza pietà alcuni dei trucioli di legno scartati direttamente nel fuoco del piccolo camino sopra al quale cuoceva una brodaglia dal profumo di cavolo.

Nella stanza di fianco la moglie cercava di togliere tutti i cacchilotti che avevano trapassato il corpo di una povera anatra. Mentre lo faceva pensava all’ironia della vita, alla stranezza della sorte: non riusciva a non dispiacersi per la morte di quella creatura, pur sapendo che quella sera la sua dipartita avrebbe sfamato lei, suo marito e i suoi figli.

La figlia, di quindici anni appena, stava nel campo e camminava in ogni andana per controllare che tutte le  piante di pinto stessero crescendo a dovere, senza infastidirsi a vicenda, ognuna nel suo punto preciso. Tutte le verdi sorelle si assomigliavano come gemelle e solo una pianta era piccola e malaticcia. La ragazza fece per strapparla così che non sottraesse inutilmente sostanze al terreno, ma poi si intenerì e la lasciò stare. Un gesto che non avrebbe fatto suo padre e forse nemmeno sua madre, ma lei sì, per pietà o per incapacità di decidere della propria vita e ancor meno di quella altrui!

Suo fratello, di sei anni più grande, giovane uomo nel vigore dei suoi giorni, non sembrava voler partecipare al quadretto bucolico della sua famigliola e passava le giornate a gridare note stonate suonando un dobro. Non usciva mai, a meno che non fosse necessario e inevitabile. Il sole lo infastidiva e poi l’unica compagnia di cui sentiva di aver bisogno era il volo festoso degli uccelli davanti alla sua finestra che si posavano di tanto in tanto sulla catenaria formata dai fili disposti per far asciugare il bucato. Non si era mai dedicato a una visione autoscopica, anche perché si credeva troppo vuoto dentro per non annoiarsi durante la sua stessa analisi.   

Quel giorno però, si sentiva come se qualcosa lo stesse chiamando e così raggiunse il campo di fagioli disposti in file ordinate. Scorrendo con lo sguardo i giovani virgulti, notò subito quello debole e malconcio e si avvicinò. La sorella temette di vedere la povera pianta pesticciata senza motivo e senza pietà. Il giovane accarezzò una delle foglie della piantina e poi la sradicò, ma non per distruggerla.

Entrò in casa, gettando uno sguardo distratto ma altalenante sulla madre e sull’anatra e il suo occhio vitreo di morte, poi prese un bel vaso fatto di chamotte. Non era un vaso da fiori, ma uno di quelli da usare solo nelle rare occasioni in cui si ricevevano ospiti. La donna non rimproverò il figlio, per evitare un suo scatto d’ira e forse perché, in fondo, quel vaso non le era mai piaciuto davvero. Lui riempì il contenitore di salbanda e terra, poi tornò in casa per aggiungerci qualche ritaglio di legno del certosino lavoro del padre, quasi come se stesse componendo un rito ancestrale e mistico. Una volta completato il terreno del vaso, vi ripose la piccola pianta, poi se ne tornò in camera stringendo il suo tesoro tra le mani.

Prima di salire le scale incontrò la sorella che lo aveva seguito per conoscere il destino della piantina.
Lui le sorrise.
La ragazza non l’aveva mai visto incurvare le labbra in tutta la sua vita.
Ricambiò.
Lui salì le scale e si richiuse nella propria stanza.
Pochi istanti dopo la musica usciva nuovamente dalla camera del ragazzo, ma non sembrava più così stonata.


Nella prima versione il testo si chiamava Una strana famiglia, ma poi il finale mi ha invitata a cambiare strada.

Questo esercizio mi piace sempre di più e spero che anche qualcun altro si cimenti. Nel link a inizio post potete trovare la definizione delle dieci parole e l’esercizio svolto da Daniele.
Spero che questo piccolo raccontino vi sia piaciuto, ovviamente ora potete dirmi quello che ne pensate. Ogni critica sarà ben accetta. 




16 commenti:

  1. Brava, hai scritto un poema come al solito vedo ahahah

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    1. Ma sono solo 613 parole (3599 caratteri)! Non è un poema, dai! Be', la sintesi non è mai stata una delle mie doti. La prossima volta quando scrivi le 10 parole indica un limite di battute per svolgere l'esercizio, così mi contengo.

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    2. Ma no, scherzo, usane quante ne vuoi :)

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    3. La prossima volta proverò comunque a essere più breve, ma grazie per questa libertà!

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  2. Io non partecipo, ma ti posso linkare il post su G+?

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    1. Certo che puoi linkare il post su G+! Anzi, grazie mille, sei proprio gentile!

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  3. P. s Mi piace il rapporto tra fratello e sorella nel racconto.

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    1. Diciamo che è fatto di silenzi e di sguardi, però mi piaceva che si intravedesse un legame profondo anche se nascosto.

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  4. Mi hai fatto venir voglia di suonare un po'!
    (Ma quanto a pollice verde, zero.)

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    1. Suona! La musica è una cosa meravigliosa. Che cosa suoni di bello? Io amo molto gli animali ma nella cura delle piante sono abbastanza negata.

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    2. Io sono/ero un bassista e, a tempo perso, so strimpellare un po' con la chitarra. "Strimpellare" è il termine esatto, ma fortunatamente l'accordatore mi evita le stonature!

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    3. Sono sicura che suoni meglio di quanto credi. La musica mi affascina moltissimo, ma so/sapevo suonare solo il flauto dolce e avevo tentato con la pianola ma, senza maestro, ero arrivata a suonare bene con un mano e a non sapere cosa farmene dell'altra (non ho mai studiato gli accordi). E così canto tutto il giorno senza base... adoro cantare, ma non sono brava!

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    4. Facile dirlo a chilometri e chilometri di distanza dalle mie note!

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    5. Su, sono sicuro che canti meglio di quanto credi.

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    6. Grazie per questa fiducia (anche se temo sia malriposta). Chissà se un giorno canterò sul blog!

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