Ecco
il racconto tratto dalle dieci parole nuove da usare
apparse a luglio su “Penna blu”.
Questa
volta ho tentato una cosa folle (per me, ovviamente). Scrivere un racconto con
le dieci parole (indicate come sempre in blu) ma che fosse lungo al massimo 300
parole. Ce l’ho fatta, però è stata una vera sofferenza, lo confesso. Dopo aver scritto il racconto in pochi
minuti, ho impiegato tanto tempo per tagliarlo. Come ricompensa mi sono dunque concessa
un titolo lungo, tanto perché non vi abituiate troppo a una Romina sintetica,
che potreste non rivedere mai più!
Passiamo
subito al breve (questa vola posso dirlo!) racconto.
L’insopportabile felicità dei parassiti socialiEra un bar tranquillo. Uno di quelli dove anche una ragazza per bene come me poteva entrare senza rischio di rovinarsi la reputazione. Le pareti erano ricoperte di boiserie e ciò le rendeva simili a quelle di una baita. Per ingentilire ulteriormente il luogo, sul lungo bancone, c’erano sempre dei fiori. Quella sera notai qualche ramo di flox e delle lisimachie che, soffrendo troppo il caldo di quel periodo estivo, erano ormai compromesse dall’abscissione. In un vaso posto a terra cresceva invece una bella datura dai grandi fiori rosa, incurante del fatto che qualche villano ogni tanto spegnesse una sigaretta tra il pacciame nel suo terreno. Oh, sì, di villani ce n’erano anche lì. E molti. Entravamo e si credevano i padroni de mondo, con i loro ciondoli niellati e i loro drink, a gridare per un rinterzo venuto bene o a fischiare volgarmente per l’entrata di una bella ragazza oppure a esultare per un goal visto al maxischermo. Erano parassiti del mondo, esseri inutili, ma incomprensibilmente (e ingiustamente, ai miei occhi) sempre felici.Non so perché continuassi ad andare lì. Forse per abitudine. Io però ero meno visibile delle piante decorative, meno interessante degli spot pubblicitari. Nessuno mi aveva mai rivolto la parola, salvo il barista per chiedermi cosa volessi bere. Ero meno di un treponema per quella gente, che sicuramente non sapeva nemmeno cosa fosse tale organismo e probabilmente, sentendo quel termine, lo avrebbe scambiato per il nome di una qualche trovata di facebook.Insomma, era tutto come ogni sera o, forse, non proprio tutto. è stata quella sera che ho deciso che li avrei uccisi tutti. Peccato solo che il warfarin non fosse più in commercio, perché avrei tanto desiderato sterminarli con così poco sforzo, quei parassiti sociali, quegli esseri detestabili, rozzi e, per di più, felici.
Ora a voi la terribile sentenza! Non per l’assassina
ovviamente, ma per il mio racconto.
Questa rubrica ormai presente ogni mese da tantissimo
tempo non ha mai avuto una sua data. Prima era a fine mese poi ogni tanto
all’inizio… insomma, ho deciso di stabilizzare questo appuntamento e quindi
resterà il 7 del mese! Spero.
Hanno parlato di questo articolo:
Hai preso la via della sintesi? Brava!
RispondiEliminaDiciamo che ho fatto un tentativo, poi si vedrà! Grazie.
EliminaComplimenti, Romina. Non era facile. Mi ha sorpeso.
RispondiEliminaRaffaella
Grazie! Mi sono sorpresa da sola, sai?
EliminaNon credevo proprio di farcela, anche se per molti scrittori scrivere racconti brevi non è difficile! Daniele Imperi di "Penna blu", per esempio, ne mette uno sul suo blog tutte le domeniche e io mi chiedevo sempre come facesse, per questo ho voluto tentare!