“Vocazione”: aforisma e riflessione sul significato
ampio che do a questo termine.
Il termine vocazione
si presta a diverse interpretazioni, ci avete mai pensato?
Per termine vocazione
in genere si intende:
Chiamata direttamente rivolta dalla divinità a un uomo, perché elegga la vita religiosa o compia opere volute da Dio. Nella teologia cattolica, impulso interiore della grazia che spinge la creatura alla elezione di uno stato sacerdotale, di vita monasticao o di pratica virtuosa eccezionale [dal dizionario Lo Zingarelli 2002]
Questo però è solo uno dei tanti significati riportati
dal dizionario. In verità questo termine ha anche un significato del tutto
laico e sicuramente più ampio, che è quello di cui io voglio parlare oggi.
Inclinazione innata verso un’arte, una disciplina, una professione [dal dizionario Lo Zingarelli 2002].
Quindi si può avere la vocazione di aprire un bar, di
cantare, di costruire case, di acconciare i capelli! Sono tutte vocazioni!
Io ho sempre visto la mia passione per la scrittura come
una vocazione e, da qualche anno, anche quella per l’insegnamento. Molte persone
però considerano eccessivo questo termine, perché lo ritengono strettamente legato
alla sola sfera religiosa. Pertanto una frase come: Scrivere per me è una vocazione assume un significato quasi
blasfemo, che invece non dovrebbe esserci. Mi sono spesso sentita rispondere: Eh, dai, non esagerare!
Inoltre, volendo considerare il termine in un’accezione ancora più ampia, secondo me, anche l’ottica
religiosa può essere estesa. Dopotutto la chiamata di Dio può avvenire sotto
forme molteplici. C’è una ragione per cui veniamo al mondo, una missione che
può non esserci chiara, ma esiste e non per tutti si traduce nella vocazione
alla vita religiosa. Non è di questo però che vi voglio parlare, anche perché
non vorrei camminare su un territorio troppo spinoso.
Questo termine, però, ha sempre avuto un grande fascino
e, indipendentemente da chi crediate provenga la chiamata, il vostro lavoro o
le vostre passioni sono qualcosa a cui forse vi sentite chiamati.
Per me l’insegnamento e la scrittura sono i due campi in
cui sento di poter dare qualcosa di almeno minimamente buono al mondo. Sono le
cose che mi rendono felice e che spero di poter offrire come miei talenti agli
altri. Forse non sarà così o non per entrambe, però procedo a piccoli passi,
testarda come è nella mia indole.
La scrittura (di questa vocazione vi voglio parlare
perché più attinente al tema del blog) ovviamente espone anche a dei rischi,
come ogni altra strana vocazione. Volendo
scrivere si rischia di combattere per inseguire un sogno che potrebbe svanire
prima di essere raggiunto. Quando si crede tanto in qualcosa, quando ci si
spera davvero, si rischia di sacrificare molte altre possibilità, di non vedere
le altre opportunità e poi magari di trovarsi pentiti alla fine.
C’è anche il timore di non essere capiti, di essere
visti come dei folli o dei visionari perché si vede un futuro che potrebbe non
esistere mai e nonostante questo ci sembra l’unico possibile, quello a cui
siamo stati chiamati.
Per questo mi avvio alla conclusione di questa strana
riflessione sul termine vocazione e
sul significato che ha per me, con l’aforisma di questo mese.
Scrivere è una vocazione e come tale va seguita e come tale può condurre al "martirio". Succede, capita, sono incidenti di percorso.
Io sento di dover scrivere. Sinceramente non credo che
un giorno questa mia attività lascerà dei segni profondi in qualcuno o potrà
rappresentare la differenza anche solo per un misero gruppetto di persone.
Tuttavia sto impegnando molto del mio tempo per un sogno probabilmente
irraggiungibile, pronta ad accettare anche un fallimento, ma non una rinuncia.
Anche tutto questo è vocazione.
O testarda convinzione, forse.
E voi cosa pensate di questo termine? Avete sempre
considerato le varie accezioni del dizionario o solo una? Quale? Quali sono le
vostre vocazioni (nel senso inteso da me, quindi molto esteso del termine)?
Insomma, a voi la parola.
Concordo. La parola "vocazione" ha un termine più ampio rispetto a come si intende e non ti preoccupare di quelli che dicono: "Suvvia, non esagerare." Evidentemente non sanno cosa voglia dire sentirsi nati per qualcosa oppure hanno dovuto rinunciare a quella vocazione.
RispondiEliminaNon ti preoccupare e continua così. Non sarà mai un fallimento se segui quello che senti.
Rinunciare a una vocazione è una delle cose più tristi in una vita, spero che non mi capiti mai, ma la strada è in salita! Come dico sempre in casa: "Fino a che riesco a continuare sul mio cammino, vado, quando sarò costretta a rinunciare, ci penserò!".
EliminaE poi ci sono tutte le mie belle frasi che cominciano con "Quando sarò un'insegnante precaria e una scrittrice fallita allora...". Ma questo è un argomento complesso, magari farò un altro post!
Grazie mille per il commento. Ti auguro di poter sempre seguire la tua strada!
La vocazione intesa come "chiamata" esiste sicuramente nella scrittura, il bisogno di scrivere è una chiamata a cui non si può non rispondere. Ti chiama quando sei in mezzo ad altre persone e magari vorresti essere da sola in una stanza a buttar giù quell'immagine o sensazione che ti sta sorvolando la mente e la devi scrivere. Per quanto riguarda il sogno però, lo metterei nel campo dell'ambizione, dei progetti (in senso positivo ovviamente perché senza ambizioni e sogni non si va da nessuna parte) la difficoltà penso che possa essere nella capacità di distinguere tra quando si scrive per "chiamata" o, invece, per il progetto-sogno; con il tempo poi ognuno riesce a capire le proprie motivazioni. Per quanto riguarda le persone che tendono a sminuire le altrui vocazioni, io posso solo dire che il mio primo racconto (quello che hai letto)l'ho scritto di nascosto, nessuno sapeva che stavo scrivendo un libro e, poi scritto, l'ho spedito senza dire niente, questo per evitare i commenti altrui perché la scrittura va difesa e solo io sapevo che lo dovevo scrivere, gli altri non lo potevano sapere. Vedrai che sarai un' insegnante e una scrittrice.
RispondiEliminaTrovo molto interessante la tua scelta di distinguere tra "ambizione" e "vocazione". Secondo me, nel panorama editoriale moderno scrivere per ambizione può essere rischioso. L'ambizione comporta a volte il desiderio di arrivare in alto, per raggiungere magari fama e denaro. Be', non è questo che cerco, non è questo a cui aspiro scrivendo. L'ambizione intesa in modo positivo invece è importante, sono d'accordo.
EliminaLa scrittura chiama sempre e io in genere rispondo. C'è sempre un modo per interrompere un momento una conversazione e appuntarsi un'idea, no?
Anch'io ho scritti i primi libri di nascosto, solo che poi li ho praticamente buttati. Ne ho scritti quattro o cinque prima dei miei due pubblicati. Sono immensamente felice che invece il tuo sia venuto alla luce perché "Volevo solo essere adorata" mi è piaciuto moltissimo.
Grazie mille per il commento!
Secondo me i due significati sono la stessa cosa. Si tratta di una "chiamata" a fare qualcosa. Se la usi in contesti diversi dal sacerdozio è un po' come quando dici che piove sottintendendo Zeus, o chi per lui.
RispondiEliminaDi chiamate l'Eroe ne ha parecchie. Alcune sono false chiamate. A volte il sottoscritto tende a diffidare, magari perdendo una buona occasione.
A volte le chiamate sono insidiose. Ogni vera chiamata ha senso e va seguita, il fatto è che a volte ci sentiamo chiamati a fare qualcosa e invece è solo una scusa che ci inventiamo per giustificare le nostre azioni. Questo però non deve farti diffidare! Segui la strada che senti di dover seguire: da qualche parte ti porterà!
EliminaGrazie per il commento!