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Ormai sono diversi anni che scrivo pochissimo qui sul blog. Mi dispiace davvero molto e vorrei dire che diventerò più solerte ma... so benis...

venerdì 30 novembre 2012

Italo Svevo e "La coscienza di Zeno"

Italo Svevo e “La coscienza di Zeno”: la figura dell’inetto.
  
Italo Svevo non è tra i miei autori preferiti, ho letto solo La coscienza di Zeno, in realtà. Il resto delle mie conoscenze su di lui è mediato da antologie scolastiche, quindi non dalle sue opere. Una cosa però mi ha sempre affascinato di questo autore ed è entrata un po’ anche nel mio modo di concepire i personaggi e la letteratura ed è la figura dell’inetto.


L’inettitudine nelle opere di Svevo
Anche se ho letto solo La coscienza di Zeno, mi sembra interessante raccontarvi un po’ l’evoluzione del concetto di inetto nei tre più celebri romanzi di Italo Svevo.

Già nel suo primo romanzo Una vita, Svevo parla dell’inetto, un personaggio che non è capace di portare a compimento la sua formazione e inserirsi nella società a cui vorrebbe appartenere.
In questo testo, l’inettitudine non è un dato intrinseco al personaggio principale, Alfonso Nitti, ma deriva dal mondo esterno. Le colpe non ricadono su di lui ma sulle condizioni esterne (su una sorta di logica del se, per esempio, se fosse nato altrove, se avessi incontrato persone diverse…).

Il secondo romanzo di Svevo è Senilità. Una persona è senile quando è vecchia, in genere, mentre nel testo è chi è precocemente vecchio e incapace di entusiasmi. Amilio Brentani non incontra gli ostacoli sociali di Nitti, ha una discreta fama e una famiglia affettuosa, però appare come vecchio. L’inettitudine non è dunque più il frutto della società, ma un’attitudine del singolo.

L’evoluzione della figura dell’inetto prosegue con La coscienza di Zeno. Il protagonista è Zeno Cosini.
Zeno Cosini va dallo psicanalista perché lucidamente si sente malato, incapace di vivere. C’è quindi un riconoscimento a priori di essere diverso e inetto. La guerra gli fa comprendere che non è solo lui a essere malato, ma che tutti lo sono, che persino l’universo e il mondo sono malati perché inquinati dall’uomo. Cambia quindi la prospettiva con cui guardare all’inetto. Se tutti sono malati allora chi ne è consapevole è più fortunato degli altri, per questo Zeno interrompe la terapia e decide di non voler più guarire (perché solo la malattia può dargli consapevolezza). 

L’uomo abbozzo
Da ciò deriva la teoria dell’uomo abbozzo. Secondo Svevo, infatti, ogni organismo ben sviluppato arresta la sua crescita. Giunto al suo massimo sviluppo può solo perdere forza e contaminarsi. Si salva dunque solo ogni essere vivente (vegetale, animale o umano) che ha appena cominciato la sua evoluzione. L’uomo abbozzo è meno capace dell’uomo completo, ma trattiene in sé la potenzialità di evolversi con tutte le possibilità che ciò porta con sé.

I nomi
I nomi per Svevo non sono mai casuali. Zeno deriva dal greco estraneo e poi c’è quel Cosini che potrebbe essere interpretato come estraneo alle cose  o lui è cosa da poco.
Forse perfino quel dottor S. vuole essere un richiamo a Sigmund Freud?
Anche Italo Svevo è solo uno pseudonimo, scelto proprio per il suo significato, che voleva racchiudere le origini di questo autore (padre tedesco e madre italiana). Il vero nome dell’autore è Aron Hector Schmitz (italianizzato come Ettore Schmitz).

Personaggi inattendibili e inaffidabili
Il libro La coscienza di Zeno è molto particolare per diversi motivi. Presenta per esempio sia una prefazione sia un preambolo (sdoppiamento della fase proemiale) in cui il Dottor S. e Zeno si dimostrano inattendibili e inaffidabili. Il Dottor S. viola il segreto professionale rivelando dei testi scritti dal suo paziente come parte della cura per vendicarsi della sua decisione di interrompere la cura. Zeno sembra incapace di dire la verità anche parlando di se stesso. Tra i due c’è un rapporto di reciproca diffidenza e sfiducia che sembra contagiare il lettore.

La psicanalisi
Il motivo principale per cui La coscienza di Zeno  è diventato famoso è stato l’uso letterario della psicanalisi. Svevo infatti ha percepito subito che questa scienza poteva essere usata fruttuosamente nella narrativa. L’opera è del 1923 e non ha avuto subito successo. È innovativa e non segue lo sviluppo di una trama, ma è articolato per vari temi così come si presentano nella memoria di Zeno. Svevo è un uomo dalla vita tranquilla, lavora in banca e poi in un’industria. Il successo lo raggiunge solo nel 1925 e prima di questo momento vive con grande turbamento la scarsità di consenso della critica e del pubblico.

Conclusione
La coscienza di Zeno è il libro che rende la psicanalisi un argomento anche letterario, è un libro diviso a temi ed è il testo in cui si configura l’ultimo stadio dell’evoluzione della figura di inetto nella concezione sveviana. 

10 commenti:

  1. Non conoscevo la teoria dell'uomo abbozzo, c'è sempre qualcosa da imparare da queste parti! Se ti interessa la figura dell'inetto ti consiglio, nel caso non lo avessi letto, Il Soccombente di Thomas Bernhard; più che un soccombente-inetto mi sembra che sia (l'ho letto tantissimi anni fa) un soccombente-rinunciatario.

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    1. La teoria dell'uomo abbozzo l'ho scoperta anch'io pochi mesi fa, però mi ha proprio colpita. Ho inserito il tuo suggerimento di lettura nel mio elenco di libri da leggere. Grazie mille!

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  2. Svevo vogliamo ricordarlo così: il primo uomo a morire in un incidente stradale (che sfiga)

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    1. Non sapevo che fosse stato il primo! Che sfortuna davvero!

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  3. Gran bel libro. Ci costringe a scoprire il bugiardo che c'è in ognuno di noi (o forse questo è l'effetto che ha fatto a me e lo somatizzo immaginando che anche gli altri siano bugiardi come me...)

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    1. Tutti mentiamo agli altri e soprattutto a noi stessi. Non lo facciamo di proposito. Si tratta solo di un meccanismo di difesa della nostra mente, secondo me. Non sempre siamo pronti per la verità. E non si tratta di essere codardi, ma di proteggersi in qualche modo. Quando poi si è pronti a capire, si capisce. Si trova consapevolezza e si procede verso nuovi lidi.

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  4. Sento un'affinità, dato che Xeno e Zeno hanno la stessa origine. Il libro mi piacque molto a suo tempo. Come nel tuo caso, è l'unico suo libro che ho letto.

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    1. A che cosa sei estraneo, dunque? Ah!

      Allora non sono l'unica ad aver letto solo un libro di Svevo... vuol dire che abbiamo altri bei libri da leggere!

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    2. Ci sono un'infinità di autori meritevoli di cui ho letto solo un libro... e di altri di cui non ne ho letto nessuno... a cui sono estraneo, no? ^^

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    3. Eh, già! Allora anch'io sono "estranea" a molti... dovrò cambiare nome? Ah ah ah!

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