Tra le figure
retoriche di suono, esistono l’allitterazione e l’onomatopee che utilizzano
i suoni in modo diverso per creare effetti differenti, tessendo però sempre un
legame fonetico tra referente e significante, ma procediamo per gradi…
L’allitterazione
L’allitterazione
è una figura retorica che consiste nella ripetizione di una lettera, di una
sillaba o di un suono in parole successive. Esalta rapporti fonetici con le
parole. Il termine deriva dal latino adlitterare
(allineare le lettere).
Si parla di allitterazione
per consonanza quando viene ripetuta una consonante, mentre si chiama allitterazione per assonanza
quella ottenuta dalla ripetizione di una vocale.
In base alle lettere con le quali si compone
l’allitterazione crea effetti differenti. L’effetto di un’allitterazione con un
suono secco è diversa rispetto a una con consonanti dal suono più dolce. Questo
è ovvio se si tiene conto che scopo dell’allitterazione è proprio basarsi sulla
ripetizione di un suono per creare effetti sonori particolari e che quindi non
vengono scelti a caso, ma in modo da suscitare sensazioni precise.
Vediamo un esempio, in Tuono di Giovanni Pascoli,
il verso di apertura presenta un’allitterazione per consonanza in n.
E nella notte nera
come il nulla,
[…]
L’onomatopea
L’onomatopea è
una figura retorica che riproduce il suono o il rumore associato a un oggetto o
a un soggetto a cui si vuol far riferimento attraverso un procedimento tipico
del fonosimbolismo.
In genere si definiscono onomatopee primarie
quelle che servono per evocare un suono, un verso, un rumore, uno strumento
musicale… e non hanno un loro significato (es. miao). Il significato* in questi casi è assente e può trattarsi della
trascrizione di un suono (il significante* rimanda direttamente al referente*)
che è comunque ottenuto mediante i fonemi di un sistema linguistico.
*Il significante
riguarda l’aspetto formale (suono e
realizzazione grafica della parola o
della frase). Per esempio zebra (inteso
come somma dei grafemi z-e-b-r-a).
Il significato
corrisponde all’immagine concettuale che
si associa a una parola. Per esempio, leggendo zebra, si pensa al significato, cioè all’equide striato.
Il referente
è l’oggetto concreto a cui la parola
si riferisce. Per esempio, quella zebra di cui si sta parlando.
Una grande quantità di onomatopee primarie è presente in
La
fontana malata di Aldo Palazzeschi.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchette,
chchch...
[…]
Da queste onomatopee derivano le onomatopee secondarie o
artificiali che sono anche portatrici di un significato (es.
miagolare). In questo caso, l’onomatopea
è una parola che fa parte di un sistema linguistico, quindi ha un significante
e un significato. Il rimando a un referente (che in questo caso è un suono)
viene mediato dal significato della parola.
Conclusione
Le allitterazioni
creano degli effetti di suono ripetendo delle lettere più volte in modo
ravvicinato. Le onomatopee invece riproducono tale suono per iscritto o tramite
trascrizione oppure creando vere e proprie parole.
Oh, Palazzeschi! :D
RispondiEliminaL'onomatopea è spesso usata involontariamente, in modo istintivo. Ci sono lingue, per esempio l'inglese, che hanno una struttura perfetta per inglobare le onomatopee (e non solo). Per esempio, "meow" (miao) diventa "to meow" (miagolare), senza troppi giri. L'allitterazione, invece, è più ricercata. Può venirti involontaria, ma solitamente uno come il Pascoli ne va alla ricerca per dare forza a un verso che gli sta a cuore. Vale però anche l'inverso: quando è involontaria, può esserci il bisogno di procedere all'opposto e togliere qualche ripetizione.
La vita del poeta è assai difficile.
Le onomatopee dei fumetti, per esempio, spesso vengono direttamente dai verbi inglese, quindi è vero ciò che dici sul fatto che in inglese non servono giri di parole.
EliminaL'allitterazione a volte viene spontanea e a volte no. Dato che allitterazioni con lettere diverse danno effetti diversi, è sempre bene rimuovere le allitterazioni spontanee che danno effetti contrari al significato che si vuole dare al testo, altrimenti si forma un contrasto che stride. Se si fa un'allitterazione in "l", per esempio, ma il verso vuole esprimere qualcosa di rude l'effetto può non essere dei migliori.
Concordo, vita dura per i poeti!
L'allitterazione, nella prosa, la trovo quasi fastidiosa. Ma ovviamente trattasi di mio modestissimo parere e gusto che può essere o non essere condiviso.
RispondiEliminaDipende da come viene usata e soprattutto da quanto! Se in eccesso, diventa fastidiosa, è vero!
EliminaMi interessa molto il tuo parere!
a volte a scuola ci dicevano che suoni troppo simili e vicini potevano produrre delle cacofonie. Quando accade ciò?
RispondiEliminaLa tua è una bellissima domanda!
Elimina"Cacofonia", significa "suono cattivo", si ha quando una frase risulta sgradevole per la continua ripetizione di sillabe uguali o simili.
L'allitterazione ripete più volte dei suoni per enfatizzarli, ma se ciò crea un effetto poco orecchiabile forse si può parlare di una sorta di cacofonia.
In genere però la cacofonia si riferisce a delle sillabe (non lettere). Per esempio: "Allegra, allegramente grata del grazie gradito, terminò il suo grande silenzio".
Quel "gra" ripetuto è ridondante e stona, quindi si parla di cacofonia (è un temine usato anche in musica tra l'altro).
Un caso abbastanza diffuso di cacofonia si ottiene con troppi avverbi in "-mente".
Per esempio: "Attentamente e abilmente prese a lavorare. Alacremente continuava senza pensare mai seriamente alla fine che avrebbe dovuto bramare incessantemente".
Non so se mi sono spiegata bene, in caso, chiedi! Hai fatto bene a porre la domanda perché è facile confondere i termini.
Quell'"Allegra ecc..." potrebbe essere benissimo uno scioglilingua. Di solito si usano a teatro non solo per scandire bene le parole, ma anche come esercizio per usare il suo. Infatti quell'Allegra ecc... lo si potrebbe dire con un tono scoppiettante e leggero.
EliminaGli scioglilingua sono volutamente cacofonici, perché ciò li rende difficili da pronunciare. Prima o poi un corso di teatro lo voglio fare anch'io!
Elimina"schiocchi di merli, frusci di serpi."
RispondiEliminada Meriggiare pallido e assorto di Montale, un vero re dell'allitterazione.
Questa invece è allitterazione e onomatopea:
"Che fai? Che pensi? Ed a chi mai chi parla?
Chi e che cerececè d'augel distinguo,"
dal (Sonetto del che fare e che pensare) che cita in modo geniale CCLXXIII di Petrarca.
dimenticavo di dire che quest'ultimo è del grande Andrea Zanzotto.
EliminaBellissimi esempi e di due eccelsi poeti. Grazie mille!
Eliminaschifoso
RispondiEliminaMi dispiace che il post non ti sia piaciuto, però se mi dici cosa non ti è chiaro o cosa non ti convince, magari posso provare a spiegarti l'argomento in modo diverso.
EliminaUn commento davvero simpatico, oltre che pieno di squisita retorica e argomenti validi a sostenerlo.
EliminaLa libertà di espressione è un diritto a cui tengo molto. Anonimo può dire quello che vuole, l'importante è che mantenga toni adeguati al contesto e finora direi che non è stato eccessivo, quindi va benissimo così.
EliminaOk. Però se argomentasse le sue opinioni farebbe una figura migliore. Ovvio che si può essere in disaccordo su un argomento.
RispondiEliminaSu questo sono d'accordo, magari tornerà a spiegarci.
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