Le prime letterature in italiano
In questo viaggio nelle origini dell'italiano abbiamo
visto che esso deriva
dal latino volgare e siamo andati a ricercare i documenti
che segnano un punto di svolta per la nascita della nostra bellissima lingua.
Da quei documenti in poi ci sono stati vari testi in
volgari molto diversi. Non esiste
ancora l'italiano per come lo intendiamo oggi
e soprattutto manca una varietà dominante, per questo tardano a
nascere le prime letterature in italiano.
I poeti
siculo-toscani e Federico II
La prima
stagione della letteratura italiana vede i suoi natali alla corte di Palermo di
Federico II nel primo cinquantennio del 1200. I testi di questi poeti
siciliani (come Giacomo da Lentini) sono arrivati a noi però tramite una traduzione
in toscano, hanno cioè subito un processo
di toscanizzazione. Per questo spesso si parla di poeti siculo-toscani (i toscani traducevano in toscano i
poeti siciliani). Le fonti arrivate fino
a noi in siciliano colto sono davvero pochissime (si trova qualcosa del poeta Stefano
Protonotaro).
La Toscana e il
Dolce Stinovo
Quando muore Federico II (nel 1250) il nucleo della letteratura si sposta dalla Sicilia alla Toscana
(qualcosa sorge anche in altre zone d'Italia, ma sarà la Toscana il fulcro del
periodo successivo).
Alla fine del Duecento tanti poeti scrivono in toscano da
Guido Guinizzelli (anche se è
bolognese) a Guido Cavalcanti
al notissimo Dante Alighieri.
È in questo periodo che nasce il Dolce Stilnovo. Il termine viene usato per la prima volta
nella Divina Commedia da Dante anche
se probabilmente si riferiva al suo stile e non a un'esperienza di gruppo, dato
che tra i tre scrittori non ci fu
comunione d'intenti.
Le Tre Corone del
Trecento
Dante (1265-1321)
è ancora in vita quanto vengono al mondo
anche Petrarca (1304-1374) e Boccaccio (1313-1375). I tre
verranno in seguito definiti Le tre Corone del Trecento.
Anche Petrarca e Boccaccio sono fiorentini (anche se il
primo nasce ad Arezzo e il secondo non si sa) e già alla fine del '200 si
assiste a una convergenza sull'uso
del fiorentino. Dante invece nel suo De Vulgari Eloquentia
si scaglia contro tutti i volgari
locali, compreso il fiorentino. Dante si riferisce però non alla lingua
della scrittura in generale bensì a quella della poesia lirica. Sostiene
infatti che per la poesia lirica non
vanno bene i volgari locali ma serve un volgare illustre. Egli usa
spesso il volgare fiorentino, ma in questo trattato sostiene che per la poesia
lirica è indispensabile qualcosa di diverso. Questo è un punto importante visto
che in seguito Machiavelli, non capendo questa distinzione, accuserà Dante di
incoerenza. La Commedia è scritta in
fiorentino e con inserti in varie lingue, ma ciò non entra in contrasto con il
pensiero di Dante nel De Vulgari
Eloquentia in cui si riferiva solo a
opere di stile tragico o lirico.
Alla ricerca di
modelli
Di certo le tre
opere fondamentali della letteratura trecentesca (che segnano la
maggior fioritura del volgare fiorentino trecentesco) appartengono a Dante (La
Divina Commedia), Petrarca (Rerum vulgarium fragmenta,
meglio noto come Il Canzoniere) e Boccaccio
(Il
Decameron).
L'opera di
Petrarca diventerà il modello per la poesia, mentre quella di Boccaccio per la
prosa. Questi due testi sono potuti diventare dei modelli perché si
avevano i manoscritti d'autore
che consentivano di avere la certezza sull'uso linguistico di questi due
autori, cosa che non si poteva dire per il testo dantesco che è arrivato a noi
tramite ricostruzione di storici a partire da vari documenti.
Nella prossima
puntata…
Nel prossimo post della rubrica attraverseremo il periodo
dell'Umanesimo per vedere i nuovi
dibattiti sull'uso del latino e del volgare e ci avvicineremo alla questione della lingua.
Intanto per oggi credo di avervi raccontato abbastanza.
Se avete domande, curiosità o dubbi, largo ai commenti.
Hanno parlato di questo articolo:
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Uh, questa volta qualcosa sapevo anch'io! :D
RispondiEliminaMa che l'origine fosse stata in Sicilia, lo ammetto, assolutamente no. Come nemmeno che l'opera dantesca fosse una ricostruzione degli storici!
Bravissima Romina. Aspetto la prossima puntata. ;) :)
Spero non ci siano errori, ovviamente se avete qualcosa da smentire, correggetemi. Io mi rifaccio a quello che ho imparato durante il corso di Linguistica Italiana.
EliminaBe', suppongo che abbiano ben studiato la cosa. Avranno saputo quello che t'insegnavano. ;)
EliminaSì, sì, credo di sì!
EliminaRicordo di aver studiato un po' tutti i passaggi intermedi. C'erano per esempio i trovatori in langue d'oc, che in area genovese composero canzoni in provenzale e volgare, anche alternando le lingue nello stesso brano (c'era un esempio, che adesso non ricordo). Fra l'altro, rileggendo sul libro, fu proprio alla corte di Federico II che si impose il "divorzio" tra poesia e musica. Ora però smetto, se no passo la giornata a rileggere gli appunti!
RispondiEliminaNella prima bozza del post parlavo un pochino anche del provenzale e della lingua d'oc, poi ho tagliato... non volevo divagare troppo perdendomi anche in terra francese.
EliminaSei stato contagiato dalla passione per la storia della lingua italiana, molto bene!
Romina, bellissimo post! Vien voglia di recuperare la Divina Commedia che langue sotto una coltre di polvere da qualche parte... :)
RispondiEliminaE perché no? Leggere la Divina Commedia è sempre molto suggestivo.
EliminaUn post davvero interessante. Brava Romina!
RispondiEliminaGrazie, Valentina!
EliminaOttimo post! Prima o pi devo leggermi l'intero Decamerone!
RispondiEliminaIo non l'ho mai letto tutto. Conosco alcune novelle, ma non tutte.
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