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Ormai sono diversi anni che scrivo pochissimo qui sul blog. Mi dispiace davvero molto e vorrei dire che diventerò più solerte ma... so benis...

venerdì 20 settembre 2013

Ironia, sarcasmo e antifrasi

Ironia, sarcasmo e antifrasi: dire il contrario di ciò che si vuol dire.



Nel post di oggi voglio parlarvi di ironia, sarcasmo e antifrasi, tre figure retoriche che vengono spesso confuse tra loro. Be', devo ammettere che è facilissimo confonderle, ma spero di riuscire comunque a fare un po' di chiarezza.


Ironia
L'ironia ha come scopo il riso. In letteratura l'ironia è una figura retorica in cui vi è un'incongruità oppure un'involontaria connessione con il vero, che va al di là del semplice ed evidente significato della parola. La forma ironica della similitudine, del sarcasmo o della litote può includere l'enfasi di un significato mediante l'uso deliberato di una locuzione che afferma l'esatto opposto della verità per enfatizzarla.

Esistono varie tipologie di ironia:
  • L'ironia interpersonale o sociale è un'etero-ironia, si tratta di ironizzare su qualcosa o su qualcuno nel momento in cui se ne parla (è quindi legata a una situazione, è efficace solo in funzione al contesto in cui si fa e all'argomento considerato).
  • L'ironia psicologica indaga il comportamento umano ed è in parte auto-ironia perché pone problemi che riguardano la mente umana in generale (quindi anche la psicanalisi). Si tratta di analizzare un soggetto per vedere in quali circostanze diventa comico, il fine però scientifico e non è quello di indurre al riso ma sensibilizzare alle problematiche connesse alla psiche.
  • L'ironia filosofica concerne il rapporto dell'uomo con la realtà extra-umana. È spesso autoironia, perché il soggetto che fa ironia è anche oggetto della stessa. In alcuni casi consiste nel far intendere una cosa mediante una frase di senso esattamente opposto.
  • L'ironia socratica è quella di Socrate che si mostra ignorante in ogni questione per far sì che l'interlocutore giustifichi nei dettagli la sua posizione, così da trovare da solo le risposte alle proprie domande. 

Sarcasmo
Il sarcasmo è una figura retorica che consiste in una forma pungente e amara di ironia, che ha lo scopo di schernire o umiliare qualcuno o qualcosa.
Nel sarcasmo può essere importante l'intonazione della voce nell'enfatizzare parole o parti.
Il sarcasmo consiste nel fingere di prendere seriamente in considerazione un'affermazione ritenuta sbagliata per sottolinearne l'avversità.
Il termine sarcasmo deriva dal latino e significa mordersi le labbra per la rabbia. In origine deriva da sarx (carne) e letteralmente si potrebbe tradurre come tagliare un pezzo di carne da qualcuno.

Per fare ulteriore chiarezza, vediamo cosa non è il sarcasmo.
Il sarcasmo:
  • Non è ironia (non sono sinonimi!) che è lo stravolgimento del significato letterale delle parole (affermare qualcosa per intendere il suo contrario), invece il sarcasmo ha in sé l'intento volontariamente beffardo (quindi è possibile essere ironici senza essere sarcastici e viceversa, dipende dall'intenzione.
  • Non è cinismo, perché esso è caratterizzato da una visione nichilistica della vita e delle persone, mentre il sarcasmo può avere connotazione positiva.
  • Non è satira che è una palese presa in giro, mentre il sarcasmo si svela solo alla fine del discorso.
A differenza del cinismo, della satira e dell'ironia, il sarcasmo non può essere decontestualizzato e in genere ha senso in forma orale. In forma scritta è difficile rendere il sarcasmo, a volte si usano le virgolette o le parole in corsivo, magari una emoticon (solo se il contesto è molto informale).


Antifrasi
L'antifrasi (dal greco contro locuzione) è una figura retorica per cui il significato di una parola o di una frase risulta opposto a quello che assume normalmente.

Si tratta di una forma di ironia, che viene disambiguata dal contesto. Non si tratta però della stessa cosa, l'ironia ha una particolare intonazione che ne segnala l'intento, mentre il rovesciamento dell'antifrasi è tutto relativo al campo semantico (può manifestarsi anche con un'unica parola).

L'antifrasi è spesso usata in narrativa. È un espediente molto amato da Alessandro Manzoni, come in questo passo del capitolo XI de I Promessi Sposi in cui si parla di Don Rodrigo.
Ogni tanto si fermava, tendeva l'orecchio, guardava dalle fessure dell'imposte intarlate, pieno d'impazienza e non privo d'inquietudine, non solo per l'incertezza della riuscita, ma anche per le conseguenze possibili; perché era la più grossa e la più arrischiata a cui il brav'uomo avesse ancor messo mano. 

Ci sono poi esempi di opere interamente basate su questi meccanismi. Un caso esemplare è dato da Il giorno, poema satirico di Giuseppe Parini. Vi riporto qui solo alcuni versi:

[…] Allora il buon villan sorge dal caro
letto cui la fedel sposa, e i minori
suoi figlioletti intepidìr la notte;
poi sul collo recando i sacri arnesi
che prima ritrovâr Cerere, e Pale,
va col bue lento innanzi al campo, e scuote
lungo il picciol sentier da’ curvi rami
il rugiadoso umor che, quasi gemma,
i nascenti del sol raggi rifrange.
[…]
A voi celeste prole, a voi concilio
di Semidei terreni altro concesse
Giove benigno: e con altr’arti e leggi
per novo calle a me convien guidarvi. […]

La descrizione di Parini della nobiltà in modo minuzioso e quasi lodante serve proprio a far capire quando sia una vita inutile, mediante l'antifrasi.

Se l'antifrasi coinvolge la voce narrante, crea un effetto di straniamento (il lettore si trova immerso in un'ottica ideologica normalmente critica dal senso comune).

Conclusione
Ho cercato di fare un po' di chiarezza tra questi tre termini, però devo ammettere che le distinzioni sono davvero sottili. Spero che il discorso sia stato almeno moderatamente chiaro.


E, se avete domande, ovviamente, proverò a rispondervi.



20 commenti:

  1. Interessante. Ma se io dico "Qui in ufficio non ci si annoia mai" (per sottolineare il fatto che ci si ammazza di lavoro) cosa ho utilizzato? Non è ironia, quindi non può essere che sarcasmo, no?

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    1. Di fatto non affermi il contrario di ciò che vuoi intendere (non ci si annoia perché ci si ammazza di lavoro). Secondo me non si tratta di nessuna delle tre. Forse con il tono giusto è una frase un po' cinica (ma deve essere proprio detta per lo scopo di esserlo), mentre con un tono normale potrebbe essere una sorta di "attenuazione" o allusione, magari leggermente velata di ironia.

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    2. In realtà, Tom, non è possibile rispondere alla tua domanda perchè mancano dei dati fondamentali.
      Se la frase è detta ad alta voce, dipende dal tono.
      Se la frase è scritta, dipende dal contesto.
      Inoltre non è detto che sia ironia o sarcasmo, ma una semplice constatazione veritiera. Tu parti con l'idea che sia ironia o sarcasmo perchè l'hai già contestualizzata, ma è un contesto noto solo a te.

      Marco Lazzara

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    3. E io, non avendo il contesto, ho cercato di inserire alcune variabili (un po' quelle di cui parli tu). Ora vediamo se TOM ci dà altri dettagli...

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    4. La frase che avevo in mente dovrebbe essere detta ad alta voce, con tono volutamente ironico (o sarcastico?). E' un modo, se vogliamo, di non dire esattamente la verità ma di lasciarla intuire.

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    5. Allora, direi proprio che è un'allusione.

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  2. Io una domanda ce l'avrei, e anche abbastanza imbarazzante: come si pronuncia antifrasi? Giuro che non lo so :-(
    Dove deve cadere l'accento? Sulla seconda sillaba?

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    1. Perché dovrebbe essere una domanda imbarazzate? Anzi, almeno non mi metti in difficoltà perché qui la risposta è certa e non devo fare ipotesi. L'accento è proprio sulla seconda sillaba (antìfrasi).

      Grazie a entrambi per le domande.

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    2. Seconda sillaba?! Semmai sulla terzultima vocale, e quindi è una parola sdrucciola.

      Marco Lazzara

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    3. Si parla anche di "sillaba tonica", non è un errore. Si può parlare della vocale accentata o della sillaba su cui cade l'accento. In questo caso l'accento è sulla terzultima vocale, quindi la sillaba tonica è la seconda, che possiamo anche definire terzultima, se vogliamo evidenziare che la parola è sdrucciola.

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    4. OK, avevo sempre sentito che il conteggio partiva da destra a sinistra.

      M.L.

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    5. Sì, sì, in genere si parte da destra per poi classificare le parole in tronche, piane, sdrucciole, bisdrucciole...

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  3. Io mi ricordo dell'ironia studiata con Pirandello e la signora tutta imbellettata. La definiva il sentimento del contrario.
    Una cosa che sto notando (e ho visto che non sono la sola) è che si fa sempre ironia su ogni cosa.
    Ed è talmente usata che ormai uno non capisce se sta dicendo quello che vuol dire oppure lo fa ironicamente.

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    1. Probabilmente ti stai riferendo all'umorismo. Pirandello infatti distingueva il comico dall'umorismo.

      Sì, l'ironia ormai dilaga... io ammetto di usarla spessissimo!

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  4. C'è in effetti chi ritiene che ironia e sarcasmo siano la stessa cosa. Mi è piaciuto come hai messo insieme queste tre figure. Mi spiace di non aver nulla di particolarmente ironico o antifrastico da aggiungere.

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    1. Non è stato un post facile. Volevo evidenziare le differenze, ma sono piuttosto sottili...

      Non serve aggiungere altro!

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  5. Nonostante tu sia stata molto chiara, mi sento ancora confusa... Ho dei problemi a distinguere del tutto sarcasmo ed ironia, dato che possono venire usati assieme. E poi ci sono più forme d'ironia di quelle che pensavo, anche se penso di averle usate tutte... :/

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    1. In un estremo tentativo di sintesi, posso spiegarti la differenza così: l'ironia vuol divertire, il sarcasmo vuol ferire.
      Però capisco non sia semplice (né talvolta possibile) distinguere le due figure.

      La distinzione tra i diversi tipi di ironia serviva a rendere la complessità del tema. Di fatto è più che altro un gioco di nomenclature (di solito non mi metto a catalogare le mie frasi ironiche in base alle tipologie esistenti).

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    2. Sì, be'... Inizierei a preoccuparmi se tu lo facessi! :D
      Comunque ottimo, se la vedo così le distinguo molto meglio. :)

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    3. Chi mi conosce nella vita reale potrebbe temere: non si sa mai quanto posso diventare pignola (non c'è limite al peggio).

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