Scrivere un dialogo: tra
narrativa e teatro
Nonostante il mio distacco,
fin troppo programmato e crudo dalla scrittura, fin troppo spesso mi trovo qui
a parlare
di altri campi in cui la scrittura torna a fare capolino nella mia vita.
Non molto tempo fa abbiamo parlato di scrittura
per il teatro e in
particolare di monologhi. Oggi voglio approfondire il tema sotto un altro
punto di vista: i dialoghi.
Scrivere
monologhi per la narrativa o per il teatro
Quando scrivevo, avevo sempre qualche problema con i dialoghi,
soprattutto con le parole da aggiungere dopo ogni intervento dei personaggi.
Tutti quei disse, affermò, chiese,
esplicitò… insomma, non mi sono mai andati del tutto a genio.
Al momento però una
delle cose che scrivo più spesso sono proprio dialoghi, anche se me ne
sono resa conto solo di recente. Letteralmente
Sparlando è un buon esempio di rubrica che mi impone di scrivere
dialoghi. Scrivere un dialogo, però, con
l'intento di recitarlo, è molto diverso che scriverlo per farlo leggere,
perché le indicazioni per le intonazioni vengono scritte in modo differenze,
anche quando hanno la stessa intenzione
comunicativa.
Ritengo però che la mia scrittura si stia avvicinando
sempre di più al mondo del teatro, alla voglia
di dare voce al testo più che inchiostro. Nonostante alcuni recenti
eventi che mi hanno fatto venire decisamente voglia di abbandonare una strada
che si presenta ancora più in salita di tutte quelle che ho già percorso (e io
sono un po' stanca, lo ammetto, di cose difficili).
Un esempio (#1):
un dialogo banale
Prendiamo un esempio per far capire cosa succede a un dialogo narrativo per diventare un dialogo da
recitare (almeno quando ci sto lavorando io).
Partiamo da un banalissimo dialogo da triste serie
televisiva di bassa lega (perché la creatività oggi sembra andata in lidi
lontani, scusate, sarà la febbre).
«Non riesco più a crederti, mi dispiace» disse Anna, ormai sconsolata.«La verità è che non mi ami più» replicò, seccato, Matteo.«Forse è così» ribatté lei, con un misto di rabbia e delusione.«Allora non ha senso parlarne ancora, mi pare».
Questo dialogo, che potreste trovare in un romanzetto
rosa poco interessante presenta il classico problema delle frasette dopo ogni stringa di dialogo: noiose da scrivere e… da leggere!
Un esempio (#2):
adattamento per lettura teatrale
Vediamo un mio possibile
adattamento per una lettura teatrale del dialogo precedente
A [sconsolata] - Non riesco più a crederti, [sospiro] mi dispiace.
M [seccato] - La verità è che non mi ami più.
A [rabbia + delusione] Forse è così.
M [freddo]Allora non ha senso parlarne ancora, [volta la testa] mi pare.
Questo, ovviamente, se
posso agire sul testo: spesso
devo leggere ciò che c'è scritto, quindi, pur esprimendo con la voce le
intonazioni sono comunque obbligata a leggere le parti che invece qui avete
visto sparire.
Ovviamente la
preparazione di una lettura teatrale va ben oltre la scrittura delle
intonazioni o delle intenzioni comunicative. Infatti, ogni testo che
preparo per una lettura teatrale, indipendentemente dalla presenza o meno di
dialoghi, subisce poi altre fasi:
- Indicazione delle pause (brevissime, brevi, medie, lunghe, molto lunghe) (e a volte di cambi di volume o rapidità di lettura)
- Segnalazione delle parole da enfatizzare
- Studio della dizione del testo.
Di queste tre fasi però magari parleremo un'altra volta.
Oggi voglio concentrarmi sui dialoghi.
Anche se qui la differenza non è così abissale, quando
si scrive un dialogo per essere letto occorre essere molto più precisi sulle intenzionalità emotive di ciò che si sta
dicendo. Se poi lo scopo è la recitazione vera e propria, allora ci devono
essere anche tutte le
indicazioni delle azioni che
rendono una partitura teatrale completa e chiara per gli attori.
Un esempio (#3): un
dialogo narrativo più ricco
Ho sempre
scritto dialoghi vedendo i personaggi in scena, anche quando scrivevo
narrativa. I miei personaggi non sono mai
stati personaggi di carta: sono sempre stati vivi, attori. Li mettevo
in scena e stavo a vedere. Dedicarmi a scritture più uditive-visive mi consente di enfatizzare ancora di più questo
aspetto, sicuramente andando però a perdere
qualcos'altro, come per esempio le parti narrative tra una battuta di dialogo e
l'altra, o l'arricchimento della sintassi del testo, perché il dialogo
iniziale, se avessi voluto scriverlo per un libro, l'avrei sicuramente
arricchito un po' (anche se il testo di base non consente di trarne certo un
capolavoro… ahaha!).
«Non riesco più a crederti, mi dispiace» disse Anna, ormai sconsolata.
I suoi occhi erano spenti e inerti, come candele alla fine di una funzione.
«La verità è che non mi ami più» replicò, seccato, Matteo, che, attaccato, non seppe far altro che ferire a sua volta.
«Forse è così» ribatté lei, mischiando rabbia e delusione come colori su una tavolozza.
«Allora non ha senso parlarne ancora, mi pare».
Quando si voltò e se ne andò, Anna nemmeno provò a fermarlo: era finita, davvero finita, quella volta.
Conclusione
Scrivere un
dialogo in un racconto, a mio avviso, deve limitare al minimo l'uso di
banali pezzi di frase messi solo per far capire chi sta parlando e come e arricchire il dialogo di parti aggiuntive
(senza esagerare però, perché il rischio è di spezzare troppo lo scambio
tra i personaggi) per creare atmosfera. Scrivere
un dialogo per il teatro non consente di sbizzarrirsi in descrizioni,
metafore o figure retoriche, ma spinge
a prestare grande attenzione alle intonazioni, le emozioni e i movimenti.
E voi? Cosa ne pensate?
Per quanto riguarda i "disse", Nabokov rivela che Tolstoj usa sempre "disse" per introdurre il parlato dei suoi personaggi. Poi, intervengono i traduttori che odiano le ripetizioni e piazzano "interloquì", "mormorò", "replicò" eccetera eccetera.
RispondiEliminaI dialoghi sono difficili. Spesso sono usati per fornire al lettore elementi quali l'età dei personaggi, indicazioni sullo stipendio, il lavoro che svolgono. Insomma, si crede che servano a illustrare cosa combinino i personaggi, mentre il loro ruolo è di spingere in avanti l'azione, svelare la natura di chi parla e il mistero che racchiude. Ma non è semplice da spiegare...
I dialoghi con infodump fatti male sono i peggiori di tutti: a volte si fanno dire cose ai personaggi solo per non scriverle nelle parti narrate e l'effetto è sempre estraniante (per esempio, "Perché Tizio dice questa cosa a Caio che sicuramente la sa già?"... tanto vale che la dica il narratore al lettore, no?).
EliminaSono d'accordo con te: il dialogo deve essere azione.
A me piace molto scrivere dialoghi e nei miei libri occupano di solito almeno il 90% dello spazio. Ho provato anche a fare a meno delle legature, ma ho scoperto che non sono abbastanza bravo per toglierle del tutto e ne devo mettere come minimo due per pagina, altrimenti qualche lettore si perde...
RispondiEliminaMi piacerebbe anche provare a lavorare sui dialoghi tra tre personaggi, che sono molto più complicati.
Sicuramente gli interventi per dire chi sta parlando si possono ridurre, ma non eliminare del tutto, soprattutto in presenza di più di due personaggi.
EliminaHo visto anche alcuni scrittori usare diversi tipi di virgolette per i vari personaggi, ma io sono abbastanza contraria a questo tipo d'uso della punteggiatura.
Eccomi, dialoghista e monologhista (si dice?), giacché tutto è cominciato per me in un corso di Drammaturgia.
RispondiEliminaIl mio impatto con il testo teatrale è stato una vera e propria rivelazione. Stranamente, io che provenivo dall'esperienza di aver scritto un romanzo e diversi brevi racconti - dopo essere passata dal fumetto - mi trovai nel mio elemento con la drammaturgia, e scrissi una commedia che fu per altro rappresentata da attori professionisti in un noto teatro romano.
Ho intenzione di scrivere in modo approfondito sulla mia esperienza di scrittrice di testi teatrali. Lo farò certamente una delle prossime settimane nel mio blog (grazie per l'idea, che indirettamente mi dai).
Comunemente prediligo i dialoghi brevi e incisivi, sia nella narrativa che in teatro. Due campi estremamente diversi ma che hanno alcuni aspetti in comune.
Leggerò i tuoi post con grande interesse: è un campo nuovo per me e ho tutto da imparare.
EliminaTu invece hai già dei buonissimi precedenti!