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Ormai sono diversi anni che scrivo pochissimo qui sul blog. Mi dispiace davvero molto e vorrei dire che diventerò più solerte ma... so benis...

sabato 22 ottobre 2011

"Una "mano" sulla spalla": esercizio di scrittura - 10 parole nuove da usare - ottobre 2011

Come il mese scorso, ho deciso di sfruttare le "10 parole nuove da usare" del post dell'ultimo giovedì del mese del blog "Penna blu" per fare l'esercizio di scrittura che ho chiamato il "decanomio fantastico".
Le parole sono quelle sottolineate e scritte in blu e al link qui sopra potete trovare una breve definizione per ognuna nonché leggere gli esercizi già svolti da altri "colleghi" sempre con queste parole.

Questo è il mio testo. Spero vi piaccia!

Una "mano" sulla spalla
Era solo. Solo come non era mai stato in tutta la sua vita. Eppure proprio la ricerca della solitudine l’aveva spinto a prendere il mare ormai quindici anni prima, quando era solo un ragazzino che nulla sapeva della vita e delle sue logiche.
A obbligarlo a partire era stato quell’amore spezzato, quella ragazza uccisa da un male rapido e implacabile. Quando la terra era ricaduta pesante sulla sua bara, lui era partito, senza l'intento di andare in nessun luogo, semplicemente per allontanarsi da lì, dove perfino negli alberi vedeva il volto della sua amata e il vento gli cantava continuamente il suo nome. Era partito come mozzo su una barca che pescava al largo e aveva fatto carriera, ma la cosa che più gli importava era la solitudine che gli offriva il mare nel silenzio delle notti in cui il tagliamare fendeva l’acqua che si increspava appena. Da pochi giorni, però, era rimasto solo davvero: il suo equipaggio se l’era portato via la trichinella contratta mangiando carne mal cotta su un’isola semideserta.
L’uomo non era mai ritornato a casa e, in quel momento, in quella solitudine così piena e assoluta, era certo che sarebbe morto in quell’oceano sconfinato. In qualche modo sapeva che non avrebbe più avuto la possibilità di calpestare la terra nativa e di piangere sulla tomba dell’unica donna che aveva amato, dove l’eupatoria e l’idraste, che lei in vita usava per preparare le medicine, forse, ora sorvegliavano il suo eterno sonno.
L’uomo (perso e non solo nei suoi pensieri) veleggiava tra le onde, senza più sapere dove fosse. Le mappe, ingiallite dal tempo, erano ormai impossibili da consultare e lui aveva smarrito definitivamente quel poco di voglia di vivere che gli era rimasta attaccata alle ossa fino a quel momento. Si aggirava nel veliero come un fantasma: era ormai alla soglia della pazzia, in quel silenzio senza fine, in quel mare senza limiti, in quell’angoscia senza tregua. Gli sembrava di essere un modiglione troppo stanco per continuare a sostenere il peso che i costruttori gli avevano posto al di sopra, ma, allo stesso tempo, troppo orgoglioso per lasciarsi cadere. E, infatti, resisteva, tenace e cocciuto, non con l’intento di salvarsi, ma solo con la voglia di risvegliarsi il giorno dopo per poter vedere ancora una volta il cielo e il suo splendore, per non abbandonare la barca che aveva costruito pezzo dopo pezzo, trave dopo trave.  
In preda alla disperazione, ogni tanto sfiorava un tenone, con la stessa delicatezza di un padre che accarezza il figlio appena nato, e ricordava con gioia e rammarico il momento preciso in cui aveva eseguito la mortasatura per inserirlo al suo posto. Poi, appoggiava una mano sulla galloccia ormai stanca di reggere funi, come avrebbe potuto fare con la spalla di un amico pieno di problemi, e pareva quasi consolarla e farle forza. Chi, però, avrebbe fatto forza a lui? Chi l’avrebbe accarezzato o gli avrebbe messo una mano sulla spalla?
Un giorno, improvvisamente si alzò dal mare un rallo incutendogli uno strano timore, perché la calura di quella giornata estiva lo dipingeva ai suoi occhi con un qualcosa di accipitrale e, soprattutto, perché non era certo un uccello che era facile vedere in mare aperto. L’uomo era ormai allo stremo, quando una brezza leggera gli coccolò il viso, unico gesto d’amore di una natura crudele che gli aveva portato via tutto e ora veniva a chiedergli perfino la vita. Il rallo si mise a volare verso di lui e l’uomo, d’istinto, si coprì il volto credendo che l’uccello l’avrebbe colpito come un avvoltoio troppo impaziente per aspettare che la morte gli preparasse una mensa adeguata. Il volatile, invece, si posò con delicatezza sulla spalla dell’uomo morente che, non sentendosi più solo, era ormai pronto per abbandonare la vita. D’improvviso si accasciò sul ponte mentre il vento soffiava nelle vele la sua canzone eterna. Il rallo, nonostante difficilmente gli uccelli e soprattutto quelli della sua specie sostassero a lungo così lontano dalla terra ferma, rimase di vedetta al cadavere dell’uomo per giorni fino a che morì di fame, al suo fianco. Anche la trichinella, infine, si spense, avendo ucciso l’uomo che l’aveva ospitata e la morte divenne l’unica, sola e indiscussa proprietaria del veliero.  
Questo mese è stato un po' più difficile fare l'esercizio, perché molte delle parole erano dei tecnicismi settoriali davvero complessi. In più c'era il problema di riunire in un solo testo dei termini nautici, il nome di due piante e quello di un uccello che non vive in alto mare. Insoma, mi sono dovuta documentare un po', ma credo che il risultato sia abbastanza soddisfacente. Che ne dite?
Se avete voglia di fare l'esercizio, potete postarlo qui sotto oppure nel blog "Penna Blu". Io trovo che sia davvero bello vedere come le stesse dieci parole portino persone diverse a scrivere storie davvero diverse.

Se questo mio testo vi è piaciuto, potete leggere anche quello del mese scorso: La samblana
E tra un mese, un nuovo testo, perché la saga del "decanominio fantastico" continua!

9 commenti:

  1. Molto bello, da una sensazione di decadenza autunnale che crea una bella atmosfera.

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  2. @ Nick: Grazie! Sono contenta che il racconto ti sia piaciuto.
    Tu non ti cimenti in questo esercizio? Siamo ancora in pochi, ma, secondo me, sarà un fenomeno in espansione!
    Grazie ancora!

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  3. Anche gli "esercizi di scrittura"? :) Complimenti...

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  4. @ Michela: Grazie... speriamo che questi esercizi mi aiutino a migliorare il mio stile e a spaziare un po' in generi diversi. Intanto mi diverto tantissimo, che non è poco!

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  5. Romina, ma hai scritto un romanzo :D

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  6. @ Daniele: Lo so, un po' sembra lungo per via dell'impaginazione... e un po' è lungo perché sono logorroica! Non c'era un limite di parole, però, per fare l'esercizio... Sono solo poco più di 700 parole! Insomma: cerco di giustificarmi! Se l'unica cosa che hai notato è la lunghezza del testo, devo dedurre che il contenuto non ti sia piaciuto molto? Mi dispiace... cercherò di diventare più breve in questo genere di esercizi oppure li userò per scrivere un romanzo!

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  7. No, il contenuto è buono, anche se ci sono diverse cose che ti segnalerei sul testo :D

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  8. @ Daniele: Sicuramente è un testo che va revisionato e limato. Non è sicuramente pronto per essere pubblicato in un libro, l'ho scritto solo come esercizio e magari per sviluppare in seguito una storia più complessa (anche perché il mio tempo "libero" a disposizioneda dedicare alla scrittura in questo periodo è davvero pochissimo). Se, però, hai delle cose da segnalare, ti prego di segnalarmele! Le critiche costruttive sono l'unico pane che può farmi crescere. Se non vuoi farlo sul blog, puoi sempre scrivermi a tamerici.libri@libero.it
    Sarebbe davvero importante per me vedere in cosa posso migliorare questa prima stesura.
    Grazie in anticipo in ogni caso!

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  9. Ho apportato alcune modifiche al testo seguendo i consigli di Daniele! Ogni critica e commento ovviamente sono sempre ben accetti!

    @ Daniele: Ti ho risposto via mail, comunque, ovviamente, grazie mille!

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