Oggi è la giornata mondiale della fibromialgia e, puntuale, ecco un post dedicato sul mio blog, come è ormai consuetudine, anche se, non so se lo farò di nuovo il prossimo anno e forse ne capirete le ragioni in questo post (poi, oh, cambio idea ogni cinque minuti quindi… magari l’anno prossimo ne scriverò due, chi lo sa).
Inizialmente in questo post volevo parlare di quanto la
fibromialgia fosse una diagnosi prima difficilissima da ottenere (nel
senso che servivano anni prima che un medico la nominasse, anche solo!) e ora
invece è una cosa che al primo dolore ogni medico (e persino
cassiera del supermercato, non sto scherzando) è pronta a decretare come certa.
Volevo parlare di quanto è stato difficile per me
quando mi hanno fatto la diagnosi di sospetta fibromialgia e di quanto avessi
bisogno di confermare quella diagnosi per non sentirmi più dare della
pazza o dell’ipocondriaca.
Volevo parlare di come invece è stato poi quel sospetto
mai confermato la mia fortuna: di come mi ha spinto a
continuare a cercare le mie risposte.
Volevo parlare di come la sindrome fibromialgica
finisca invece per molte persone per essere il punto di arrivo, impedendo
così ai malati dice cercare le patologie sottostanti… mentre dovrebbe
essere un diritto di tutti cercare le proprie risposte.