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giovedì 30 gennaio 2014

Italiano neostandard

La rubrica Storia dell'italiano si è formalmente conclusa il mese scorso. Abbiamo assistito alla nascita dell'italiano a partire dal latino volgare, passando per i primi documenti scritti in italiano e le prime letterature. Abbiamo fatto un tuffo nel periodo dell'Umanesimo per poi affrontare la questione della lingua. Infine abbiamo visto la nascita dell'Accademia della Crusca e del lessico scientifico e il delicato passaggio che dall'unità politica ha condotto a quella linguistica.
Di fatto abbiamo visto nascere l'italiano e per questo la rubrica poteva dirsi conclusa, ma ho deciso di aggiungere un ultimo post per parlare un po' delle tendenze più recenti.

Dell'italiano neostandard avevo già parlato un po' nel post sul che polivalente, ma qui cercherò di fare qualche riflessione in più.


Processo di ristandardizzazione
Possiamo considerare italiano contemporaneo quello che si è evoluto negli ultimi cinquanta anni in seguito all'effettiva unificazione linguistica. Se dagli anni '50 circa, esisteva uno standard, be', ovviamente non è rimasto immutato finora, perché ogni lingua si modifica in seguito all'uso, soprattutto orale.
Già negli anni '80 ci si interrogava sulla nuova varietà di italiano.

Francesco Sabatini, per esempio, presidente dell'Accademia della Crusca, nel 1985, scrive un saggio intitolato L'italiano dell'uso medio, dando così un nome alla nuova varietà di italiano che si differenzia dallo standard ufficiale perché ricettiva di tratti tipici del parlato.

La definizione più nota però si deve a Gaetano Berruto che nel 1987 scrive Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo in cui definisce il nuovo italiano, italiano neostandard,  cioè uno standard nuovo rispetto a quello di prima.

Passiamo ora a vedere alcuni dei tratti principali dell'italiano neostandard

Tratti tipici dell'italiano neostandard a livello fono-morfologico
  • Assenza di distinzioni tra vocali aperte e chiuse: tale distinzione è effettiva solo in poche zone (per esempio è d'uso attuale tra i parlanti toscani), mentre altrove non si distinguono la e e la o aperte e chiuse (es. pèsca e pésca). È un tratto neostandard, perché prima si imponeva a tutti di distinguere gli accenti (cosa che non si faceva, soprattutto tra i parlanti comuni). Oggi la distinzione resta necessaria solo per alcune categorie lavorative (es. attori, speaker...). 
  • Assenza di distinzioni tra s sorda o sonora: anche in questo caso prima le grammatiche imponevano la distinzione.
  • Cambiamento nell'uso delle consonanti epententiche (nello scritto): le d eufoniche, come vi ho già spiegato, oggi tendono a venire usate solo  in presenza di iato omovocalico (quindi si dice ad andare ma e andare).
  • Tendenziale diminuzione nell'uso scritto dell'elisione e del troncamento (es. dire una avventura al posto di un'avventura, ora accettato, mentre prima non si faceva).
  • Passaggio dal che cosa? al cosa? (forma settentrionale) o la che? (forma meridionale) nelle domande.
  • Passaggio da quale a che come aggettivo interrogativo.
  • Uso di come mai? al posto di perché?
  • Concordanza senso tra un soggetto e il suo predicato quando il soggetto è un nome singolare con significato collettivo, solo se è seguito da un partitivo (es. Un sacco di persone pensano che…). In assenza del partitivo la forma è fortemente substandard.
  • Ristrutturazione del sistema dei pronomi: non si distingue più in maniera vincolante tra soggetti (egli, ella) e oggetti (lui, lei), usando prevalentemente gli oggetti; sempre più spesso i soggetti vengono sottintesi invece che essere espressi con il pronome.
  • Ristrutturazione delle forme atone del dativo di terza persona: il pronome gli (forma atona di a lui) viene usato al posto di a loro (l'uso di gli  al posto di le rimane invece substandard).
  • Alternanza delle forme di cortesia: ora la deissi sociale si esprime nella coppia tu/lei ed è meno frequente la coppia tu/voi.
  • Uso del ci al posto del vi (ormai considerato tratto arcaizzante).


Tratti tipici dell'italiano neostandard a livello morfosintattico
  • Uso del presente al posto del futuro semplice.
  • Uso del passato prossimo al nord anche per parlare di un passato lontano e del passato remoto al sud anche per parlare di un passato recente.
  • Uso modale dell'imperfetto indicativo: come attenuativo (es. Volevo parlarti), nel periodo ipotetico dell'irrealtà al posto di congiuntivo e condizionale (es. Se arrivavo prima, non perdevo il treno), al posto del condizionale con senso di controfattualità (es. Te lo portavo io, se mi avvertivi), nell'imperfetto ludico (es. Facciamo che io ero il principe e tu arrivavi…).
  • Minore uso del congiuntivo nelle subordinate.
  • Calo nel parlato dell'uso del passivo.
  • Abbondanza di forme stare + gerundio (es. Sto mangiando al posto di Mangio).


Tratti tipici dell'italiano neostandard a livello di sintassi dell'informazione
  • Tendenza al calo delle subordinante.
  • Diminuzione del numero di subordinatori (si tende a usarne pochi sempre uguali).
  • Frequente uso di dato che, visto che.
  • Uso del che polivalente: trovate tutte le specifiche nel post.
  • Uso maggiore di strutture di sintassi marcata: dislocazioni a destra e a sinistra, tema sospeso, c'è presentativo, frase scissa.


Conclusione
Come avete visto il post è ricco di link a tanti argomenti che ho già affrontato. Mi sembrava bello però fare qui un elenco sintetico e il più possibile completo. Ovviamente non potevo ripetere tutto per ogni argomento, altrimenti avrei scritto un libro di linguistica, quindi vi invito ad andare a leggere ciò che più vi interessa.

Questa volta concludo davvero la rubrica, salvo vostre ulteriori richieste. Sull'italiano c'è ancora tanto da dire, quindi chissà… ma dal prossimo mese ci sarà una nuova rubrica molto particolare e di argomento del tutto diverso, quindi state all'erta!



6 commenti:

  1. Risposte
    1. Grazie! In realtà gli appunti del corso di linguistica italiana mi sono venuti in grande aiuto! Ho solo fatto una sintesi.

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  2. Sicuramente molto interessante. A suo tempo studiai un po' linguistica e la trovai una materia affascinante proprio perché permette di analizzare l'evoluzione della lingua anche a livello parlato e il suo progressivo distaccarsi da alcune forme codificate che lentamente diventano arcaiche.

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    1. A mio avviso è una materia straordinaria: complessa ma interessantissima.

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  3. L'italiano, una lingua in continuo divenire, e forse è proprio questa la sua forza e la sua bellezza.

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    1. Alcuni cambiamenti mi lasciano un po' perplessa, ma solo le lingue morte non cambiano mai e, per fortuna, l'italiano è una lingua vivissima!

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