“Grida e parole”: una riflessione sulla ragione, forse inconscia, per cui molti scrivono.
Gli scrittori sono spesso incompresi… quelli fortunati sono geni incompresi! Resta il fatto che spesso il mondo fatica a capirli. Lo scrittore è un essere sfuggente, che sta tra la gente ma sempre con una sorta di distacco per essere pronto a cogliere ogni gesto, ogni frase, ogni barlume di ispirazione e, poi, passa le sue ore in solitudine, chino sulla tastiera di un computer o su un bianco foglio di carta… e la domanda della gente (sempre se non ha veduto milioni di copie ed è ricco da far paura) è: ma chi glielo fa fare?
Scrivere per uno scrittore è un bisogno, l’ho gridato così tante volte che sono stanca di sentirmelo dire, quindi cercherò di non ripetermi, ma perché è un bisogno? Come comincia tutto?
Chi fa lo scrittore diventa una persona incompresa o una persona incompresa è più propensa a divenire scrittore? Sì, lo so, è un po’ come la storia dell’uovo e la gallina… chi è nato prima? Non so voi, ma io vivo felice anche senza saperlo, però, se lo potessi sapere, mi piacerebbe e lo stesso vale per questo dilemma.
Nel tentativo di risolvere questa annosa questione partirò dall’aforisma di questo mese:
Il mondo non ode le grida di chi vuol essere ascoltato, ma, a volte, accetta di leggere le sue parole.
Secondo me, le persone incomprese hanno molte probabilità di divenire scrittori, per questo esistono tanti scrittori che sono incompresi.
Io ho passato molti anni della mia vita a sentirmi esclusa dai gruppi, rinnegata dai coetanei, non compresa dagli adulti e gridavo, gridavo perché qualcuno mi ascoltasse e per sentirmi meglio, ma poi ho capito che non si può gridare per sempre perché prima o poi ti viene il mal di gola o il mal di testa e allora resti in silenzio un momento e ti accorgi che ti senti nello stesso modo, né meglio né peggio. Allora smetti di gridare per sempre, ma non per questo non hai più niente da dire e quindi cominci a scrivere nel silenzio di una stanza dove ti senti al sicuro. Poi, pian piano, fai leggere i tuoi testi a qualcuno ed ecco che finalmente ti ascoltano o, meglio, ti leggono, trovano il tempo, la forza e il coraggio. E non importa se quello che scrivi è una fiaba, un racconto o un romanzo, una parte di te entra nel mondo e trova il suo posto e da lì anche tu pian piano scopri il tuo posto… eri uno scrittore e non lo sapevi, dunque soffrivi perché non si può fingere di essere qualcosa di diverso da ciò che si è.
Eri una persona incompresa ora sei uno scrittore, ma puoi essere davvero certo di non esserlo sempre stato?
Ovviamente mi scuso con tutti gli scrittori pienamente integrati nella vita sociale, felici e ottimisti fino al midollo e con tutti gli incompresi della terra che odiano anche solo il pensiero di dover scrivere un bigliettino di auguri. Si sa, al mondo non si può mai generalizzare e ogni affermazione ha le sue mille eccezioni!
Condivido, perché anche io sono sempre stato incompreso, estraniato dal resto, al di fuori del coro, dei gruppi e delle masse. Quando scrivo, qualsiasi cosa, anche per il blog, sono a casa mia. La scrittura - e la lettura anche - sono la mia migliore compagnia, in un mondo che non ho mai compreso, perché si muove oltre i limiti della mia logica.
RispondiEliminaCiao Romina,
RispondiEliminaforse io esco un po' dai canoni dello scrittore.
Non credo di essere mai stata un'incompresa, ho sempre gridato e combattuto per le mie idee.
La mia indole da orso scrittore esce solo nei momenti in cui decido di scrivere, così mi estraneo dal mondo.
Quando esco dalla tana però, divento altamente socievole.
Forse ho una doppia personalità.
@Daniele: Anch'io quando scrivo mi sento a casa... è come se il mondo per un po' decidesse di apparirmi sotto un'altra luce: le paure spariscono, la vita appare logica, i dubbi sembrano lontani, ... il problema è che un libro (scritto o letto) bisogna prima o poi chiuderlo e tornare alla realtà, al mondo che intanto è andato avanti senza di noi. Per questo finito un libro ne comincio subito un altro o ne scrivo più di uno insieme, così resto sospesa nel mio mondo per più tempo possibile. La logica del mondo reale è oscura anche a me certe volte. Spesso si dice "puoi parlare del mondo o farne parte"... non so se sia un vero out-out, ma, a volte, mi sembra proprio di sì...
RispondiElimina@Lisa: Non so se il tuo sia un caso di doppia personalità... anch'io però quando sono in pubblico tendo a parlare con tutti, a fidarmi troppo, ad aiutare il più possibile, a confrontarmi. Parlo in pubblico senza problemi, faccio spettacoli per bambini, interviste, non ho timore nello stare con la gente, ma molto spesso non sono davvero io, non sono me stessa pienamente: sono una persona migliore, integrata e socievole, forse una me che avrei potuto essere, ma che non sono fino in fondo... Non so se sono stata chiara. Forse il tuo caso è diverso, magari tu sei socevole e diventi un po' orsa solo per avere la tranquillità necessaria per scrivere, chi lo sa!
Grazie a entrambi per i bellissimi commenti. L'argomento di questo post mi sta particolarmente a cuore e mi fa piacere scambiare opinioni con voi!
Io penso di essere a mezza strada tra la posizione di Daniele e di quella di Lisa, mi sono sentito incompreso ma ho combattuto per le battaglie che ritenevo giuste. Mi sono estraniato in alcuni momenti mentre in altri ero in prima fila. Scrivere per me è un bisogno,una maniera di mettere nero su bianco i miei pensieri. Non saprei neanche dire se lo faccio per me o per essere letto e considerato.
RispondiEliminaSo solo che è una cosa che fa parte della mia vita e senza di questa magnifica sensazione sarebbe tutto più grigio.
@Nick: Come dicevano gli antichi "la virtù sta nel mezzo"! Scrivi allora che oggi ne hai bisogno! Ho visto il tuo post di oggi... scrivi, se ti fa vedere il mondo un po' meno grigio! Non ho ancora commentato, perché certe volte non ci sono parole e preferisco non parlare di cose di cui non so molto! Grazie per essere passato di qui in questa piovosa giornata!
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