Vi ricordate un mio post sul congiuntivo e i suoi nuovi usi di pochi giorni fa? Nei commenti, la discussione si era in breve spostata sul condizionale e su un uso di quel modo verbale che io ignoravo del tutto. Avevo espresso il desiderio di saperne di più e qualcuno ha risposto all’appello. Marco Stabile ha preparato questo post per voi e per me, per noi, e quindi non vi tedio con lunghe introduzioni, ma lascio subito a lui la parola, ringraziandolo di cuore per il magnifico lavoro e la sua disponibilità.
Ecco il primo guest post che compare sul mio blog!
Significato e usi del modo condizionale
Jacques Monod, nel suo capolavoro di divulgazione scientifica “Il caso e la necessità”, esordisce mettendo in luce come sia difficile definire che cosa è “vita” in maniera univoca e oggettiva. Per spiegare la difficoltà, introduce un ipotetico visitatore marziano, lasciando intendere che potrebbe avere un’esperienza che lo porta a escludere dalla sua concezione di “vita” gli esseri umani!
Questo ragionamento si applica tanto alla biologia quanto alla grammatica, dove l’uso discende dal significato. Ce ne rendiamo conto tanto più quando scopriamo contesti storico-geografici dove i modi o i tempi verbali sono intesi in modo leggermente diverso dal nostro, e l’uso nella lingua è modificato di conseguenza.
Naturalmente, escluse le lingue morte, vale anche il viceversa: l’uso della lingua influisce sul significato.
Il condizionale
Il modo condizionale è presente in molte lingue moderne. Tuttavia i romani non lo usavano e i greci, per quanto avessero un modo che esprimeva desiderio e possibilità, l’ottativo, avevano delle strane idee riguardo alla morfologia del verbo. Il modo ottativo si traduce con l’indicativo o con il congiuntivo, a seconda dell’utilizzo, ed è stato assorbito in latino nel modo congiuntivo.
Senza ravanare troppo a fondo nel passato, sappiamo che in inglese si adopera la forma would seguito da infinito. Molto spesso, per adattare la frase al significato italiano, la traduzione letterale non basta e occorre modificare la frase. «Prenderei del caffè» diventa «I would like some coffee» anziché «I would have some coffee».
Questo discorso naturalmente non vale solo per il condizionale: ogni lingua ha la propria morfologia!
Veniamo ora al punto. Come possiamo definire il condizionale? Possiamo dare una definizione empirica partendo dal suo utilizzo. Il condizionale è il modo che esprime desiderio, possibilità condizionata, cortesia, incertezza, tempo futuro al passato.
Vediamo come.
1) Desiderio: «Prenderei volentieri una tazza di the».
Chiaramente chi parla esprime un suo desiderio.
2) Possibilità: «Se avessi la tua età, non starei qui a poltrire!».
Sto affermando una eventualità che si può verificare se sono soddisfatte una o più condizioni.
3) Cortesia: «Mi passerebbe il sale?».
Non c’è ragione per cui non si possa usare l’indicativo. È semplicemente una forma di cortesia.
4) Incertezza: «Direi che ha ragione Filippo».
Chi parla è in sicuro e mette le mani avanti, qualora salti fuori che questo Filippo ha torto.
5) Futuro al passato: «Sapevo che ti saresti fatta attendere!».
In altre lingue si utilizza una forma equivalente al condizionale presente, ma nell’italiano moderno si preferisce usare il passato.
Il condizionale ha due tempi verbali: presente e passato. Il tempo passato si forma con un verbo ausiliare seguito dal participio passato. Per esempio:
«Avrei voluto scappare...».
«... ma sarei apparso stupido!».
Semplice, no?
Vediamo ora di fare un piccolo approfondimento.
Periodo ipotetico
Il periodo ipotetico è un periodo composto da una proposizione subordinata condizionale (protasi) e una reggente (apodosi). Il termine “condizionale” usato per definire la protasi significa che nella subordinata risiede la condizione, l’ipotesi.
Vediamo tre casi.
1) Periodo ipotetico della realtà: «Se non mi restituisci la merendina, lo dico alla maestra!», «Se il re si mostrava all’altezza, il reame prosperava».
L’ipotesi è un dato di fatto, o viene comunque ritenuta alquanto probabile. Il modo usato è l’indicativo, sia nella protasi sia nell’apodosi, mentre il tempo è determinato dalla collocazione temporale degli eventi. Nell’apodosi si può usare anche l’imperativo: «Se durante il compito mi vedi in difficoltà, suggerisci!»
2) Periodo ipotetico della possibilità: «Se ti andasse, potremmo vederci un film».
L’ipotesi è una possibilità che ha una certa probabilità di verificarsi. Nella protasi si usa il congiuntivo imperfetto e nell’apodosi il condizionale presente. Nell’apodosi posso usare anche l’imperativo: «Se Romina telefonasse, dille che non ci sono!».
3) Periodo ipotetico dell’irrealtà: «Se l’avessi saputo prima, mi sarei comportato diversamente».
Non c’è speranza: la condizione è falsa o impossibile da verificarsi. Nella protasi uso il congiuntivo trapassato e nell’apodosi il condizionale passato. A seconda della collocazione temporale degli eventi, posso combinare i tempi del congiuntivo (imperfetto e trapassato) con i due del condizionale. Per esempio: «Se conoscessi la risposta, non avrei perso così tanto tempo».
Aggiungo che nella lingua parlata si tende a usare l’indicativo. Tornando all’esempio precedente, avrei: «Se lo sapevo prima, mi comportavo diversamente».
Ma di questo Romina ha già scritto ampiamente.
Questi sono i tre tipi di periodo ipotetico. Se vi sembra complicato, pensate che i greci distinguevano tra eventualità e possibilità, con due sintassi differenti!
Esiste poi il cosiddetto periodo ipotetico misto, che serve a classificare ciò che non rientra nei tre tipi canonici. Facciamo un esempio: «Se Romina telefonasse, io non ci sono». Si tratta di linguaggio colloquiale, naturalmente. Avrei potuto dire «se Romina telefona», ma avrei perso così la sfumatura eventuale della protasi.
Voglio ora fare un esempio letterario. Chi sa dirmi qual è il tipo di periodo ipotetico nel famoso verso riportato qui sotto?
«S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo!».
Una situazione difficile
Che cosa direste se, nel mezzo di una conversazione il vostro interlocutore dicesse la seguente cosa?
«Se ieri ti avrei chiesto di uscire, non te lo chiederei oggi».
Con buona probabilità gli fareste notare l’errore. Avreste ragione nel 99% dei casi, poiché vige la regola di non utilizzare mai il se ipotetico seguito da condizionale. Come abbiamo visto, infatti, in nessuno dei casi citati di periodo ipotetico è ammesso il condizionale nella protasi.
Semplicemente, non si tratta di un periodo ipotetico. O meglio, il periodo ipotetico c’è ma è nascosto. La sintassi corretta è qualcosa del tipo:
«Se avessi trovato il coraggio, ieri ti avrei chiesto di uscire. Tuttavia non l’ho fatto, e oggi non te lo chiederei».
Chi parla, che avrà pure le sue ragioni, non le esprime. La protasi è dell’irrealtà e non si è verificata, quindi la omette.
Ciò che vuole esprimere è diverso dal dire:
«Non avendolo chiesto ieri, non te lo chiederei oggi».
Qui sembra che l’invito a uscire sia una possibilità come le altre e non traspare minimamente il fatto che il poveraccio desiderava farlo.
Ci troviamo di fronte a un esempio dell’elasticità della lingua italiana, che si adatta alle nostre necessità comunicative a patto che se ne rispettino le regole. L’esempio da me proposto è valido in un contesto molto circoscritto e, soprattutto, rispetta le regole della grammatica pur di nascosto.
In generale, è meglio evitare queste acrobazie sintattiche, anche perché, va detto, capiterà una o due volte nella vita di usarle correttamente.
In conclusione
Abbiamo cercato di dare un significato al modo condizionale. L’abbiamo caratterizzato nei suoi usi, approfondendone uno in particolare. Ci sarebbe molto da aggiungere, ma penso che per il momento ho scritto fin troppo.
Invito chi fosse curioso dei punti di vista “alieni” a visitare un sito di grammatica italiana per anglofoni. Vi stupirà scoprire che c’è chi consiglia: «Don’t use it, you’re certain to get it wrong!» («Non usarlo, sbaglierai di sicuro!»).
Marco Stabile, in arte Salomon Xeno. Frequenta l’ultimo anno del corso di laurea magistrale in Fisica. Di recente ha aperto un blog in cui parla dei suoi interessi, fra i quali la letteratura, la scienza e le libertà digitali. Scrive racconti, principalmente di genere fantastico.
Hanno parlato di questo articolo:
Ottimo post, anzi ottima lezione :)
RispondiEliminaIn effetti è sbagliato affermare che dopo il se non vada mai il condizionale.
Grazie per il complimento!
RispondiEliminaHai ragione, spulciando qua e là si trovano un sacco di casi di se con il condizionale più che giustificati. Il problema e quando una regola vieta qualcosa senza che ne venga prima definito il campo di esistenza.
E grazie, naturalmente, anche a Romina per la sua ospitalità!
RispondiEliminaGrazie a te Salomon Xeno per il bellissimo post! Sei stato davvero gentile e la tua preparazione sull'argomento è evidente... Quando vuoi, sai che io un guest post lo accetto sempre con piacere!
RispondiEliminaScusatemi tutti se ieri non mi sono fatta viva, ma tra i tantissimi pregi di vivere in un paesino non c'è quello di una connessione a internet certa... è bastata un po' di pioggia e io sono stata tagliata fuori dal mondo... La situazione potrebbe andare avanti per giorni (per connettermi ora non vi dico che cosa ho dovuto combinare)... Portate pazienza e continuate pure a discutere sul condizionale: Salomon Xeno vi risponderà di certo! Grazie ancora!
P.S. Sono Romina, credo si capisse... purtroppo da questo PC e con la connessione remota non riesco ad accedere con il mio profilo... Senza la mia tecnologia mi sento persa!!!
Sono tornata!!! Lo so che il problema è durato solo pochi giorni, ma a me sono sembrati un'eternità. La linea è appena stata ripristinata e sono felice di essere di nuovo qui! Chissà quanti post avrò da leggere sui vostri blog questa sera!
RispondiEliminaCiao Salomon,
RispondiEliminacomplimenti per il post!!! Lezione ben spiegata senza far cadere l'attenzione, che a quest'ora della notte un po' manca!
Grazie Lisa!
RispondiEliminaLa nostra preoccupazione è che fosse un po' troppo lunga. Mi fa piacere che qualcuno sia arrivato fino alla fine. ^^