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Ormai sono diversi anni che scrivo pochissimo qui sul blog. Mi dispiace davvero molto e vorrei dire che diventerò più solerte ma... so benis...

giovedì 5 gennaio 2012

"Venditori di parole"

“Venditori di parole”: se sei uno scrittore, scrivi!
Il post degli aforismi di questo mese nasce da una domanda che mi faccio da un po’: perché se sei uno scrittore tutti si aspettano che tu abbia sempre la parola pronta? Non so se capita anche a voi, ma è qualcosa di strano: dà un misto di soddisfazione e di ansia…
È ovvio che uno scrittore abbia una certa predisposizione per la scrittura e che molto spesso sappia lasciarsi guidare dall’ispirazione e da un dettaglio riesca a tirar fuori qualcosa di buono anche in un breve momento, ma questo non significa che possa scrivere su qualsiasi cosa in qualsiasi momento su comando come se fosse un distributore automatico di parole!

Se c’è bisogno di parole è allo scrittore che le si chiede, come quando serve il pane e ci si rivolge al panettiere, ma un vero autore non è certo un venditore di parole.
I biglietti d’auguri
Vi faccio un esempio tanto per essere chiara e spiegare meglio la situazione. Caso tipico: il biglietto d’auguri! Ok, io ho una passione per i biglietti d’auguri, lo confesso, e non mi limito mai a un “tanti auguri”: scrivo una poesia d’occasione oppure una lunga lettera, un racconto… mi piace sbizzarrirmi e usare uno dei pochi talenti che ho (ammesso che ce l’abbia) per far sentire alle persone il mio affetto per loro. Questo è un dato di fatto, una verità oggettiva, ma spesso la gente pensa che io possa scrivere un biglietto per chiunque in qualsiasi momento e questo non è vero. A volte, mi chiedono di scrivere un biglietto originale per gente che ho visto sì e no due volte o in momenti in cui, per un motivo o per l’altro, non mi sento ispirata e con qualcuno che mi fissa e mi punta una penna dicendo: “Scrivi, forza scrivi… scrivi sempre tutto il giorno, caspita, basta una frase”. Certo, da una parte mi sento lusingata per il solo fatto che lo chiedano a me, ma dall’altra parte mi sento davvero sotto pressione in quei casi e mi chiedo: Che cosa pensa la gente del lavoro di uno scrittore? Pensa che sia come una qualsiasi attività manuale che si può fare su comando? Che ne è stata di tutta la poesia dell’ispirazione, della magia della creatività? Non lo so.
In tutti i casi sono sempre riuscita a scrivere biglietti soddisfacenti in breve tempo, anche toccanti in alcuni casi, ma i miei preferiti restano quelli nati in modo spontaneo, senza alcuna richiesta (e, per fortuna, sono la stragrande maggioranza!).

Le dediche
Questo vale anche per le dediche dei libri. Se devo scrivere una dedica a un’amica o a una persona che conosco bene, mi viene abbastanza naturale, ma è difficile scriverla per qualcuno che non conosco (anche perché odio dovermi ridurre a un “Spero che ti piaccia, buona lettura” o, peggio, “A … con affetto).

Altri casi
Ovviamente, si può fare lo stesso discorso in molti altri casi.
Se qualche editore, aspetta con ansia i vostri capitoli, per esempio, potreste sentirvi sotto pressione (però sareste anche abbastanza fortunati ad avere un editore!).
Se dovete presentare un testo a un concorso e la scadenza si avvicina inesorabile e voi non avete ancora scritto una riga, la tensione potrebbe aumentare, soprattutto se tutti vi chiedono: “Hey, allora? L’hai inviato il testo al concorso?”.
Se per lavoro dovete scrivere a scadenze programmate e a poche ore dalla consegna brancolate ancora nel buio, anche il solo ticchettare dell’orologio può infastidirvi.
Se state programmando i post del mese del vostro blog e vi sentite a corto d’idee,  la tensione può bloccare del tutto le vostre già confuse idee.

Un caso particolare della “sindrome della pagina bianca”
Diciamo che questo è una specie di caso particolare della “sindrome della pagina bianca” di cui ho già parlato, solo che in questo caso il tutto è dovuto a una pressione esterna, all’attesa del vostro lavoro e non tanto o non solo da un blocco interno.

Conclusione
Più la gente si aspetta tanto da noi, più aumenta il rischio di sbagliare e ciò porta inevitabilmente con sé la paura dell’errore, che può anche paralizzare ogni possibilità creativa.

Vi è mai capitato di sentirvi dei “venditori di parole”, di sentirvi messi alle strette in attesa di un vostro scritto? Insomma, come vi trovate a “scrivere su comando”?



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5 commenti:

  1. Per anni mi hanno fatto scrivere i biglietti di Natale, alla fine ne ho avuto la nausea e non ho più scritto niente che non fosse un semplice "Auguri" e cose simili :)

    Lo scrittore non è detto che debba saper scrivere ogni cosa, o che gli vada di scrivere ogni cosa :)

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  2. A me capita pochissime volte, per fortuna. L'ultima volta ho scritto (a quattro mani) un discorso e ho pure dovuto leggerlo! Spero non capiti più.

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  3. @Daniele: Allora non sono l'unica! Io, però, per ora continuo a resistere!

    @Salomon Xeno: Ti capisco... non c'è niente di più terribile di dover leggere per forza qualcosa davanti a tutti. Io, fino a qualche anno fa, avevo molte difficoltà a esprimermi in pubblico! Ti posso dire per esperienza che prima o poi si supera il blocco...

    Grazie a entrambi!

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  4. Ciao Romina,
    mi ritrovo nel tuo caso in merito alla dedica del libro: più mi sforzo a scrivere qualcosa di originale e più esce un pensiero banale.
    Da quando ho capito che la gente ama le banalità, allora scrivo una dedica spensierata, anche se poi comunque me ne vergogno!

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  5. @Lisa: Sì, le dediche sono un vero problema per noi scrittori, ma non per la gente... se qualcuno ti vede pensare prima di scriverne una, subito ti grida: "Va beh, basta scrivere 'con affetto' oppure mettere la data e la firma, o un 'buona lettura'"... Certo, forse basta a loro, ma per chi ama scrivere ogni parola deve essere quella giusta (o almeno deve provarci!). Forse, hai ragione tu a rassegnarti alla banalità, ma ricorda che siamo noi scrittori che dobbiamo portare avanti i nostri ideali e non farceli mai portare via!

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