La pignolaMentre camminavano per il sentiero, egli subito notò il colore giallognolo della pelle di lei.«Sei malata?».«Non credo sia affar tuo» rispose lei.«Mi hai trascinato fin qui su questa stradina sassosa e…» disse, ma lei lo interruppe.«Non sono sassi qualsiasi: è una strada in macadam!».Lui non la sopportava più. Proseguì la frase come se non fosse stato interrotto: «… ora non è affar mio?».Attendeva una risposta, ma la domanda dal tono retorico non spinse la giovane a rispondergli. Un’egretta in volo ruppe il silenzio, poi si assestò tra gli scirpi nel fiume.Un ritmico suono sostituì quello dello sbatter d’ali.«Sembrano nacchere!» sospirò lui, meravigliato.«Vogliamo davvero perderci a parlare di idiofoni di provenienza spagnola?! E poi è di certo un Torcicollo».«Allora vedi che sei malata? Hai il torcicollo?» biascicò confuso.«No di certo! Mi riferivo al Torcicollo, la sola specie di picchio che vive qui».«Sembra una puntata di Superquark! Fermati un secondo! Siamo qui per parlare dei semi».«Appunto: la mia salute non è il tema di questo incontro. Comunque li ho qui».«Nella borsetta?!».«è una scarsella» rispose, un po’ seccata.«Ah… ma io volevo solo sapere se dentro ci sono i semi!».«Ho preferito portare delle spighe ancora da granire, per proteggere il più possibile i chicchi».Appoggiò la borsa e si chinò per prelevarne il contenuto e così lui notò il ciondolo che le cingeva il collo: «Come mai hai quella collana con il serpente?» la domanda nacque spontanea, mentre il suo sguardo indugiava sulla scollatura.«Il bungaro è un serpente molto velenoso, basta provocarlo e si è finiti».«Direi che ti somiglia» disse, poi forzò un sorriso che si tradusse in smorfia.Lo sguardo di lei si fece cupo e lui istintivamente protese una mano, ma lei si scostò e lui riuscì solo a sfiorarle la maglietta di rascia.«Lasciami stare. Prendi i tuoi semi e vattene».«Ma io… rispondi almeno alla mia domanda!».«Quale?»«Sei malata?».«Ho una fascioliasi e i farmaci per curarla mi hanno causato un brutto ittero».«Mi dispiace».Lei non si voltò e lui sapeva che non l’avrebbe più rivista. La odiava per le sue pignolerie, per le sue continue precisazioni, per la sua mania di perfezione. Aveva finalmente i semi che gli servivano, ma aveva perso il fiore più prezioso che avesse mai avuto tra le mani e tutto gli sembrava perduto.
Spero che il testo vi sia piaciuto. Se poi credete che
si possa infilare questo racconto in sole 300 parole, illuminatemi, per favore.
Io credo che lo stile molto dialogato non potesse essere tagliato di più, ma si
sa che io e la sintesi non siamo mai andate d’accordo. La versione più lunga mi
convinceva di più, ma cercare di asciugare
un po’ i miei testi è un buon esercizio
e cercherò di farlo spesso.
Comunque fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.
Carino, brava
RispondiEliminamacadam è un termine splendido (molto Paolo Conte)
però avrei da dire qualcosa riguardo al bungaro:-)
Grazie! Il merito della scelta di questi bei termini non è mio, però, ma di Daniele Imperi del blog "Penna blu"! Io ho solo cercato di utilizzarle. Se hai qualcosa da ridire sul bungaro (so che è il tuo settore!) fai pure, anzi, potrebbe essere molto interessante!
EliminaBene, stavolta ti sei limitata alle 300 parole :D
RispondiEliminaEh... non esattamente! Quello del mese scorso è di meno di 300 parole, questo è di 400. Comunque cerco di puntare alla sintesi, almeno in questi esercizi!
EliminaCon i dialoghi solitamente è difficile tagliare le parole. Direi che te la sei cavata egregiamente, anche senza restringerlo troppo!
RispondiEliminaGrazie! Infatti per tagliare una cinquantina di caratteri ho dovuto togliere tutta una parte di dialogo: è stato difficile, ma ce l'ho fatta! E questo è il risultato.
EliminaIl racconto è simpatico così. Perchè tagliarlo ancora? E' di 400 parole, mica di 4.000!
RispondiEliminaIo sono d'accordo! Il fatto è che il mese scorso ero riuscita a scrivere il testo in meno di 300 parole e volevo continuare così per esercitarmi nella sintesi che non è certo la mia più grande virtù! Grazie per il commento!
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