Neologismi:
la mia posizione a riguardo (e una piccola battaglia personale)
Il termine neologismo
deriva dal greco passando per il francese e significa nuova parola. In
genere si usa un neologismo quando si vuole identificare qualcosa che prima non
esisteva. In altre parole è la
nascita di un nuovo referente a provocare la nascita di una nuova parola.
E così è sempre stato. Anche le parole più note come casa o cane sono nate e
sono state dei neologismi, quando si è sentita per la prima volta la necessità
di definire quei concetti.
Io oggi potrei fare un bel discorso sull’origine dei
neologismi, magari partendo da prestiti e calchi per poi fare un discorso sull’evoluzione
della lingua, però invece voglio concentrarmi sui neologismi nella scrittura creativa, cioè nella narrativa o
nella poesia, nei romanzi o nei racconti, nelle fiabe o nei saggi.
Insomma, voi quando scrivete usate i neologismi? Ne
inventate spesso?
Servono i
neologismi?
Mi è capitato spesso di sentir dire che la lingua è ricchissima di parole e non
serve inventarne di nuove. In verità è così per molti versi. Non ha
senso per esempio inventare una parola nuova per definire casa. La parola esiste già e ci sono anche innumerevoli sinonimi
con molteplici sfumature. Insomma, alzarsi una mattina e dire che il termine casa non ci piace e da oggi la chiameremo
strulla non ha alcun senso. È un neologismo
inutile, che può essere divertente magari, ma non è destinato a entrare nella
lingua o anche solo in un risicato contesto.
Se però, per esempio, stiamo scrivendo un racconto
fantascientifico in cui c’è uno strumento particolare oggi inesistente, forse ha senso inventare un neologismo e
definirlo in qualche modo, no?
Alcuni neologismi
che io ho creato
Nei miei libri, io ho usato alcuni neologismi. Non
molti, però mi piacciono.
In Voliamo Insieme
con la Fantasia, nel testo La
cosa giusta,si parla di un gelatinific.
In La mia amica
Clorinda, emerge il concetto di malkimar.
Nel libro per ragazzi che sto cercando di pubblicare ci
sono diversi neologismi curiosi per definire un mondo lontano da quello
terrestre.
Nel libro per bambini che sto scrivendo, ho inventato un
termine per definire una razza di strane creature.
E in futuro chissà!
Tutti questi testi però sono dedicati a un pubblico di
bambini e ragazzi e hanno ambientazioni non del tutto realistiche. In tutti i
casi mi sono quindi trovata a dover definire degli elementi che non avevano un
corrispettivo nella lingua italiana. Di certo non saranno parole che resteranno
nella storia e nell’italiano, ma hanno il loro senso in quei libri e lì vivono
e hanno significato.
Neologismi
divertenti
Esistono anche i neologismi
divertenti. Non li inserirei mai in un testo scritto, se non per
connotare un personaggio, ma li uso spesso nel parlato. Fanno parte un po’ del
mio modo di comunicare. Del resto io al posto delle parolacce dico: Accipigna, perdindirindina, perdincibacco, …
quindi il mio linguaggio da cartone
animato mi consente anche qualche neologismo per sostituire le parolacce
che vanno da semplici parole a strutture anche creative.
Mi piace molto alterare parole esistenti con suffissi e
prefissi che sono utilizzabili solo con altri termini.
- I suffissi in –oso, per esempio: coccoloso, teneroso…
- I suffissi in –errimo, per esempio: bellerrimo (e qui la colpa è della strega Nerella, è lei che mi ha trascinata in questa faccenda).
Questo, lo ripeto, non nella scrittura, ma solo per
gioco.
Il confine tra i
neologismi e le parole derivate
L’idea per scrivere questo post mi è venuta durante il
concorso L’occhio
del vento, perché nel mio racconto Il
volo (che potete leggere nell’e-book
gratuito) avevo usato la parola aranciognolo.
Non cercatela nel mio racconto: non c’è. Nella versione
definitiva l’ho eliminata, perché mi è stata additata come un neologismo. In
effetti, se vista come un neologismo è un neologismo
inutile, di quelli da far sparire, visto che ci sono altri modi per
definire il concetto con le parole della lingua italiana e non ne serve una
nuova. Io però l’ho usata non come neologismo, ma come parola a tutti gli effetti, considerando –ognolo
un suffisso esistente e utilizzato per dare una connotazione
particolare a un colore. Infatti esistono parole come azzurrognolo e giallognolo,
perché non può esistere aranciognolo?
Dopotutto la sua genesi è la stessa la fusione
di un colore e del suffisso –ognolo.
Il mio amato dizionario Sabatini-Coletti riporta
le definizioni di azzurrognolo (di
colore azzurro sbiadito) e giallognolo (di un brutto colore giallo pallido). E
io, con il mio aranciognolo intendevo
proprio dare questa stessa sfumatura di significato. Dato però che potevo
tranquillamente sostituire la parola aranciognolo
in vari modi, l’ho eliminata.
Mi chiedo però quale sia il confine tra un neologismo e una parola derivata da un’altra
seguendo un procedimento semantico già utilizzato per varie parole. E secondo
voi?
Conclusione
I neologismi possono essere utili scrivendo solo quando
definiscono qualcosa che non ha un corrispettivo nella lingua ufficiale.
Ci si può divertire con le parole per creare effetti
divertenti, ma lo considero più un gioco che una tecnica valida nella
scrittura.
Esistono procedure di derivazione di parole che hanno
dato vita a neologismi e che, in futuro, potrebbero dar vita ad altri seguendo
la stessa struttura.
Adesso mi piacerebbe sapere se voi usate i neologismi,
come, quando e perché!
Insomma, cosa mi raccontate su questo tema?
I suffissi in -errimo li detesto, davvero. Nella fantascienza ha senso, forse anche in un fantasy, ma in situazioni particolari, ma per il resto abbiamo sufficienti parole per servirci.
RispondiEliminaHo scritto anche io un post del genere, ma il mio esce a fine ottobre :D
Quindi non vai d'accordo con la strega Nerella! Ah ah ah!
EliminaDirei che la pensiamo più o meno nello stesso modo. Non vedo l'ora di leggere il tuo post, poi metterò qui un link! Grazie per il commento.
Non sono sicuro di averne mai usati, ma non ho nulla in contrario. L'importante è che abbiano senso e non siano messi così a caso. Parecchie volte mi è capitato di trovare neologismi divertenti nella narrativa per ragazzi, anche se ora come ora non me ne vengono in mente!
RispondiEliminaLa narrativa per bambini è ricchissima di neologismi buffi e carini, hai ragione!
EliminaForse nella tua saga fantasy ne userai qualcuno anche tu, chissà!
È probabile che succeda. In realtà, mi era capitato di usarne per una bozza di romanzo fantascientifico, anche quello arenato. Però erano termini funzionali a descrivere qualcosa che oggi non esiste, un po' come parlare di ascensore ai nativi americani.
EliminaEra neologismi necessari! Lo sapevo.
EliminaLavora ai tuoi romanzi, mi raccomando. Credo che il genere fantascientifico sia quello che ha bisogno di più neologismi.
Non so se sia un neologismo ma quando vedo un bambino o un gattino/cagnolino/altro estremamente tenero dico sempre "Ghinghino!" con una voce stupidissima!
RispondiEliminaAhahahah
Direi che è un neologismo di quelli non necessari per il progresso della lingua, ma divertente e simpatico da usare nel quotidiano. Ha le stesse funzioni del mio "coccoloso"! Ah ah ah! Grazie per essere passata e benvenuta nel mio blog!
EliminaEheh io amo mettere neologismi nel mezzo dei miei post idioti. Ovviamente in altri ambiti più seri uso un linguaggio più corretto possibile, ad esempio nei vari tentativi di scrittura più o meno riusciti e quindi... Niente! Articolo interessante! :D E quella questione dell'aranciognolo che diamine, io l'avrei lasciato arcipigna!
RispondiEliminaBenvenuto nel mio blog, per cominciare! I neologismi sono molto divertenti a volte. Sono davvero felice di sapere che esiste qualcuno che avrebbe salvato il mio "aranciognolo"! E poi trovare una persona che dice "arcipigna" mi fa sempre tanto piacere (anche se io uso di solito "accipigna")! Grazie mille per il commento!
EliminaA me sembrava che "aranciognolo" fosse più un derivato, nel tuo racconto l'avevo interpretato così.
RispondiEliminaComunque checché se ne dica i neologismi sono necessari per una lingua è viva e deve nutrirsi di nuovi vocaboli, così come buttare vocaboli desueti. Poi penso che i neologismi a volte siano davvero azzeccati!
Benvenuta nel mio blog, Justadream12! Che bello ricevere un tuo commento.
EliminaAnch'io avevo inteso "aranciognolo" come un derivato mediante suffisso, però non a tutti è andato a genio. Va be', la lingua evolve e magari un giorno diventerà di uso comune. Sono d'accordo con te sul fatto che alcuni neologismi sono davvero necessari!
Noi chimici siamo un po' i maestri del neologismo... Quando vengono prodotte molecole nuove, le regole di nomenclatura le forniscono anche di un nome, ma poi esistono pure i nomi comuni (basti pensare all'acido 2-acetilossi benzoico o acido acetil salicilico o aspirina).
RispondiEliminaMa a parte questo mi viene in mente il racconto "Arsenico" scritto da Primo Levi, dove un signore piemontese usa il termine "chimicare", un modo popolare per dire "effettuare un'analisi chimica". Il termine non esiste sui dizionari, ma secondo me dovrebbe entrarci, è un piacevole modo per dire con un'unica parola un espressione più articolata.
Marco Lazzara
Tutte le discipline molto specifiche sono inclini ai neologismi e la chimica non fa di certo eccezione! Anzi, come hai ben dimostrato, sa il fatto suo in materia di parole nuove!
EliminaMi piace "chimicare"! Sì, anch'io voto per far inserire questo termine nei dizionari!
Mi sono stati criticati due neologismi come altamente scorretti, specialmente nello scritto.
RispondiEliminaIl primo in una mia poesia d'infanzia, sul potere magico della parola "mamma": ho scritto "il potere SVANA (per svanisce)".
In una mia prosa adulta, invece, ho usato la locuzione "amare DISARMATAMENTE".
Che ne pensi? Devo correggere?
Benvenuto/a sul mio blog!
EliminaAllora... secondo il mio parere, il primo è un neologismo inutile. Come dici tu, giustamente, "svana" è usato nel senso di "svanisce", quindi tanto vale usare "svanisce" che è una parola corretta.
Per quanto riguarda "disarmatamente" invece io lo accetterei. Si può considerare un neologismo (in quanto termine non esistente in italiano), ma è anche un avverbio derivato da "disarmare" secondo logiche proprie della lingua italiana. Inoltre trasmette un preciso significato non presente in altri vocaboli esistenti, quindi ha ragione di esistere. Per evitare il neologismo si potrebbe dire "e, in modo disarmante, amare", ma il messaggio perde un po' di forza espressiva, secondo me.
Non so se sono stata chiara, però questo è il mio pensiero in merito!
svana l'avevo messo perché faceva assonanza con "chiama" ahahahah grazie!
EliminaAvevo pensato che fosse stata una scelta dovuta a questioni metriche! Sicuramente, conoscendo la poesia e i versi si può fare qualche modifica per mantenere l'assonanza senza un neologismo poco appropriato.
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