Anafora, epifora e anadiplosi: figure
retoriche in cui avvengono delle ripetizioni.
Nuovo appuntamento con le figure
retoriche. Questa volta vi parlerò di figure retoriche che sono
caratterizzate da delle ripetizioni (anafora, epifora e anadiplosi).
L’anafora
L’anafora è
una figura retorica che consiste nel riprendere, ripetendola, una parola o
un’espressione all’inizio di versi o frasi tra loro successivi. Il
termine deriva dal greco e significa ripresa.
Per amplificare l’effetto di questa figura retoriche, in genere, le parole
vengono ripetute numerose volte.
Esempi molto famosi sono presenti nella poesia La
pioggia nel pineto di Gabriele D’Annunzio
(di cui ho già parlato nella rubrica Video
poesie, dove avevo già avuto modo di segnalare la presenza di anafore).
Qui segnalo il caso della parola piove,
che è particolarmente interessante, perché rafforzato da alcuni punti in cui la
parola, pur non essendo ripetuta, è sottointesa.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
[...]
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
[...]
Un altro noto esempio proviene dalla Divina Commedia, dove all’inizio del Canto terzo dell’Inferno si legge:
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
[...]
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
[...]
E preparatevi perché nella prossima video poesia ci sarà
un’altra bella anafora!
L’epifora
L’epifora (nota
anche come epistrofe) è una figura retorica che consiste nel riprendere,
ripetendola, una parola o un’espressione alla fine di versi o frasi tra loro
successivi. Il termine deriva dal greco e significa porto in aggiunta. Anche in questo caso,
come per l’anafora, per amplificare l’effetto le parole possono essere ripetute
numerose volte.
Prendiamo un esempio di epifora sempre da La pioggia nel pineto.
[...]
Più sordo e più
fioco
s'allenta e si spegne.
Solo una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
[...]
L’epifora può essere
considerata la figura retorica speculare all’anafora. La sola differenza è il
punto dove le parole vengono ripetute che è a inizio verso per l’anafora e alla
fine per l’epifora.
La simploche
Ok, so che non era prevista, però mi sembra corretto accennare
anche il concetto di simploche visto che è strettamente legato ad anafora ed epifora.
La simploche
(o complexio) è la figura retorica costituita dall’unione di un’anafora e di un’epifora.
Si compone pertanto della ripetizione delle stesse parole (o gruppi di parole)
sia all’inizio sia alla fine del verso o delle frasi.
Vediamo un esempio tratto dal capitolo 3 del Libro di Daniele nella Bibbia.
[...]
Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel trono del tuo regno,
degno di lode e di gloria nei secoli.
[...]
Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel trono del tuo regno,
degno di lode e di gloria nei secoli.
[...]
L’anafora è costituita da benedetto, mentre l’epifora da degno
di lode e di gloria nei secoli. Queste due figure retoriche continuano a
intrecciarsi anche dopo la citazione che vi ho fatto.
L’anadiplosi
L’anadiplosi
(nota anche come raddoppiamento, epanastrofe o reduplicatio) è una figura
retorica che consiste nella ripetizione di una o più parole a fine verso all’inizio
del verso successivo. Il termine
deriva dal greco e significa duplicazione.
Tanto per rimanere in tema, l’esempio lo prendo ancora
da La pioggia nel pineto.
[...]
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
[...]
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
[...]
So che tra la frase e la sua ripresa c’è un verso, ma si
tratta del vocativo Ermione che
chiude tutte le strofe e, nonostante questo, questi versi mi sembrano un buon
esempio di anadiplosi perché le parole ripetute sono proprio le stesse, anche
se, in realtà, si è in presenza di un’anadiplosi anche quando le parole
ripetute non sono identiche, l’importante è che ci sia una ripetizione
sostanziale del concetto.
Conclusione
Le tre figure retoriche analizzate sono tutte
caratterizzate dalla ripetizione di parole o serie di parole. La differenza è
nel punto in cui essere vengono ripetute:
- A inizio verso per l’anafora (struttura: X … / X … / X …)
- A fine verso per l’epifora (struttura: ... Y / ... Y / … Y)
- Tra la fine di un verso e l’inizio del successivo per l’anadiplosi (struttura: … Z / Z …)
E ora a voi la parola! Usate queste figure retoriche?
E, ovviamente, se c’è qualcosa di non troppo chiaro,
chiedete pure!
Sempre interessanti questi post sulla "cassetta degli attrezzi" :)
RispondiEliminaSe penso a quante di queste cose non ho mai saputo e a quante non me ne ricordo più, che peccato. Grazie per l'occasione di rimediare alle mancanze :)
Grazie! Troppo buona. Scrivendo questi post intanto mi rinfresco la memoria anch'io! E poi scopro sempre qualcosa di nuovo.
EliminaRicordo quando il prof. di italiano ci ha spiegato queste figure retoriche, aveva fatto una bella "dispensina" con tutte quelle principali.
RispondiEliminaOttima idea questo ciclo di post, un ripasso ogni tanto non fa mai male!
Io non le ho mai studiate in modo molto approfondito a scuola, però questo tema mi ha sempre appassionata tantissimo. Grazie!
EliminaNella poesia, certo, è più frequente. Penso di inserire qualcosa di simile in una sorta di mantra/preghiera che volevo inserire da qualche parte o nel mio famoso fantasy o in un'altro posto che non cito altrimenti mi si rinfacciano promesse che non ho fatto! ^^
RispondiEliminaPenso sia una buona idea... non ti rinfaccerò nulla (solo in questo caso! Ah ah ah), promesso. Buona scrittura.
EliminaAh, quindi l'anadiplosi non è una malattia... meno male :D
RispondiEliminaInteressanti, alcune le conoscevo, nel senso che le avevo viste ma non sapevo i loro nomi.
Con tutte le malattie che già ci sono, per fortuna l'anadiplosi è un'innocente figura retorica! Ah!
EliminaNon riesco ad immaginare nulla di più pesante da leggere di una simploche. Immagino che l'unico ambiente dove abbia successo sia quello ecumenico, no?
RispondiEliminaLa simploche appesantisce un po' il testo, in effetti. Provoca una sorta di effetto "cantilena". Ho faticato a trovare degli esempi, sinceramente. Probabilmente è usata, come sostieni tu, solo in alcuni campi e settori.
EliminaConoscevo l'anafora, credo di aver sentito nominare l'epifora, e ignoravo del tutto la simploche e l'anadiplosi.
RispondiEliminaProprio per l'anafora, ecco un esempio dal mio poeta preferito, Petrarca, uno dei suoi sonetti più belli, RVF 145:
Pommi ove ’l sole occide i fiori et l’erba,
o dove vince lui il ghiaccio et la neve;
ponmi ov’è ’l carro suo temprato et leve,
et ov’è chi ce ’l rende, o chi ce ’l serba;
ponmi in humil fortuna, od in superba,
al dolce aere sereno, al fosco et greve;
ponmi a la notte, al dí lungo ed al breve,
a la matura etate od a l’acerba;
ponmi in cielo, od in terra, od in abisso,
in alto poggio, in valle ima et palustre,
libero spirto, od a’ suoi membri affisso;
ponmi con fama oscura, o con illustre:
sarò qual fui, vivrò com’io son visso,
continüando il mio sospir trilustre.
Ottimo esempio di anafora. Grazie!
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