Oggi sono qui per presentarvi il nono post di La
biblioteca dimenticata, rubrica fissa sul mio blog curata da Davide
Rigonat, il blogger che
gestisce La casa della
nebbia.
Nel suo primo post ci ha parlato di Dafni
e Cloe di Longo Sofista, un importante romanzo greco, nel secondo
ci ha parlato dei libri di Andre Norton al confine tra fantasy e fantascienza.
Poi è stato il turno di due post su Giorgio
Saviane e i suoi libri, il secondo dei quali parlava della sua opera
Il
Papa. Dopo un post su Palomar
di Italo Calvino, e uno su Lu Xun, autore di La vera storia di Ah Q, un racconto contenente un’ironica ma forte
denuncia sociale, ci ha parlato del romanzo storico Il
Conte Lucio di Giuseppe Marcotti.
Il mese scorso ha iniziato a parlarci di Diderot
e la sua opera Jacque il fatalista e
oggi conclude il discorso, quindi lo ringrazio e gli lascio subito la parola!
Jacques il fatalista di Denis Diderot - Seconda parte
Il filo
conduttore e il tema filosofico
Come accennato, l'asse portante del romanzo è la discussione tra Jacques e il suo padrone
in merito all'etica e alla morale deterministica.
Come ci viene
chiarito già nelle prime righe (che
vi ho citato nel post del mese scorso) per Jacques tutto ciò che accade è
già predeterminato e immutabile e sta scritto nel cielo. Ecco allora che ci
spiega come, se non si fosse arruolato per sbaglio, non sarebbe stato ferito da
una pallottola, in conseguenza della qual ventura non avrebbe scoperto l'amore
né le disavventure con le altre donne, non avrebbe incontrato il padrone e non
sarebbe stato zoppo. Come diceva il suo capitano al tempo in cui aveva prestato
servizio militare, ogni palla che parte da un fucile ha il suo indirizzo.
Il padrone espone invece delle tesi spesso opposte, così che i due possono
discutere esponendo le rispettive posizioni. In questo canovaccio si
inseriscono poi gli altri personaggi e le altre storie. Di queste però non
voglio svelarvi nulla: se vi ho incuriositi dovrete per forza andare a
leggervele. Per i più restii ad affrontare un testo in cui riflessioni
filosofiche si intrecciano a brani narrativi, sappiate che il testo è scritto con maestria e leggerezza e che, almeno
io, l'ho letto in un baleno!
Lo stile
Analizzare lo stile con cui Diderot ha scritto il suo
ultimo romanzo non è cosa facile, anche perché la vasta esplorazione delle
varie tecniche letterarie operata in questo libro lo ha portato ad adottarne
diverse contemporaneamente. Se infatti gli interventi
del narratore e del lettore sono proposti in maniera diretta e quasi
sempre senza che ci siano segni o artifici grafici che chiariscano subito chi
sta parlando (è il senso di ciò che viene detto che fa risalire a colui che
parla, così come potete vedere nell'incipit), quando a prendere la parola sono
i protagonisti principali
(Jacques e il suo padrone, ma anche l'ostessa e des Arcis) Diderot adotta una
forma testuale mutuata direttamente dal dramma
e dal teatro. Ogni cambio di
interlocutore è preceduta dal nome del personaggio che sta per parlare (un
esempio a caso: […] Il padrone: «Mistero
o no, che necessità c'è di dirtelo in questo o in un altro momento?» Jacques:
«Nessuna». Il padrone: «Ma ti occorre un cavallo». […] - ovviamente con i
dovuti a capo), creando così un
effetto davvero teatrale. Questo espediente non è però usato sempre. In alcune
parti (di solito quelle poste immediatamente dopo un intervento del narratore o
dopo una parte descrittiva e comunque in occasione di scambi di battute veloci
e dirette) l'autore abbandona questo espediente e torna ad una forma più romanzesca dello scritto.
Stesse tecniche adotta per i dialoghi posti nelle storie di secondo e terzo
livello (le storie nelle storie e le storie nelle storie nelle storie, per
capirci).
Da notare anche che gli interventi dei vari personaggi non sono lineari e non si susseguono con
ordine, anzi! Gli interventi del narratore e del lettore sono spesso
improvvisi e, in alcuni casi, apparentemente fuori luogo rispetto al filo
narrativo. Jacques, poi, crea spesso scompiglio anche tra i suoi compagni di
avventure. Egli infatti si lascia spesso prendere dai suoi pensieri che
sviluppa silenziosamente nella sua testa. Spesso capita però che egli termini i
suoi ragionamenti ad alta voce,
con dialoghi che sembrano quindi non
avere capo e che poco o nulla c'entrano con i discorsi che stavano
tenendo gli altri personaggi, con loro puntuale disagio.
Tutti questi accorgimenti (e molti altri, a dir la
verità) non formano però un'accozzaglia indefinita, ma sono usati in maniera
consapevole e contribuiscono a creare
un'entità che, a modo suo, è perfettamente armonica e bilanciata.
E per concludere…
Giunti alla fine di questo papiro che avrebbe dovuto
essere una chiacchierata di poche righe e si è poi esteso a ben due post, non
posso che ribadire il consiglio di leggere questo libro interessante, diverso e
molto, ma molto intelligente.
Buona lettura e
alla prossima!
Ancora un grande
grazie a Davide e al prossimo appuntamento con libri tutti da scoprire e
riscoprire!
Note: La foto usata come sfondo del banner è da attribuire a Luciano
Caputo (vedi CC nel link).
Hanno parlato di questo articolo:
Hanno parlato di questo articolo:
- "Il grande Meaulnes" di Alain Forunier: dall'adolescenza all'età adulta
- "Dersu Uzala" di Arsen'ev: l'esploratore e l'uomo della taiga
- "Casa di bambola" di Henrik Ibsen: drammi sociali nel teatro
- "Il paradiso perduto" di John Milton: poema epico con Satana come eroe
- "Centomila gavette di ghiaccio" di Giulio Bedeschi: il dovere del ricordo
- "L'immoralista" di André Gide: un sordo e indistinto bisogno di vivere
- "La figlia del Reverendo" di George Orwell: cambiare se stessi e non cambiare niente
- "Inferno" di Johan August Strindberg: tra narrativa e autobiografia
- "Amore" di Inoue Yasushi: viaggio nel mondo interiore dei personaggi
- "La biblioteca dimenticata - Un anno e mezzo di recensioni sparse" di Davide Rigonat - ebook gratuito
- "La biblioteca dimenticata - Due anni di recensioni sparse" di Davide Rigonat - ebook gratuito
Nessun commento:
Posta un commento