Gli
omografi: una questione di accenti… e non solo
Questo
post probabilmente non sarà molto utile agli scrittori, perché mi occuperò del problema
dell'omografia che nella
maggior parte dei casi genera errori
solo nella lingua parlata,
però, visto che in questo periodo ho ricominciato a dedicarmi allo studio della
dizione, ripartendo dalle mie care e
aperte e chiuse, sperando prima o poi di passare ad altro, mi è venuta
voglia di parlare con voi degli omografi ed ecco spiegato perché vi ritrovate
davanti questo post.
Gli omografi
In
linguistica due termini si
definiscono omografi quando hanno la
stessa grafia pur avendo significato ed etimo diverso.
Occorre
prestare attenzione: una parola che
ha più significati (ma riconducibili allo stesso etimo) non è omografa
a se stessa, è proprio la medesima parola che ha più accezioni (quindi è polisemica, cioè con più
significati). Per avere invece un caso di omografia, invece le parole devono avere un'etimologia diversa anche
se sono scritte nello stesso modo.
Nella
lingua italiana possiamo trovare (secondo una possibile classificazione mia che
trae spunto da alcune trovate in rete) tre tipi di omografi:
- Due parole che si scrivono e si pronunciano nello stesso modo (omofone)
- Due parole che si scrivono uguali ma che hanno l'accento in posizione diversa
- Due parole che si scrivono uguali ma che presentano una diversa pronuncia dei loro fonemi omografi
Passiamo
ora a vedere i tre casi un po' più nel dettaglio.
Caso 1 - Due parole che si scrivono e si pronunciano nello stesso
modo (omofone) (es. danno)
Quando due termini omografi
si pronunciano nello stesso modo, significa che sono anche omofoni.
Per
esempio:
- (riso) Ho riso per via del riso che aveva nel naso.
- (danno) Essi danno spiegazioni del danno commesso.
Se
le parole omografe sono anche omofone si parla più correttamente di omonimia
e in quel caso è di solito convenzione segnalare con l'accento quelle meno
diffuse.
Prestate
però attenzione: non tutti gli omofoni
sono omografi (esistono infatti parole che si pronunciano allo stesso
modo pur avendo grafia diversa). Per esempio:
- (cieco/ceco) Ho conosciuto un cieco ceco.
Passiamo
ora agli altri due casi che
riguardano parole omografe ma non omofone perché differiscono per la
pronuncia pur avendo la stessa grafia.
Caso 2 - Due parole che si scrivono uguali ma che hanno l'accento in
posizione diversa
Dei
due casi di omografi non omofoni, il caso in cui la differenza sta nella posizione dell'accento è sicuramente
il più semplice. In genere, se ci pensiamo un attimo, ci è semplice distinguere
le due parole senza che ci sia necessario l'uso del dizionario.
Vediamo
alcuni esempi:
- (condomini) Nei condomìni vivono i condòmini.
- (leggere) Mi piace lèggere cose leggère.
- (principi) Vorrei dei prìncipi di sani princìpi.
- (ancora) Gettammo l'àncora ancóra una volta.
- (subito) Chiedi sùbito scusa per quel che hanno subìto.
Caso 3 - Due parole che si scrivono uguali ma che presentano una
diversa pronuncia dei loro fonemi omografi
Il
secondo caso di omografi non omofoni è più insidioso, perché porta a imbattersi
nei fonemi omografi (il mio,
e non solo mio, grande cruccio).
Anche
se l'italiano è una lingua che associa (più o meno) a ogni grafema un fonema ci
sono alcune eccezioni come i digrammi o i trigrammi e come i fonemi omografi,
cioè casi in cui un grafema rappresenta
due possibili fonemi.
In
italiano, per fortuna (soprattutto per
chi studia dizione!) non sono tantissimi:
- e (che può essere aperta o chiusa) [e aperta: è = ɛ // e chiusa: è = e] -- > per esempio:
- (pesca) Mentre ero a pésca mangiavo una pèsca.
- (venti) Soffiavano almeno vénti vènti in quella zona.
- (mente) Mènte: la sua ménte è troppo ottenebrata.
- (tesi) Ti tési la tèsi.
- o (che può essere aperta o chiusa) [o aperta: ò = ɔ // o chiusa: ó = o] -- > per esempio:
- (porci) Non pórci domande sui pòrci.
- (botte) Mi chiusi dentro la bótte per evitare le bòtte.
- s (che può essere sonora o sorda) [s sonora: z // s sorda: s] -- > per esempio:
- (chiese) Gli chiese dove si trovassero le due chiese gotiche.
- z (che può essere sonora o sorda) [z sonora: dz // z sorda: ts] -- > per esempio:
- (razza) Di che razza è quella razza?
Per quanto riguarda i
due casi vocalici, esplicitare l'accento può essere del tutto risolutivo
(anche se non per tutti può essere chiara la differenza fonetica tra una e/o aperta o chiusa). È sufficiente infatti
conoscere la differenza tra un accento grave e uno acuto.
Nei due casi
consonantici invece la questione è proprio irrisolvibile allo scritto,
in quanto l'unico modo per distinguere
tra una s/z sorda o sonora è utilizzare simboli fonetici specifici (e che, per la cronaca, esistono
anche per differenziare le vocali aperte o chiuse al posto degli accenti) che in alcuni casi sono costituiti da digrammi o utilizzano
in modo diverso dal solito le normali lettere (per esempio la z che in fonetica indica la s sonora). Tali simboli, ovviamente, non
possono però essere utilizzati nella scrittura di un libro o di un articolo,
per questo ho scritto che tali omografi non sono distinguibili nel linguaggio
scritto.
Conclusione
La
questione degli omografi è molto complessa e chiunque abbia mai studiato
dizione ne sa sicuramente qualcosa. Io qui ho cercato di riassumere il tema e
sistematizzarlo per renderlo chiaro. Sono tuttavia consapevole di aver
semplificato molto, spero in favore di un po' di chiarezza espositiva.
E
se non siete lettori ad alta voce ma solo scrittori, be', potete anche non
crucciarvi troppo a causa degli omografi! Ahah!
Questi appunti mi ricordano filologia e storia della lingua italiana, all'epoca mi annoiai molto a doverli preparare per gli esami ma è sempre divertente giocare con le parole (e no: non mi ricordo una mazza sulla fonetica! :°D).
RispondiEliminaOh, no! Non volevo rievocare simili ricordi!
EliminaA me questi temi affascinano tantissimo! L'esami di linguistica italiano è stato tra i miei preferiti del mio percorso universitario!
Qualche errore di pronuncia con le vocali chiuse o aperte talvolta mi succede, e da questo punto di vista gli omografi possono farmi impappinare mentre parlo. Però in linea di massima conosco le pronunce.
RispondiEliminaIn genere sono tollerante con gli errori di accento, l'unico che invece mi fa impazzire è quando sento cronisti sportivi che dicono "circuito" (nel senso di: percorso di gara) pronunciandolo "circuìto" (participio passato del verco circuire). Giuro che in quel caso, se fossi il direttore del canale televisivo che trasmette la gara, chiederei l'immediato licenziamento del giornalista...
Beato te che conosci le pronunce... per me le "e aperte e chiuse" sono una montagna altissima da scalare!
EliminaQuando invece l'accento cambia proprio posto, be', allora sono d'accordo con te: sono cose da sapere, soprattutto se si lavora in radio o televisione.
Io vengo dal sud e i problemi con le vocali aperte o chiuse si presentano, a volte. Mi ha salvato l'aver "orecchio".
RispondiEliminaLo dice sempre anche Elisa (Drama Queen)... credo che a me non basterà mai l'orecchio (dovrò aiutarlo con tanto studio, temo).
EliminaIo che credevo di saperle tutte... illuminami: che diavolo di differenza di pronuncia c'è tra "chiese" verbo e "chiese" edifici di culto?
RispondiEliminaP.S. L'orecchio non è magico: ti aiuta, ma anche lui va aiutato con lo studio. Poi anch'io sto scoprendo di fare un sacco di errori che non credevo di fare. Oppure mi vengono i dubbi nei momenti più improbabili: oggi in mensa non sapevo se chiedere l'òrzo o l'órzo!
Detto in tutta franchezza? Io non la so pronunciare correttamente, per quanto mi sforzi, però sono diverse.
EliminaSe cerchi sul DOP (http://www.dizionario.rai.it), che io uso sempre, e ascolti la voce "chiesa" e quella del verbo "chiedere" (per trovare "chiese") potrai notare una piccola differenza. Anche se, va detto, "chiese" come verbo può essere pronunciato sia con "s" sorda sia con "s" sonora.
P.S. Io sto preparando un video e ho gli appunti di dizione aperti e il DOP. Per ogni parola formulo una mia ipotesi e poi la cerco per verificare. Lo faccio per ogni video, ecco perché ne creo pochi!
P.P.S. Ora vado a cercare "orzo" sul DOP.
Io leggo le fiabe con il computer davanti e quando mi vengono dubbi digito.
EliminaGrazie per avermi consigliato un nuovo dizionario!
P.S. È òrzo... La o chiusa è tipica della pronuncia veneta. Comunque la signora della mensa me ne ha dato un piatto lo stesso ;)
Io non potrei studiare nessun brano senza il DOP!
EliminaP.S. In ogni caso, l'importante è che tu abbia mangiato.
C'era una storia di Gianni Rodari, dal Libro degli Errori, incentrata su un pero che diventa un però e Como che diventa un comò, con tutte le divertenti conseguenze del caso.
RispondiEliminaNel sistemare i link ho trovato questo commento, scusa, Fabrizio!
EliminaNon ricordo questa storia di Rodari... devo andare a cercarla! Grazie!