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Ormai sono diversi anni che scrivo pochissimo qui sul blog. Mi dispiace davvero molto e vorrei dire che diventerò più solerte ma... so benis...

martedì 21 aprile 2015

Omografi

 Gli omografi: una questione di accenti… e non solo

Questo post probabilmente non sarà molto utile agli scrittori, perché mi occuperò del problema dell'omografia che nella maggior parte dei casi genera errori solo nella lingua parlata, però, visto che in questo periodo ho ricominciato a dedicarmi allo studio della dizione, ripartendo dalle mie care e aperte e chiuse, sperando prima o poi di passare ad altro, mi è venuta voglia di parlare con voi degli omografi ed ecco spiegato perché vi ritrovate davanti questo post.

Gli omografi
In linguistica due termini si definiscono omografi quando hanno la stessa grafia pur avendo significato ed etimo diverso.

Occorre prestare attenzione: una parola che ha più significati (ma riconducibili allo stesso etimo) non è omografa a se stessa, è proprio la medesima parola che ha più accezioni (quindi è polisemica, cioè con più significati). Per avere invece un caso di omografia, invece le parole devono avere un'etimologia diversa anche se sono scritte nello stesso modo.  

Nella lingua italiana possiamo trovare (secondo una possibile classificazione mia che trae spunto da alcune trovate in rete) tre tipi di omografi:
  1. Due parole che si scrivono e si pronunciano nello stesso modo (omofone) 
  2. Due parole che si scrivono uguali ma che hanno l'accento in posizione diversa
  3. Due parole che si scrivono uguali ma che presentano una diversa pronuncia dei loro fonemi omografi


Passiamo ora a vedere i tre casi un po' più nel dettaglio.

Caso 1 - Due parole che si scrivono e si pronunciano nello stesso modo (omofone) (es. danno)
Quando due termini omografi si pronunciano nello stesso modo, significa che sono anche omofoni.  
Per esempio:
  • (riso) Ho riso per via del riso che aveva nel naso.
  • (danno) Essi danno spiegazioni del danno commesso.


Se le parole omografe sono anche omofone si parla più correttamente di omonimia e in quel caso è di solito convenzione segnalare con l'accento quelle meno diffuse.

Prestate però attenzione: non tutti gli omofoni sono omografi (esistono infatti parole che si pronunciano allo stesso modo pur avendo grafia diversa). Per esempio:
  • (cieco/ceco) Ho conosciuto un cieco ceco.


Passiamo ora agli altri due casi che riguardano parole omografe ma non omofone perché differiscono per la pronuncia pur avendo la stessa grafia.

Caso 2 - Due parole che si scrivono uguali ma che hanno l'accento in posizione diversa
Dei due casi di omografi non omofoni, il caso in cui la differenza sta nella posizione dell'accento è sicuramente il più semplice. In genere, se ci pensiamo un attimo, ci è semplice distinguere le due parole senza che ci sia necessario l'uso del dizionario.

Vediamo alcuni esempi:
  • (condomini) Nei condomìni vivono i condòmini.
  • (leggere) Mi piace lèggere cose leggère.
  • (principi) Vorrei dei prìncipi di sani princìpi.
  • (ancora) Gettammo l'àncora ancóra una volta.
  • (subito) Chiedi sùbito scusa per quel che hanno subìto.  


Caso 3 - Due parole che si scrivono uguali ma che presentano una diversa pronuncia dei loro fonemi omografi
Il secondo caso di omografi non omofoni è più insidioso, perché porta a imbattersi nei fonemi omografi (il mio, e non solo mio, grande cruccio).
Anche se l'italiano è una lingua che associa (più o meno) a ogni grafema un fonema ci sono alcune eccezioni come i digrammi o i trigrammi e come i fonemi omografi, cioè casi in cui un grafema rappresenta due possibili fonemi.

In italiano, per fortuna  (soprattutto per chi studia dizione!) non sono tantissimi:
  • e (che può essere aperta o chiusa) [e aperta: è = ɛ // e chiusa: è = e] -- > per esempio:
    • (pesca) Mentre ero a pésca mangiavo una pèsca.
    • (venti) Soffiavano almeno vénti vènti in quella zona.
    • (mente) Mènte: la sua ménte è troppo ottenebrata.
    • (tesi) Ti tési la tèsi.

  • o (che può essere aperta o chiusa) [o aperta: ò = ɔ // o chiusa: ó = o] -- > per esempio:
    • (porci) Non pórci domande sui pòrci.
    • (botte) Mi chiusi dentro la bótte per evitare le bòtte.

  • s (che può essere sonora o sorda) [s sonora: z // s sorda: s] -- > per esempio:
    • (chiese) Gli chiese dove si trovassero le due chiese gotiche.

  • z (che può essere sonora o sorda) [z sonora: dz // z sorda: ts] -- > per esempio:
    • (razza) Di che razza è quella razza?


Per quanto riguarda i due casi vocalici, esplicitare l'accento può essere del tutto risolutivo (anche se non per tutti può essere chiara la differenza fonetica tra una e/o  aperta o chiusa). È sufficiente infatti conoscere la differenza tra un accento grave e uno acuto.

Nei due casi consonantici invece la questione è proprio irrisolvibile allo scritto, in quanto l'unico modo per distinguere tra una s/z sorda o sonora è utilizzare simboli fonetici specifici (e che, per la cronaca, esistono anche per differenziare le vocali aperte o chiuse al posto degli accenti) che in alcuni casi sono costituiti da digrammi o utilizzano in modo diverso dal solito le normali lettere (per esempio la z che in fonetica indica la s sonora). Tali simboli, ovviamente, non possono però essere utilizzati nella scrittura di un libro o di un articolo, per questo ho scritto che tali omografi non sono distinguibili nel linguaggio scritto.

Conclusione
La questione degli omografi è molto complessa e chiunque abbia mai studiato dizione ne sa sicuramente qualcosa. Io qui ho cercato di riassumere il tema e sistematizzarlo per renderlo chiaro. Sono tuttavia consapevole di aver semplificato molto, spero in favore di un po' di chiarezza espositiva.

E se non siete lettori ad alta voce ma solo scrittori, be', potete anche non crucciarvi troppo a causa degli omografi! Ahah! 


12 commenti:

  1. Questi appunti mi ricordano filologia e storia della lingua italiana, all'epoca mi annoiai molto a doverli preparare per gli esami ma è sempre divertente giocare con le parole (e no: non mi ricordo una mazza sulla fonetica! :°D).

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    1. Oh, no! Non volevo rievocare simili ricordi!
      A me questi temi affascinano tantissimo! L'esami di linguistica italiano è stato tra i miei preferiti del mio percorso universitario!

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  2. Qualche errore di pronuncia con le vocali chiuse o aperte talvolta mi succede, e da questo punto di vista gli omografi possono farmi impappinare mentre parlo. Però in linea di massima conosco le pronunce.
    In genere sono tollerante con gli errori di accento, l'unico che invece mi fa impazzire è quando sento cronisti sportivi che dicono "circuito" (nel senso di: percorso di gara) pronunciandolo "circuìto" (participio passato del verco circuire). Giuro che in quel caso, se fossi il direttore del canale televisivo che trasmette la gara, chiederei l'immediato licenziamento del giornalista...

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    1. Beato te che conosci le pronunce... per me le "e aperte e chiuse" sono una montagna altissima da scalare!

      Quando invece l'accento cambia proprio posto, be', allora sono d'accordo con te: sono cose da sapere, soprattutto se si lavora in radio o televisione.

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  3. Io vengo dal sud e i problemi con le vocali aperte o chiuse si presentano, a volte. Mi ha salvato l'aver "orecchio".

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    1. Lo dice sempre anche Elisa (Drama Queen)... credo che a me non basterà mai l'orecchio (dovrò aiutarlo con tanto studio, temo).

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  4. Io che credevo di saperle tutte... illuminami: che diavolo di differenza di pronuncia c'è tra "chiese" verbo e "chiese" edifici di culto?

    P.S. L'orecchio non è magico: ti aiuta, ma anche lui va aiutato con lo studio. Poi anch'io sto scoprendo di fare un sacco di errori che non credevo di fare. Oppure mi vengono i dubbi nei momenti più improbabili: oggi in mensa non sapevo se chiedere l'òrzo o l'órzo!

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    1. Detto in tutta franchezza? Io non la so pronunciare correttamente, per quanto mi sforzi, però sono diverse.
      Se cerchi sul DOP (http://www.dizionario.rai.it), che io uso sempre, e ascolti la voce "chiesa" e quella del verbo "chiedere" (per trovare "chiese") potrai notare una piccola differenza. Anche se, va detto, "chiese" come verbo può essere pronunciato sia con "s" sorda sia con "s" sonora.

      P.S. Io sto preparando un video e ho gli appunti di dizione aperti e il DOP. Per ogni parola formulo una mia ipotesi e poi la cerco per verificare. Lo faccio per ogni video, ecco perché ne creo pochi!

      P.P.S. Ora vado a cercare "orzo" sul DOP.

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    2. Io leggo le fiabe con il computer davanti e quando mi vengono dubbi digito.
      Grazie per avermi consigliato un nuovo dizionario!

      P.S. È òrzo... La o chiusa è tipica della pronuncia veneta. Comunque la signora della mensa me ne ha dato un piatto lo stesso ;)

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    3. Io non potrei studiare nessun brano senza il DOP!

      P.S. In ogni caso, l'importante è che tu abbia mangiato.

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  5. C'era una storia di Gianni Rodari, dal Libro degli Errori, incentrata su un pero che diventa un però e Como che diventa un comò, con tutte le divertenti conseguenze del caso.

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    1. Nel sistemare i link ho trovato questo commento, scusa, Fabrizio!
      Non ricordo questa storia di Rodari... devo andare a cercarla! Grazie!

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