Oggi sono qui per presentarvi un nuovo post di La
biblioteca dimenticata, rubrica fissa sul mio blog curata da
Davide Rigonat, il blogger
che gestisce La casa della
nebbia e l'autore di La nebbia e altri racconti.
L'elenco dei libri di cui si è occupato nei post precedenti è alla fine
di questo post.
Oggi ci parlerà di Inferno
di Johan August Strindberg.
Lo ringrazio calorosamente per questo post e la dedizione con cui si
occupa di questa rubrica.
E ora gli lascio la parola…
Inferno di Johan
August Strindberg
Cari
amici,
eccoci
arrivati ad un nuovo appuntamento con la nostra Biblioteca Dimenticata. Come annunciato, questa volta ho scelto di
parlarvi di uno dei capolavori di un importantissimo scrittore svedese vissuto
tra la seconda metà del XIX secolo e l’inizio del XX: Inferno di Johan
August Strindberg (di cui io ho letto l’edizione Oscar Mondadori del
2005 con traduzione di Ludovica Koch, NdR).
Alcune informazioni sull'autore
Al
solito, due parole sull’autore: nato
a Stoccolma nel 1849 e morto nel 1912 nella stessa città, Strindberg fu
un personaggio poliedrico e
di difficile catalogazione. Se è vero che egli fu soprattutto scrittore, drammaturgo e poeta,
certo è che in vita si dedicò a molti altri interessi, tra cui in questa sede
interessa ricordare soprattutto la
chimica, l’alchimia, l’occultismo e le teorie spirituali e
teosofiche/teologiche (pubblicherà, tra l’altro, diversi libri di chimica/alchimia,
in alcuni casi apprezzati da occultisti e teosofi, ma generalmente bollati come
sciocchezze dagli scienziati del tempo). Strindberg comincia a scrivere molto
presto, soprattutto per il teatro,
e molto presto arriva anche il successo. Nonostante ciò, avendo lasciato la
casa paterna a neanche diciotto anni e non potendo contare quindi su entrate
troppo cospicue, è costretto a passare a vivere nei sobborghi di Stoccolma in
camere in affitto, circostanza da cui trarrà grande ispirazione.
Le tematiche che affronta e il taglio critico nei confronti della società in cui vive che cala nei suoi testi gli procurano però anche varie delusioni. Molte opere gli vengono rifiutate da editori e teatri e dovranno aspettare parecchi anni prima di essere rappresentate. Un po’ per questo, un po’ a causa delle posizioni antifemministe e in generale ferocemente critiche nei confronti delle istituzioni del suo paese, un po’ a causa del suo temperamento, nel 1883 Strindberg è costretto a lasciare una prima volta la Svezia con la prima moglie (l’attrice Siri von Essen) e la famiglia. Vi ritornerà solo nel 1889 dopo aver toccato molti paesi europei. Il rientro in patria dura però poco e nel 1892 Strindberg riparte alla volta di Berlino. Nell’anno seguente si risposa con la giornalista Frida Uhl, da cui ha la figlia Krestin. Questo rapporto avrà però vita breve, tanto che già nel 1894 i due si separano. Matura così il periodo della cosiddetta crisi di Inferno (1895-1897), di cui ci occuperemo meglio in seguito, al termine della quale il nostro autore torna definitivamente a Stoccolma. Tornato in patria, Strindberg riprende a pieno ritmo la produzione di drammi, romanzi e saggi spesso taglienti e satirici di grande spessore e successo; si risposa per la terza volta; fonda con l’attore A. Falk (nel 1907) il Teatro Intimo di Stoccolma dove fa rappresentare i suoi drammi da camera (testi basati su un piccolo motivo ma ben approfondito, pochi attori e poche scene) salvo poi lasciarsi andare a sperimentazioni musicali e d’avanguardia. Continua a gettarsi in dispute di politiche e letterarie centrate soprattutto sul ruolo della figura dello scrittore, secondo lui sempre baluardo erto a evidenziare lo scandalo e ciò che di contraddittorio c’è nella società. Morirà nel 1912 per un cancro allo stomaco.
Le tematiche che affronta e il taglio critico nei confronti della società in cui vive che cala nei suoi testi gli procurano però anche varie delusioni. Molte opere gli vengono rifiutate da editori e teatri e dovranno aspettare parecchi anni prima di essere rappresentate. Un po’ per questo, un po’ a causa delle posizioni antifemministe e in generale ferocemente critiche nei confronti delle istituzioni del suo paese, un po’ a causa del suo temperamento, nel 1883 Strindberg è costretto a lasciare una prima volta la Svezia con la prima moglie (l’attrice Siri von Essen) e la famiglia. Vi ritornerà solo nel 1889 dopo aver toccato molti paesi europei. Il rientro in patria dura però poco e nel 1892 Strindberg riparte alla volta di Berlino. Nell’anno seguente si risposa con la giornalista Frida Uhl, da cui ha la figlia Krestin. Questo rapporto avrà però vita breve, tanto che già nel 1894 i due si separano. Matura così il periodo della cosiddetta crisi di Inferno (1895-1897), di cui ci occuperemo meglio in seguito, al termine della quale il nostro autore torna definitivamente a Stoccolma. Tornato in patria, Strindberg riprende a pieno ritmo la produzione di drammi, romanzi e saggi spesso taglienti e satirici di grande spessore e successo; si risposa per la terza volta; fonda con l’attore A. Falk (nel 1907) il Teatro Intimo di Stoccolma dove fa rappresentare i suoi drammi da camera (testi basati su un piccolo motivo ma ben approfondito, pochi attori e poche scene) salvo poi lasciarsi andare a sperimentazioni musicali e d’avanguardia. Continua a gettarsi in dispute di politiche e letterarie centrate soprattutto sul ruolo della figura dello scrittore, secondo lui sempre baluardo erto a evidenziare lo scandalo e ciò che di contraddittorio c’è nella società. Morirà nel 1912 per un cancro allo stomaco.
Inferno
Inferno, scritto in meno
di due mesi nel 1897, altro non è che il racconto/diario della vita di Strindberg tra il 1895 e 1897.
Eppure è anche molto di più: è un collage di episodi e di aneddoti
sapientemente collegati, di episodi ripetuti ad arte, è un romanzo ossessivo,
onirico, sperimentale… ed è un’opera
assolutamente letteraria pur nella sua autobiograficità, non essend
o ben chiaro il confine tra l’una e l’altra componente.
o ben chiaro il confine tra l’una e l’altra componente.
Il
racconto si apre nel 1895, a Parigi, con Strindberg che, rimasto solo dopo che
la moglie era partita per l’Austria per raggiungere la figlia malata, disgustato
dal teatro che pure tanti successi gli aveva regalato e dalla cultura e
alla letteratura in generale, si conferma nel suo proposito di dedicarsi completamente alla scienza,
e per la precisione alla chimica. Il suo scopo è la determinazione dei principi
componenti dello zolfo, con l’intento ultimo di dimostrare l’unità della
materia organica ed inorganica. Strindberg in realtà è già in piena crisi e gli effetti non
tarderanno a farsi vedere. Reduce da un esperimento concluso con successo e con
il quale era riuscito a dimostrare la presenza di carbone nello zolfo, sarà
costretto a ricoverarsi in ospedale
per curare le gravi ferite alle mani procuratesi nel corso dell’esperimento
stesso. L’autore comincia a scorgere segnali, coincidenze, presagi in ogni dove
e comincia a maturare la convinzione di essere ingiustamente perseguitato da qualcuno o da qualcosa.
Abbandonato lo zolfo, decide poi di dedicarsi alla sintesi dell’oro e si convince di essere riuscito
nell’impresa. Sentendosi quasi un essere eletto, comunica addirittura la sua
scoperta a degli amici scienziati. Contemporaneamente, anche a causa delle sue
precarie condizioni economiche, entra in contatto con un suo connazionale
teosofo che decide di sostenerlo economicamente ma che tenterà di farlo aderire
alla teosofia, cosa che porterà alla rottura dei rapporti tra i due. Comincia
anche lo studio di libri di magia
nera e di occultismo, mentre il suo spirito vacilla tra l’ateismo, la
miscredenza, la religiosità. Rapidamente le mania di persecuzione di Strindberg
peggiorano, convinto di essere costantemente
messo alla prova dalle Potenze,
forze occulte che gli infliggerebbero continui tormenti a fini ora punitivi,
ora redentivi. Roso dalla fame e dalla mancanza di sonno e spesso completamente
solo (si era autoimposto, tra le altre cose, una sorta di isolamento
sperimentale), si vede oggetto di oscuri intrighi e complotti orditi per
assassinarlo da teosofi, da demoni, da maghi oscuri, da alchimisti e chimici
che volevano per sé il segreto della sintesi dell’oro; complotti che gli
venivano rivelati da coincidenze, segni, rumori. La notte, in particolare, era
scampato più volte agli assalti che i suoi nemici gli portavano con macchine
elettriche. Preso nel vortice sempre più inestricabile delle visioni e della
suggestione, Strindberg vaga ai
limiti del suicidio guidato da qualcosa o qualcuno a cui neppure lui
riesce a dare un nome. Quest’orgia autodistruttiva riuscirà ad arrestarsi solo grazie all’amore della
figlia di due anni e mezzo, che Strindberg andrà a trovare in Austria a
casa della suocera, e grazie alla scoperta di Swedenborg e delle sue dottrine
teologiche e mistiche. In esse egli legge la sua storia, che comprende
finalmente essere un passaggio all’inferno (che è reale e si trova sulla
terra), e si convince che essa gli è stata imposta quale ammaestramento e quale
esempio per gli altri uomini. Egli potrà quindi giungere alla redenzione solo
attraverso il pellegrinaggio, le tribolazioni e l’espiazione. Quale sarà però la via della Redenzione?
Apparentemente, un ritorno al
cattolicesimo, la religione dei padri, dopo un percorso che dal
protestantesimo era sfociato nell’ateismo e nella superstizione più pura. Se
poi la conversione sarà stata in grado di riportare Strindberg alla pace e alla
sanità mentale (o se avrà veramente attecchito nel suo animo) non lo potremo
mai sapere con certezza: il romanzo si ferma qua.
La
prosa di Strindberg è chiara, decisa, caratterizzata da quadri ben precisi che
si susseguono con ritmo incessante (caratteristica che poi tornerà soprattutto
nella sua successiva produzione teatrale, NdR), descritti con frasi spesso
brevi, in alcuni casi brevissime, quasi
delle sentenze. Il linguaggio
è straordinariamente moderno se riferito all’epoca, evidente fonte a
cui faranno riferimento molte avanguardie di inizio XX secolo. Strindberg
adatta la terminologia allo stato d’animo che attraversava nel momento in cui
la scena si svolgeva, spesso radicalizzando ed esasperando similitudini,
termini e simbologie per poter meglio imprimere con poche parole le sensazioni
che vuole descrivere nel lettore. Anche dal punto di vista compositivo l’opera
si presenta accuratamente strutturata, con un ben preciso alternarsi delle
varie parti. L’autore ricorre persino all’inserimento di interi brani tratti dai suoi diari veri e propri, senza che
ciò vada ad appesantire la composizione o strida con le altre parti. L’effetto
è una narrazione coinvolgente, avvolgente, che tende a legare empaticamente il
lettore al protagonista, rendendolo partecipe dei suoi turbamenti e portandolo,
in un certo senso, a tifare per lui.
Insomma,
anche senza volersi dilungare troppo (e ce ne sarebbe ampiamente la possibilità),
non posso che consigliarvi questo
capolavoro di uno dei massimi esponenti (con Ibsen) della letteratura
scandinava, nonché, a mio avviso, uno dei grandi scrittori della storia in
assoluto.
Un personaggio
decisamente tormentato che ci ricorda che l'inferno, a volte, lo viviamo su
questa terra… come al solito, un bellissimo suggerimento di lettura. Grazie,
Davide!
Di seguito i link
a tutti gli altri testi di cui ha parlato Davide:
- "Dafni e Cloe" di Longo Sofista: il più importante romanzo greco
- I libri di Andre Norton: tra fantasy e fantascienza
- "Il Papa" di Giorgio Saviane - Prima parte e Seconda parte
- "Palomar" di Italo Calvino: un viaggio verso la saggezza
- "La vera storia di Ah Q" di Lu Xun: un'ironica ed efficace denuncia sociale
- "Il Conte Lucio" di Giuseppe Marcotti: un romanzo storico tra ipocrisia e corruzione nel 1700
- "Jacques il fatalista" di Denis Diderot - Prima parte e Seconda parte
- "Il grande Meaulnes" di Alain-Fournier: dall'adolescenza all'età adulta
- "Dersu Uzala" di Arsen'ev: l'esploratore e l'uomo della taiga
- "Casa di bambola" di Henrik Ibsen: drammi sociali nel teatro
- "Il paradiso perduto" di John Milton: poema epico con Satana come eroe
- "Centomila gavette di ghiaccio" di Giulio Bedeschi: il dovere del ricordo
- "L'immoralista" di André Gide: un sordo e indistinto bisogno di vivere
- "La figlia del Reverendo" di George Orwell: cambiare se stessi e non cambiare niente
Hanno parlato di questo articolo:
- "Amore" di Inoue Yasushi: viaggio nel mondo interiore dei personaggi
- "La biblioteca dimenticata - Un anno e mezzo di recensioni sparse" di Davide Rigonat - ebook gratuito
- "La biblioteca dimenticata - Due anni di recensioni sparse" di Davide Rigonat - ebook gratuito
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