Se non mi trovate qui... ecco dove cercarmi!

Se non mi trovate qui...

Ormai sono diversi anni che scrivo pochissimo qui sul blog. Mi dispiace davvero molto e vorrei dire che diventerò più solerte ma... so benis...

sabato 25 novembre 2017

Le parole che non si riescono a dire - Giornata contro la violenza sulle donne

Ho deciso di scrivere questo post solo ieri. E, mentre scrivo, non so bene perché lo sto facendo o se sia la cosa giusta, ma… voglio raccontare una cosa successa qualche anno fa, a inizio 2015, se non sbaglio, ma tanto non è importante il quando.


Quel giorno avevo preso il treno per andare a un corso che dovevo tenere assieme a un docente con cui collaboravo ai tempi in Valtellina. Una giornata normale, un po' faticosa per la trasferta e molto lunga, ma tutto sommato normale. Quando sono scesa dal treno la sera, di ritorno a Milano, ho trovato la città mezza allagata: l'ennesima esondazione del Seveso. E il viaggio dalla stazione centrale a casa (che a quei tempi distava dieci minuti scarsi d'autobus) non è stato il solito viaggio. Dopo aver aspettato per un po' la 92, finalmente ne è passata una, ma a metà del viaggio circa, a causa del'acqua alta, il mezzo si è fermato e io e tutti i passeggeri siamo stati costretti a scendere. Ho pensato che non era un grosso problema e potevo tranquillamente farmela a piedi, così mi sono incamminata verso casa, dato che non sapevo per quanto avrei dovuto aspettare un mezzo capace di affrontare la traversata.

Non mi sentivo molto bene, ero stanca e infreddolita, era ormai buio e camminare con l'acqua che in alcuni tratti mi arrivava sopra le ginocchia era difficile. Temevo di cadere in qualche tombino rotto dall'acqua o di inciampare con tutta la mia roba in acqua (avevo uno zaino con un computer e materiale di lavoro che non potevo rischiare di rovinare). C'era poca gente per strada e tutti si muovevano nervosamente qua e là nell'acqua con schifezze che galleggiavano ovunque. Ero un po' preoccupata e turbata, volevo solo andare a casa, ma mi muovevo lentamente soppesando i passi, soprattutto dove l'acqua prendeva la foga di un torrente in mezzo alla strada (sembrava davvero di vedere una scena da telegiornale).

A un certo punto, mentre cercavo di attraversare un punto in cui l'acqua sembrava avere tutta l'intenzione di buttarmi a terra, mi si è avvicinato un ragazzo, chiedendomi se avevo bisogno di aiuto. Non ho avuto davvero il tempo di pensare o rispondere, ho fatto un cenno e mi sono ritrovata con lui che mi teneva a braccetto, aiutandomi a guadare il piccolo torrente. Io ero un po' scettica perché non amo il contatto fisico nemmeno con la gente che conosco, figuriamoci con uno sconosciuto, ma la situazione di emergenza mi aiutava a pensarci poco. Arrivata dall'altra parte l'ho ringraziato, ma lui non mi ha mollato il braccio. Diceva di volermi accompagnare ancora un po' e mi teneva stretta per aiutarmi a camminare e impedirmi di cadere in acqua, anche se in quel punto ormai il flusso non era più torrenziale. A quel punto mi sono messa a pensare che era proprio gentile ed ero stata fortunata e che allora le brave persone c'erano ancora nel mondo. E che a volte mi tiro troppe paranoie per niente. Intanto siamo arrivati in un punto in cui quasi non c'è più acqua e mi sembrava decisamente il momento per proseguire da sola, ma appena ho cercato di staccarmi da lui mi sono accorta che mi tratteneva il braccio. Ho cercato di staccarmi, ma non volevo nemmeno risultare troppo scortese, visto che insisteva per accompagnarmi fino a casa. Io però non volevo che mi accompagnasse a casa e spesso cercavo di staccarmi il braccio. Poco dopo, stavamo ancora camminando attaccati, quando lui mi ha spinto la mano verso il cavallo dei suoi pantaloni (per dirlo in termini eleganti). Immaginavo che fosse successo per sbaglio, o così volevo credere per non sentirmi eccessivamente paranoica, e semplicemente ho allontanato la mano, imbarazzata. La sua mossa successiva mi ha fatto capire che, no, non era successo per sbaglio: subito mi ha ripreso la mano, strattonando un po' il braccio, per rimetterla nella stessa posizione, facendomi capire che, insomma, la mia vicinanza non lo lasciava indifferente e che non mi aveva aiutata gratis.
Subito ho distolto la mano e ho cercato anche di ritrarre il braccio, ma lui lo teneva ben stretto. Mi sono guardata attorno e non c'era nessuno. Ovviamente. Non c'è mai nessuno in situazioni del genere. Non sapevo bene cosa fare, anche perché non si può mai prevedere come risponde un uomo a un rifiuto troppo netto, soprattutto un uomo che, senza troppi problemi, si sente in diritto di prendere la mano di una ragazza e di mettersela lì. Gli ho detto che dovevo andare, spiegando  che il mio ragazzo stava per venire a prendermi e volevo chiamarlo per sapere a che punto fosse, ma che sicuramente era quasi arrivato. Lui ha trattenuto il braccio ancora qualche secondo e poi si è convinto a mollarlo. Io ho preso in mano il telefono subito e ho chiamato Marco per dirgli che stavo per arrivare e che avevo fatto un brutto incontro, tutto qui. Pensavo che il tizio, vedendomi al telefono non avrebbe osato seguirmi e così è stato. Ho camminato fino a casa: bagnata fradicia, infreddolita e un po' scossa e non ne ho più parlato. Fino a oggi.

Non ho mai raccontato a nessuno tutta la storia, nemmeno a Marco a cui avevo solo detto di aver fatto un pessimo incontro e che mi ero un po' spaventata. Scopre tutta la storia qui, con voi.

Perché non ne ho mai parlato a nessuno? Be', perché il mio primo pensiero dopo questo avvenimento non è stato «questo è un maniaco, dovrei denunciarlo» ma «sono una stupida a fidarmi così delle persone, una vera incosciente». Subito ho spostato la colpa su di me, sul fatto di aver fatto poca attenzione e di essere un'ingenua. Nemmeno per un secondo ho pensato che fosse lui il colpevole e io la vittima. Purtroppo è un meccanismo mentale che mi manca, probabilmente dovuto al fatto che questa non è la violenza peggiore che mi sia capitata in vita mia. E gli eventi ci cambiano, ci chiudono e a volte ci cancellano le misure di difesa che dovremmo avere. Quindi no, non ho dato di matto, non ho gridato, non mi sono difesa, non ho chiesto aiuto. Ho solo fatto ciò che sentivo di dover fare per limitare i danni e andarmene. E ora, a distanza di tempo, posso anche dirvi che ho sbagliato e dovevo fare qualcosa, impedire a questa persona di commettere di nuovo una cosa del genere, magari nei confronti di una persona che avrebbe reagito ancor meno e subito ancor di più, ma, se devo essere sincera, ricapitasse domani, farei la stessa cosa, perché non tutte le persone sono brave a reagire e molte lo sono solo a parole.

E faccio fatica persino a scrivere questo post perché ripensando alla mia vita credo che questo sia un evento di ben poco conto e di cui non dovrebbe interessare a nessuno, che ci sono ben altre cicatrici, ma… è questo che sentivo di raccontarvi oggi e c'è bisogno di raccontare, perché tutte queste parole non dette uccidono, uccidono sul serio e, forse, un evento all'anno, un pezzetto alla volta, questo post potrebbe anche diventare una tradizione per questo blog. Perché sono una donna e nel 2017 mi sento in colpa e mi sento sporca e sbagliata per qualcosa che non ho fatto io e ho paura a parlane perché sento di poter essere giudicata o criticata, per una cosa così banale e piccola che probabilmente molte persone hanno subito nella loro vita. Ma fa ancor più paura chiamare normale qualcosa che normale non è, pensare che sia poco qualcosa che poco non è, perché una persona dovrebbe poter camminare per strada e chiedere aiuto senza diventare una vittima. Ecco. Sogno un mondo così per il futuro, a maggior ragione ora che sono madre di una bambina. E forse sono proprio le parole che non si riescono a dire quelle che andrebbero dette, quelle che possono cambiare le cose, non per il mondo ma per noi, per insegnarci a dare il giusto peso alle parole e il giusto senso agli eventi. È una vita che cerco di modificare il mio modo di vedere le cose, che cerco di insegnarmi a reagire e ancora non ci sono riuscita, ma questo post vuole essere un modo per crescere come persona e per insegnarmi a non chiedere scusa per quello che gli altri mi hanno fatto, di non sentirmi in colpa o sbagliata.

***

Per concludere, se una donna vi racconta una violenza subita, piccola o grande che sia, vi invito a evitare alcune espressioni:
  • Te la sei cercata.  È una frase terribile perché rende la vittima colpevole e, fidatevi, le vittime sono già piene di sensi di colpa e dubbi anche senza il vostro aiuto.
  • Sicura di non averlo provocato? Di solito si è abbastanza sicuri di no, ma, dato che le persone interpretano i segnali a loro modo, non è comunque colpa della donna se l'uomo capisce male.
  • Perché non hai gridato e chiesto aiuto? A volte la paura paralizza e non si sa come reagire e a volte si teme che reagendo si istigherà l'uomo a fare di peggio.
  • Non mi sembra niente di grave. Ci sono sempre cose peggiori al mondo, è ovvio, però, se una persona si sta sforzando di raccontarvi un trauma, non minimizzate o la farete sentire stupida per aver dato peso a qualcosa che per voi non lo è. Non potete sapere come ha vissuto un evento e non potete giudicarla per questo.
  • Come eri vestita? Come se ci fosse un vestito che giustifica una violenza! È come dire che gli uomini sono animali e non possono controllarsi. E questo video rendere benissimo l'idea di quanto sia stupida la domandahttps://www.facebook.com/psicologia.applicata/videos/1957072891248619/
  • In fondo è solo un segno di interesse, dovresti sentirti lusingata. È una frase che ho sentito dire soprattutto per complimenti spinti, fischi per strada, palpatine… ecco, non sono apprezzamenti e non fanno piacere, per niente, perché non siamo mucche da fiera ma esseri umani.
  • Avresti dovuto denunciarlo subito. Dopo una violenza, piccola o grande, entrano in gioco così tanti meccanismi psicologici e così tanti pensieri e dubbi che non auguro nessuno di doverci fare i conti. Non pensate che sia tutto così semplice e lineare.


***

Diffonderò questo post con l'hashtag #LeParoleCheNonSiRiesconoADire
Se avete storie che volete raccontare ma vi costa fatica, usatelo pure.


P.S. Non ho scritto questo post per essere pianta o compatita. Volevo solo spiegare con un esempio perché a volte non è così semplice reagire o raccontare e quanto peso può esserci dentro le parole dette o non dette in seguito a eventi di questo tipo o ben peggiori.


16 commenti:

  1. Cara Romina, siamo in una situazione incredibile, spero che con il tempo la situazione migliori!!!
    Ciao e buon fine settimana se anche oggi piove, un abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Purtroppo sì, la situazione attuale è abbastanza incredibile. Buon fine settimana anche a te!

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  2. Un incubo. A mente fredda ti direi che avresti potuto stingere quel pene fino a ridurlo inutilizzabile guardando quel porco dritto negli occhi con una tale forza nello sguardo che avrebbe avuto lui paura di te. Ma in quei momenti si è così spaventate che ci si fa ancora più vulnerabili. Ti abbraccio.
    sinforosa

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    1. Il mio problema è proprio che mi blocco e penso solo a una via di fuga. Non riesco ad agire o reagire e nemmeno ce la farei a mente fredda a fare ciò che suggerisci tu, anche se sarebbe una buona soluzione.

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  3. Purtroppo certe situazioni arrivano all'improvviso, inattese, e magari non si ha neppure la freddezza e la lucidità per riflettere. Sì, invece è una cosa fondamentale: reagire subito, se necessario urlare. Non è un'esagerazione ma una legittima reazione a una prevaricazione da parte di un disgraziato che non merita alcun rispetto.

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    1. So bene che la cosa giusta è reagire e anche urlare se necessario. Spero di non aver mandato il messaggio opposto con il mio post... intendo solo dire che spesso in situazioni del genere subentrano meccanismi diversi da quelli logici e reagire è quasi impossibile.

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  4. Ma che stronzo questo tipo! Già dal fatto che non ha aspettato la tua risposta all'inizio, si capisce che non ha chiaro il concetto di consenso (che vale per tutte le cose, mica solo per il sesso).
    Specifico che sto dicendo stronzo a lui, mica stupida a te. Non è colpa tua, è lui che ha commesso un'azione sbagliata.

    Ecco, io credo di essere fortunata perché non capisco questa tendenza a sentirsi in colpa che hanno la maggior parte delle donne. Cioè, razionalmente capisco il fenomeno, però non mi viene spontaneo fare lo stesso ragionamento. Per fortuna, sono stata cresciuta lontana da questa tendenza a doversi sentire sempre in colpa perché si è donne... Grazie alla mia mamma moderna e indipendente, che negli anni '70 giocava a calcio con i maschi e se ne infischiava di quello che diceva la gente! E grazie al mio papà che è sempre stato femminista e ha sempre collaborato al 50% nella cura dei figli e della casa!
    Dovremmo insegnare a tutte le ragazze e bambine a non sottostare a questo ragionamento.

    Ecco, proprio ieri ho deciso di mettermi la minigonna anche se faceva freddo, semplicemente perché ne avevo voglia.
    Faccio in tempo a fare dieci metri dalla porta di casa che già arriva il primo vecchio che inizia a fare catcalling e mandarmi bacini come se fossi un gatto.
    Avrei dovuto vergognarmi? Sentirmi in colpa perché mi ero messa la gonna? Ma col cavolo! Mi vesto come voglio io, mica come mi dite voi.
    Come faccio sempre, mi sono girata e ho chiesto al molestatore: "Cosa vuoi?". Lui, intimorito, ha fatto: "Niente, niente" ed è andato via.
    Lo so che prima o poi troverò uno che mi aggredirà per le mie risposte, ma è più forte di me, non ce la faccio a farmi mancare di rispetto. Tu credi di potermi trattare come un oggetto? Sbagliato, caro il mio molestatore, puoi pure dire quello che vuoi, ma non ti darò potere su di me.
    Non voglio dire che il mio comportamento sia migliore (sicuramente non è molto furbo, ma ne accetterò le conseguenze) o vantarmi di fare la cosa giusta, sicuramente faccio mille sbagli... però secondo me bisogna davvero uscire da quest'ottica della colpa e ribellarsi. La violenza più grande che ci fanno è spingerci a sentirci in colpa, sporche, sbagliate o chissà che altro... ma non ne abbiamo motivo, se qualcuno ci molesta, si deve vergognare solo e soltanto lui.

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    1. Grazie per il commento articolato. E mi spiace per il vecchio di oggi. Hai fatto benissimo a reagire e zittirlo anche se, come dici anche tu, a volte anche reagire può essere pericoloso. Ti auguro in ogni caso di non trovarti mai nella vita in una situazione in cui reagire sia davvero impossibile o deleterio. E ti assicuro che sei stata fortunata a crescere senza questo tipo di sensi di colpa e di non esserti mai trovata in condizioni in cui essendo la vittima ti hanno trattata tutti come quella sbagliata. Sei una tipa tosta e fai bene a vestirti come vuoi e a rimettere in riga i molestatori! Certo, sarebbe meglio se non ci fossero occasioni in cui doverlo fare...

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    2. So di essere molto fortunata, infatti mi sento in dovere di trasmettere l'insegnamento che ho ricevuto e ci provo.
      Sarebbe meglio che non ci fossero occasioni in cui doverlo fare, è verissimo, infatti va cambiata anche la mentalità maschile e va insegnato a tutti a trattare le donne da pari. Tanti per fortuna già lo fanno, ma dovrebbero farlo tutti.

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    3. C'è ancora tanto da fare per cambiare questa società... ma un piccolo passo alla volta si può fare la differenza, anche con poco.

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  5. Una società violenta e senza valori, non è facile reagire in quei pochi momenti e nessuno deve farsi maestro.
    Mi auguro che il peggio sia alle spalle, perché sono traumi che possono durare tutta la vita.

    Saluti a presto.

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    1. Non so se sia un problema della società di oggi o se, in realtà, questi fenomeni sono vecchi quanto il mondo e adesso ne iniziamo a prendere coscienza. Fatto sta è che non è un bel mondo in cui vivere sereni.
      Purtroppo concordo anche sui traumi: alcune cicatrici non guariscono mai del tutto ed è incredibile quanto condizionano.

      Grazie per il commento e... benvenuto sul mio blog!

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  6. Ciao Romina, mi chiamo Francesca e ti ho scoperta attraverso il Cavaliere oscuro del web.
    Hai coraggio nello scrivere questo post, nel denunciare una delle troppe violenze che avvengono in questo mondo maschilista che vede tutte noi donne come oggetti da usare e gettare via e per questo mi complimento con te.
    Vedo che condividiamo la passione per la scrittura (sono una scrittrice) :-)
    Un abbraccio e al prossimo post, se ti va mi trovi qui:

    https://francescavanniautrice.blogspot.it/

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    1. Certe volte vorrei avere più coraggio e raccontare molto di più, ma sono comunque fiera di questo post perché sento che c'è bisogno di creare l'abitudine al racconto per togliere tutte queste piccole o grandi violenze dal silenzio in cui spesso ci spingono a nasconderle. E so che sembra assurdo ma mi è costato fatica scriverlo, quindi sono felice che qualcuno l'abbia "ascoltato" (più che "letto").

      Io ormai non scrivo più narrativa da un bel po', ma la scrittura mi affascina sempre. Farò un salto sul tuo blog, intanto grazie per essere passata e benvenuta qui sul mio!

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  7. Io me la sarei fatta addosso fifona come sono e totalmente incapace di reagire, poi in una situazione come quella in cui si è già fragili ed in difficoltà per altri motivi... hai fatto bene a parlarne.

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  8. So che questo post è ormai di anni fa, ma non sono capitata qui per caso. La mia ricerca su google è stata "non sono riuscita a dire di no violenza". Perché? Perché succede. Perché è successo a me. Ed era il mio ragazzo. So che ho provato a dire di no, ma la mia voce non è uscita, perché non lo riconoscevo più e mi faceva paura. So che il corpo si è paralizzato e io non ho più messo a fuoco. So che quando mi sono ripresa e ho provato a togliermi, lui mi ha spinto, perché non aveva finito. Non sono riuscita a dire nulla né sul momento né dopo. La cosa peggiore è che era il mio ragazzo. La cosa migliore: quello è stato l'ultimo giorno che l'ho visto, avendolo lasciato per messaggio qualche giorno dopo. Certo, un lettore non può capire perché io mi sia ritrovata in una situazione simile, ma il mio obiettivo non è parlare di me.
    Voglio, invece, ringraziare te per aver toccato un argomento così delicato.
    E vorrei, ma penso sia soltanto un sogno, che le persone smettessero di giudicare senza conoscere, senza aver vissuto certe esperienze piccole e grandi che siano.

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