Un anno fa avevo deciso di parlare dei benefici
che la quarantena aveva dato ai malati cronici… come previsto, posso già
ben dire che la gente sana non ha fatto tesoro di nulla e che pian
piano, mentre il mondo torna alla normalità, tutti noi che siamo bloccati in
casa per la maggior parte del tempo da una malattia siamo finiti dimenticati,
di nuovo. Prima della pandemia ci ignoravano, durante il periodo peggiore non c’era
tempo per noi e ora… be’, non siamo comunque una priorità. Mi credo se lo
saremo mai, per qualcuno.
Volevo scrivere qualcosa in questa giornata in cui molte iniziative cercando di portare l’attenzione sulla sindrome fibromialgica, per far capire che il problema esiste e non tutti possiamo semplicemente girarci dall’altra parte. Noi malati, per esempio, non possiamo semplicemente far finta di niente, questo lusso non ce lo possiamo permettere.
LEA e biomarcatore
Il riconoscimento della fibromialgia e il suo inserimento
nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) non sono più rimandabili. I
fibromialgici hanno diritto a essere seguiti, curati e aiutati come qualsiasi
altro malato con altre patologie che hanno un codice di esenzione,
protocolli curativi precisi e ricerche mediche e farmaci adatti e di reale sostegno
(se proprio la cura è ancora un sogno troppo grande).
CFU-Italia (il Comitato
Fibromialgici Uniti) e ISAL
stanno portando avanti una ricerca per lo studio di un biomarcatore,
che servirà a rendere più semplice e soprattutto sicura la diagnosi di
fibromialgia. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, quindi vi lascio il
link per donare. Basta poco, se tutti facciamo la nostra parte.
Il biomarcatore consentirà diagnosi più veloci e soprattutto certe e inoltre è la premessa necessaria allo studio delle cause della fibromialgia, delle quali ancora si sa troppo poco.
Dove c’è ignoranza (nel senso di non
conoscenza di qualcosa) purtroppo si lascia spazio al dilagare della disinformazione.
E allora ogni tre per due devo leggere cose del tipo: «Ha subito abusi, è
diventata fibromialgica», «La fibromialgia è una forma di depressione», «Lo
yoga e gli integratori curano la fibromialgia» e altre cose che se fosse per me
dovrebbero essere punite con multe e sanzioni, soprattutto quando provengono da
fonti autorevoli. L’ignoranza non è sempre una scusa e, lo ricordo, si può
anche stare zitti, se non si conosce l’argomento. Non succede nulla se si sta zitti
e si ascolta chi ne sa di più. Giuro.
Sindromi, malattie, cause e diagnosi
Qualche anno fa ho scritto, sotto pseudonimo, un post
dal nome La
fibromialgia non esiste(?), e in questi ultimi anni sono sempre più
convinta che il problema non sia se la fibromialgia esista o no, il problema è
che le persone malate esistono di sicuro e hanno diritto a diagnosi
corrette e terapie di sostegno, aiuti economici e speranze.
La fibromialgia al momento non è considerata una
patologia o una malattia ma una sindrome (infatti il nome
corretto è sindrome fibromialgica). Una sindrome è un insieme di
sintomi. È una sorta di raccoglitore, che raggruppa dei
sintomi e dà loro un nome nell’insieme. Questo significa che, se una persona ha
alcuni sintomi contemporaneamente, si può definirla fibromialgica. La fibromialgia
si diagnostica per esclusione, cioè andando negli anni a escludere tutte
le altre patologie con sintomatologie simili. Per questo è una diagnosi
che in un certo senso è sempre e solo sospetta (e per questo serve il
biomarcatore!), per questo ci vuole così tanto e per questo nella categoria fibromialgico
finisce un po’ chiunque non trova la diagnosi giusta della patologia
che ha.
E così, se quando dopo 7 anni di malattia
finalmente qualcuno mi ha parlato di sospetta fibromialgia, io ero
felice perché credevo che finalmente qualcuno avesse capito cosa avevo,
ora so che, dopo quasi 15 dall’esordio dei primi sintomi, l’etichetta di fibromialgica
(sospetta) non mi è stata di grande aiuto, anzi, spesso mi è stata di intralcio,
spesso molti medici si sono limitati a dire: «È la fibromialgia» ogni volta che
avevo un sintomo nuovo, a negarmi esami diagnostici, dicendo che tanto avevo la
fibromialgia, a zittirmi, dicendo che avevo già una diagnosi e stavo solo facendo
perdere tempo… ma non sono riusciti a farmi desistere. La fibromialgia
è al momento una diagnosi clinica, io invece voglio sapere cosa c’è che
non va nel mio corpo, le cause dei miei problemi e come poter
migliorare la qualità della mia vita attuale e futura.
Al momento le terapie consigliate ai fibromialgici (e
sì, ne ho provate oltre una dozzina…) sono mirate al contenimento dei sintomi,
proprio perché si sa troppo poco sulle cause di questa sindrome per agire sulla
base del problema. E questo, anche se per qualcuno può essere un aiuto (su di
me non funziona nulla, per ora), il rischio è quello di continuare a
mettere cerotti per chiudere qualche falla nel sistema e
ritrovarsi con sempre più buchi da tappare, perché ogni farmaco cura qualcosa e
magari fa danni altrove, mentre, sotto la superficie, le cause del problema
continuano ad agire indisturbate.
Vi faccio un esempio semplice, per farvi capire. Quando avete la febbre, la febbre non è un malattia ma un sintomo. Quando si ha la febbre, si tende a curarla con un antipiretico, che va ad agire sul sintomo della febbre e la abbassa, aiutandovi subito a stare un po’ meglio. Se però non si curano le cause, abbassare la febbre non serve a nulla, anzi, può farvi pensare di stare meglio, spegnendo il sintomo che il nostro corpo usa per farci capire che qualcosa non va. Se sulla vostra auto si accende la spia dell’olio, voi non andate dal meccanico a far riparare la spia, no? Fate sistemare l’olio! Ecco, lo stesso con la febbre: perché c’è questa febbre? È dovuta a un ascesso dentale? A una polmonite? A un’influenza? È la causa che va curata, altrimenti il sollievo momentaneo dato dall’antipiretico non sarà di certo la soluzione. E se la causa è ignota? Ecco, abbiamo centrato il problema.
Lotto sempre per il riconoscimento della fibromialgia,
per l’inserimento nei LEA e, soprattutto, per il biomarcatore. Lotto per
queste cose perché tutti noi fibromialgici o sospetti tali abbiamo diritto a
essere aiutati e curati. Ma la fibromialgia spesso non è la diagnosi definitiva,
è una panchina su cui ci hanno fatti sedere. E io non voglio
restare lì, non mi basta. Non mi basta un’etichetta che mi hanno dato per
farmi stare tranquilla, in cui sopprimere ogni mia domanda e ogni mia ricerca.
«È solo fibromialgia», come se fosse niente. Li
sfiderei tutti a vivere 24 ore della mia vita, prima di riparlarne.
Nei gruppi facebook degli orfani di diagnosi
o delle malattie rare (vi consiglio, se non lo conoscete
di informarvi sul sito de I
malati invisibili) c’è gente con cinque o sei diagnosi certe che nell’elenco
mette anche la fibromialgia. Magari è da lì che sono partiti,
dalla constatazione che c’era qualcosa in loro che non andava, che avevano
sintomi comuni a tante altre persone e che potevano essere riassunti con il
nome di fibromialgia, ma poi sono andati avanti e hanno scovato altro.
Ho conosciuto decine e decine di fibromialgici e al di
là dei sintomi comuni che inquadrano la sindrome (dolore cronico, stanchezza…),
sono tutte persone con problemi di salute molto diversi e con qualità
della vita estremamente diverse. Un grande calderone,
immenso, di casi tutti con peculiarità e spesso altre patologie diagnosticate o
meno.
Starete pensando, ma allora a che serve la
diagnosi di fibromialgia o sospetta tale? A che serve il biomarcatore o
l’inserimento nei LEA? Serve a dare dignità al 2% della popolazione
italiana che al momento è trattata a pesci in faccia, serve alla ricerca, agli
studi, all’analisi di nuove cure.
Con il biomarcatore cambieranno tante cose.
Ne sono certa. Quindi, mi raccomando, se avete qualche euro da destinare al progetto:
fatelo. Non pensate che sia poco e non serva a nulla: sono le gocce a fare il
mare!
Mentre un tempo io cercavo di capire se la mia sospetta
fibromialgia fosse o non fosse una vera fibromialgia, già da tempo ho
cambiato obiettivo: io voglio trovare la patologia (o le patologie) che hanno
dato vita ai sintomi (tanti e svariati) che corrodono la mai vita,
alcuni dei quali sono al momento inscrivibili nella sindrome fibromialgica. Questo
è ovviamente il mio parere di malata. Non sono un medico, non
sono uno scienziato, non sono nessuno. Questo è ciò che io ho maturato in
quasi 15 anni di sofferenza, dall’alto dei miei quasi 30 anni. E basta.
Quindi niente polemiche, per favore, che non ho tempo di starci dietro (solo
commenti costruttivi e aiuto reciproco). Non mi fermerò finché non avrò le mie
risposte, neanche se domani mi rilasciassero un certificato con scritto che ho
la fibromialgia al 200% di sicurezza. Io voglio le cause (e una terapia,
una cura poi sarebbe il massimo ma… un passo alla volta).
Nei mesi scorsi sembravo aver trovato le risposte che
cercavo, la mia vera diagnosi, e invece mi sono ritrovata davanti un grosso muro
e porte chiuse in faccia. Era la mia ultima carta ed ero a pezzi ma… poi ho
scoperto che c’era ancora qualche cosa da tentare e una settimana dopo ero già in
un altro ospedale. Da qualche mese sono seguita da un centro per malati
rari, hanno analizzato tutti i miei documenti clinici (che non sono
pochi) e mi stanno facendo fare molti altri accertamenti. È un periodo
faticoso, sfiancante fisicamente, ma che sto affrontando anche con
tanto entusiasmo e questo lo devo anche ai due bravissimi medici che mi
stanno seguendo e che sanno cosa significa cercare risposte per mezza vita
senza trovarle, soffrendo ogni singolo giorno, senza mai un attimo di respiro. Non
l’hanno provato sulla loro pelle, ma lo capiscono. E così tanta empatia non l’avevo
mai vista sotto un camice bianco. Non smetterò mai di ringraziarli, anche solo
per questo.
Ho finito la prima revisione!
E per finire, giusto per tenervi aggiornati: pochi
giorni fa ho finalmente finito la prima revisione del mio Anche i
guerrieri hanno paura (ne avevo parlato qui).
C’è ancora tantissimo lavoro da fare per farne un prodotto finito ma… sono
molto fiera di avercela fatta: di averlo finito e di aver anche fatto
un intero giro di editing che ha già reso il prodotto leggibile e completo,
anche se ancora non perfetto.
Riuscirò mai a pubblicarlo? Sarò mai
pronta? Non lo so, ma nel frattempo sto scrivendo
il seguito, Anche i guerrieri hanno speranze. Del resto,
ho trovato una buona conclusione per il primo, che ha un senso nel suo insieme
ma… la mia ricerca non è finita e, dopo la paura, anche la speranza deve avere
il suo spazio. I lavori proseguono, insomma… per ora è una cosa per me,
per sentire che tutta la mia sofferenza un giorno avrà uno scopo e
aiuterà qualcuno a sentirsi meno solo. Ovviamente se mai troverò il
coraggio di pubblicarlo, visto che dentro c’è molta sofferenza, ma… la vita mi
ha insegnato che sono più forte di quello che penso e quindi credo mi
sorprenderà ancora. Sono anche discretamente soddisfatta di come sta venendo su
e del taglio ironico che, nonostante il tema, sono riuscita a
dargli. Non volevo diventasse un mattone triste e pesante, ma allo stesso tempo
volevo essere realistica e la malattia cronica non è un carnevale di Rio, come
dico spesso.
Ma, così, per dire… qualcuno che lo sta
aspettando per leggerlo, c’è? Giusto per capire se finirlo nel prossimo
decennio o no, ahah! Potrebbe essere uno stimolo ad andare avanti!
E ora basta, o questo post diventerà più lungo del
libro.
***
Colgo l'occasione di questo post per rinviarvi alla mia
pagina sulla fibromialgia, in cui trovate tutti i contenuti
preparati in questi anni (in particolar modo l'ebook Fibromialgia: Fa Male,
il report:
Oltre il dolore
e il video per spiegare
la fibromialgia a chi ancora non la conosce).
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