Oggi è la giornata mondiale della fibromialgia e, puntuale, ecco un post dedicato sul mio blog, come è ormai consuetudine, anche se, non so se lo farò di nuovo il prossimo anno e forse ne capirete le ragioni in questo post (poi, oh, cambio idea ogni cinque minuti quindi… magari l’anno prossimo ne scriverò due, chi lo sa).
Inizialmente in questo post volevo parlare di quanto la
fibromialgia fosse una diagnosi prima difficilissima da ottenere (nel
senso che servivano anni prima che un medico la nominasse, anche solo!) e ora
invece è una cosa che al primo dolore ogni medico (e persino
cassiera del supermercato, non sto scherzando) è pronta a decretare come certa.
Volevo parlare di quanto è stato difficile per me
quando mi hanno fatto la diagnosi di sospetta fibromialgia e di quanto avessi
bisogno di confermare quella diagnosi per non sentirmi più dare della
pazza o dell’ipocondriaca.
Volevo parlare di come invece è stato poi quel sospetto
mai confermato la mia fortuna: di come mi ha spinto a
continuare a cercare le mie risposte.
Volevo parlare di come la sindrome fibromialgica
finisca invece per molte persone per essere il punto di arrivo, impedendo
così ai malati dice cercare le patologie sottostanti… mentre dovrebbe
essere un diritto di tutti cercare le proprie risposte.
Non so scherzando, di questo volevo parlare (avevo pure fatto la scaletta del post!), ma poi, rileggendo quello dell’anno scorso mi sono accorta che era lo stesso post. Davvero. Identico. Se non eravate qui l’anno scorso, vi consiglio davvero di leggerlo o rileggerlo… come ho fatto io, rendendomi conto di quanto sia ballerina la mia memoria ormai… Be’, se non altro vuol dire che in un anno non ho cambiato troppo la mia opinione sul tema.
Prima di ritrovarmi ondate di polemiche nel commenti o
in privato, ci tengo a precisare che è ovvio che voglio ancora il
riconoscimento ufficiale (e vero!) della fibromialgia e il suo inserimento nei
LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e che credo ancora nella ricerca
che porterà un giorno, spero, a terapie e cure che renderanno la vita di tanti
malati (il 2% della popolazione italiana, circa) migliore. Credo ancora moltissimo
nel lavoro del CFU-Italia (il
Comitato Fibromialgici Uniti) e nell’importanza di
sensibilizzare sul tema.
Il fatto è che però ho cambiato prospettiva:
prima vedevo nel nome fibromialgia qualcosa che potesse definire me e tante
persone con sintomi simili, ora invece vedo sempre di più in questo termine
un contentino che ci è stato dato per nascondere molto altro.
Sotto il nome di questa sindrome (che ha circa 100 sintomi riconosciuti) chiunque
può essere catalogato e, in un certo senso, messo a tacere.
Un gruppo molto eterogeneo di persone, non solo per gravità dei sintomi ma
anche per la variabilità (spesso accumunati solo dai sintomi principali:
dolore, stanchezza… peraltro molto generici).
Un’etichetta, un nome, che fa più danni che benefici, spesso per il malato.
- Per molti medici la fibromialgia è meno di niente quando si tratta di dare cure e aiuti, ma è la causa di tutto quando si tratta di evitare di fare altri esami e accertamenti perché tanto è la fibromialgia, non serve cercare altro. Allo stesso tempo è una cosa di poco conto, per cui si può tranquillamente deridere un malato sofferente, ovviamente…
- Molti malati rischiano di non poter accedere alle cure di cui hanno bisogno per colpa di questa etichetta, perché vengono spinti a non indagare sulle patologie sottostanti (che ci sono quasi sempre, perché la fibromialgia è una sindrome, non una patologia).
- Ci sono malati che preferiscono essere chiamata fibromialgici pur avendo invece problemi psicologici, come ansia o depressione, perché lo stigma sociale per le malattie mentali fa più paura che ammettere che stanno somatizzando e così non possono affrontare la loro reale malattia. [ATTENZIONE: non ho detto che la fibromialgia è una forma di depressione, ma che spesso ci sono persone depresse che si sentono più sollevate ad avere la diagnosi di fibromialgia, anche se non corretta, pur di non ammettere di avere un problema mentale, perché nel 2022 questo è ancora visto come una colpa].
- La fibromialgia per molti è diventata un business e spuntano cure miracolose, integratori non sempre utili, diete di vari tipi e purtroppo moltissimi ciarlatani pronti a lucrare sulla sofferenza delle persone, pronti a dichiarare di avere la cura definitiva.
- La variabilità dei sintomi all’interno dei pazienti etichettati come fibromialgici porta spesso molte incomprensioni tra medici, pazienti e altre persone, perché c’è chi è stanco dopo 8 ore di lavoro e chi non riesce a fare dal letto al divano… e chiamare tutto con lo stesso nome rende davvero difficile stabilire quanto la qualità della vita di una persona sia compromessa. Se una persona con la fibromialgia può guarire (?!) con lo yoga, perché un’altra è costretta a lasciare il lavoro e vivere tra il letto e la cucina di casa sua? Non le basta fare un po’ di yoga? Non può impegnarsi di più? [Spoiler: no, non può, non tutto si cura con il pensiero positivo, sfortunatamente].
La verità per me è una soltanto: la fibromialgia è solo una sindrome, un insieme di sintomi molto variegato che molte persone possono avere in comune. Se leggete la lista dei sintomi (ne ho parlato a lungo nel mio report), sono sicura che ciascuno di voi ne può avere almeno due o tre, pur essendo una persona sana.
Quando si fa una lista di 100 sintomi, è inevitabile
che un po’ tutti rispondano ai requisiti.
È importante però che ogni persona etichettata come fibromialgica poi sia
guidata a cercare cosa ha causato questi sintomi per poterli curare o almeno
gestire. Avere la fibromialgia significa avere dei dolori muscolari
diffusi e tutta una serie di altri sintomi ma… cosa li provoca? La
risposta molto probabilmente sarà diversa per ciascun malato o quasi. I più
fortunati potranno guarire del tutto dalla patologia principale e dire addio
anche ai sintomi della fibromialgia, gli altri invece dovranno fare i conti
con il mostro finale, quello vero, quello da combattere sul
serio, quello che dietro la fibromialgia si nasconde e prosegue a fare danni.
A me non interessa più sapere se ho la
fibromialgia o se la mia resterà sospetta a vita. Non ho alcun
interesse nel confermare o smentire questa etichetta, perché mi è assolutamente
chiaro che ho tantissimi sintomi e dar loro il nome di una sindrome o di
un’altra non fa alcuna differenza. Quello che può fare la differenza è il
capire la patologia scatenante: voglio fare a pugni con il mostro
finale, non con un fantoccio messo lì per farmi sprecare energia e tenermi
buona.
E non importa quanti medici mi guarderanno con
sorrisini maliziosi, rideranno di me e mi diranno che devo smettere di cercare perché
tanto è fibromialgia… certe persone ormai sono meno che comparse
per me nel libro della mia vita.
Io spero che la fibromialgia venga
riconosciuta e inquadrata meglio dalla sanità,
ma finché sarà l’etichetta sotto cui mettere i non lo so cosa ha, questo
non sarà mai fattibile; finché ci metteranno gente che non può più lavorare o
vivere autonomamente e gente che guarisce con lo yoga, non aspettatevi pensioni
o aiuti… è semplicemente una follia ritenere che un domani lo Stato italiano darà
una persone al 2% della popolazione, soprattutto perché in quel 2% c’è
tantissima gente che non ne ha assolutamente bisogno, come ce n’è tantissima
che ne ha un bisogno disperato. Ma mancano i confini, mancano i parametri,
manca la chiarezza e mancano medici formati che dovrebbero spingere di
più i pazienti a capire cosa c’è dietro la loro fibromialgia.
Per tutte queste ragioni, ciò che io spero davvero in
questo giorno è che sempre più persone possano capire che sotto l’etichetta
di fibromialgia, come sotto ogni altra etichetta, ci sono esseri umani,
tutti diversi e che ognuno dovrebbe ricevere aiuto secondo le sue
effettive necessità, che abbia o no una diagnosi, perché purtroppo
molti malati orfani di diagnosi una diagnosi non ce l’avranno mai e non per
questo devono essere abbandonati.
***
Colgo l'occasione di questo post per rinviarvi alla mia
pagina sulla fibromialgia, in cui trovate tutti i contenuti
preparati in questi anni (in particolar modo l'ebook Fibromialgia: Fa Male,
il report:
Oltre il dolore
e il video per spiegare
la fibromialgia a chi ancora non la conosce).
Ma se volete approfondire le altre tematiche, legate anche ai malati rari e orfani di diagnosi, allora vi consiglio l’etichetta Malattia, che racchiude post sul tema a tutto tondo.
Mi spiace apprendere che si sia creato una sorta di "commercio" legato al nome della sindrome e alla sua arbitraria attribuzione.
RispondiEliminaVisto che in questo paese bisogna sempre pensare male, bisogna "sperare" che se il figlio di qualche ministro si ritrovi a esserne affetto, così magari si smuoveranno mari e monti per una gestione più professionale del problema.
In un Paese dove c'è gente che riesce a farsi passare per cieca per avere una pensione (pur vedendo benissimo) ci sono tanti malati impossibilitati a lavorare ai quali si ride in faccia. E così è facile che spunti il "medico" di turno con le sue magie... Tutto a discapito di chi già ha i suoi problemi... Grazie per il commento!
EliminaPurtroppo questa sindrome da medici che non sanno più ascoltare i pazienti od osservare con attenzione, viene diagnosticata come patologia da stress. Quando non sanno cosa dire tutto è causato dallo stress. Buona e serena domenica.
RispondiEliminaPurtroppo molti medici tendono a confondere le cause con le conseguenze. Spesso persone affette da dolore cronico (per fibromialgia o altro) hanno poi problematiche legate allo stress. Lo stress però non è la causa del dolore, se mai ne è conseguenza. Lo stesso dicasi per persone che sviluppano, in seguito a malattie croniche, depressioni secondarie che spesso vengono diagnosticate come primarie, impedendo al paziente di curare i suoi reali problemi di salute originali. Ed è proprio vero, quando non sanno cosa dire, è sempre stress, ansia, depressione, esaurimento... serve un radicale cambio nella formazione dei nuovi medici, altrimenti tra 40 anni ancora sarà tutto uguale per chi ha malattie non diagnosticate, purtroppo. Grazie del tuo commento.
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